Newsletter: Parashat Shelach 5772


La Parashàh… in brevissima!

Il Popolo Ebraico ha ricevuto la Toràh sul monte Sinai, ed era pronto per entrare nella Terra d’Israele. Fra la gente, si è però diffusa l’opinione di voler mandare delle spie per controllare se fosse facile conquistare la terra. Moshè sapeva che la promessa da parte di HaShem di darci la terra comprendeva la garanzia di riuscire a conquistarla. In ogni modo, uno dei principi sulla vita che impariamo da questa Parashàh è che l’Onnipotente dà la possibilità di scegliere ad ognuno di noi il percorso che vuole intraprendere. Moshè quindi, per decreto divino, manda i principi delle tribù, persone elevatissime, per esplorare il paese.
Vengono mandati dodici esploratori. Dieci di essi ritornano riportando che il paese è ampiamente fortificato ed abitato dai giganti. Yoshua Bin Nun e Calev Ben Yfunà provano a calmare la ribellione che si era scatenata fra la gente, ma senza successo. HaShem decreta che il popolo dovrà restare nel deserto per ancora 40’anni, un anno per ogni giorno di esplorazione. Questo è accaduto il 9 di Av, una data nota nella storia ebraica per le tragedie accadute in questo giorno, fra cui la distruzione di entrambi i Batè HaMikdash e la cacciata degli ebrei dalla Spagna.

Dvar Torah

Basato su “Love Your Neighbor” di Rav Zelig Pliskin

La Toràh afferma:
“Quegli uomini, quelli che avevano riferito [in modo] negativo del paese, morirono dinnanzi all’Eterno colpiti dalla pestilenza.” (Bemidbar, 14:17) Che lezione possiamo imparare da questo verso?
Il Talmud (Arachin 15a) ci insegna che da questo episodio possiamo imparare la gravità del peccato di parlare lashon haràh (“lingua malvagia” --- dire qualcosa di VERO e negativo su di un altro ebreo). Le spie erano state mandate per esplorare la terra di Canaan, se coloro che hanno parlato male di legno e pietre ricevono una punizione così pesante, tanto più pesante sarà la punizione di chi parla male di unaltro ebreo!
[per studiare le norme riguardanti la lashon haràh in italiano, potete visitare il seguente blog: http://shemirathalashon.blogspot.co.il/]

Indossare abiti speciali durante Shabbat

Il profeta Isaia (58:13) dice per quanto riguarda lo Shabbat, che bisogna onorarlo – “Vechibadto”. La Ghemarà, in Massechet Shabbat, stabilisce che fra i modi con cui bisogna onorare lo Shabbat è compreso quello di indossare degli abiti speciali in questo giorno: “I tuoi abiti durante Shabbat non devono essere gli stessi del resto della settimana”. Allo stesso modo, lo Shulchan Aruch (Orach Chaim 262:2) scrive: “Bisogna cercare di avere dei bei abiti per Shabbat”. I maestri della Kabalàh insegnano che gli indumenti che si indossano durante Shabbat, saranno indossati dalla propria anima nel Mondo Futuro. È quindi particolarmente importante osservare appropriatamente questa alachàh e assicurarsi di avere dei bei vestiti speciali.
La Mishnàh Beruràh (Rav Israel Meir Kagan, 1893-1933) e il Kaf HaChaim (Rav Yaacov Chaim Sofer, 1870-1939) chiarificano che il concetto alla base di questo precetto è quello di onorare lo Shabbat e non la propria persona. Quindi, questa alachàh si applica anche se la persona fosse per un qualsiasi motivo, da sola o fra i goym durante Shabbat. Non importa se si passi lo Shabbat con altri ebrei, si devono indossare degli abiti speciali per onorare lo Shabbat.
La Mishnàh Berurà aggiunge che idealmente, durante Shabbat si dovrebbero indossare abiti che non si indossano gli altri giorni della settimana. Può essere difficile riuscire a farlo, ma se se ne ha la possibilità è sicuramente un uso lodevole da praticare.
Il Chacham Ben Zion Abba Shaul (Israele, 1923-1998), nell’introduzione alla sua opera Or Lezion, scrive che l’Arizal (Rabbì Itzchak Luria, 1534-1572) stava attento ad indossare durante Shabbat almeno quattro indumenti bianchi, in corrispondenza delle quattro lettere del nome di HaShem: Iud, Kei, Vav, Kei. Anche questo è un buon uso da seguire, facilmente praticabile indossando biancheria di colore bianco, la camicia e lo zizit di colore bianco. UnaKippàh bianca può anche essere considerata nel conteggio dei quattro abiti bianchi.
Il Ben Ish Chai (Rav Yosef Chaim di Bagdad, 1833-1909), nella sua opera Rav Pealim, si pone la domanda se sia necessario avere delle scarpe speciali da indossare durante Shabbat. Conclude, dopo aver esaminato una serie di fonti, che non è alachicamente richiesto avere delle scarpe speciali per Shabbat, ma che bisogna sicuramente pulirle e lucidarle, ed accertarsi che siano presentabili per lo Shabbat. Il Kaf HaChaim scrive che chi può permettersi di acquistare delle scarpe speciali per Shabbat, è preferibile che lo faccia, anche se non è strettamente richiesto dall’Alachàh.
La Mishnàh Berurà scrive che bisogna indossare gli abiti di Shabbat fino all’avdalàh dell’uscita dello Shabbat. Il Kaf HaChaim, dice che bisogna continuare ad indossarli anche dopo l’Avdalàh, fino a dopo aver consumato il pasto di Melave Malka (quarto pasto che si consuma al termine dello Shabbat per accompagnarne la dipartita).
Sia la Mishnàh Berurà che il Kaf HaChaim, enfatizzano che le donne devono indossare gli abiti di Shabbat prima dell’accensione dei lumi, perché si dà onore allo Shabbat indossando gli abiti speciali prima dell’entrata dello Shabbat. Questo potrebbe risultare difficile durante i mesi invernali, quando Shabbat inizia il pomeriggio molto presto. Le donne devono fare un ulteriore sforzo nel cercare di vestirsi in tempo per accendere i lumi dello Shabbat con gli abiti di Shabbat.
Durante il periodo estivo, molte persone sono più flessibili per quanto riguarda il loro stile nel vestire, in particolare durante lo Shabbat. Come abbiamo visto, secondo l’Alchàh è molto importante indossare degli abiti speciali durante Shabbat, e bisogna assicurarsi di indossarli a prescindere dalla stagione e dal clima.
Riassumendo: secondo l’alachàh bisogna indossare degli abiti speciali e belli durante Shabbat, fino almeno all’avdalàh, o secondo altri fino al termine del Melave Malka. Le donne devono indossare questi abiti speciali prima di accendere i lumi dello Shabbat. Idealmente, questi abiti non dovrebbero essere indossati durante gli altri giorni della settimana. Bisognerebbe indossare almeno quattro indumenti di colore bianco (questo include la biancheria, lo zizit e la Kippàh). In base all’alachàh stretta non è necessario avere delle scarpe speciali, ma devono essere ben pulite, lucidate e presentabili.
Shabbat Shalom!!

  

Newsletter: Parashat Bealotechàh 5772


La Parashàh… in brevissima!

In questa Parashàh viene comandato ad Aharon di accendere la Menoràh, i Leviti devono purificarsi per il servizio nel Tabernacolo (imparavano come svolgere il servizio dai 25 ai 30’anni e servivano dai 30 ai 50’anni). Viene celebrato il primo Pesach da dopo l’uscita dall’Egitto. HaShem istruisce il popolo di mettersi in cammino quando la nuvola onnipresente si muove da sopra il Tabernacolo e di accamparsi quando si riposa sul Tabernacolo. Viene comandato a Moshè di fabbricare due trombe d’argento e di suonarle prima della battaglia e per proclamare Yom Tov (le feste).
Il popolo si mette in cammino nel deserto di Paran, e in quel tempo si ribella in due occasioni contro HaShem. La seconda delle due volte si sono lamentati per il sapore della manna e per la mancanza di carne nel deserto. HaShem manda una quantità massiccia di quaglie e chi si è ribellato muore.
Moshè chiede a suo suocero Itrò di continuare il cammino con loro, ma Ytrò fa ritorno a Midian.
Miriam, la sorella di Moshè, parla lashon haràh su Moshè. Viene punita con la tzaraat (malattia della pelle che sta a indicare che quella persona ha parlato in modo improprio su di un’altra persona), ed è esiliata per una settimana dall’accampamento.

Dvar Toràh
basato su “Growth Through Torah” di Rav Zelig Pliskin

La Toràh afferma:
 “Il popolo addusse pretesti di lamentela [e questa lagnanza giunse come] un torto alle orecchie dell’Eterno” (Bemidbar 11:1)
Perché si lamentavano?
Rashi commenta che si lamentavano non perché avessero un vero motivo; cercavano solo una scusa per allontanarsi da HaShem. Trovando la scusa per lamentarsi, si sentivano giustificati per il fatto di tenere le distanze dal Creatore.
 Se ci rendessimo conto di tutto quello che HaShem fa per noi, non avremmo un atteggiamento lamentoso. Ci sono volte in cui si hanno delle esigenze inappagate, altre in cui si soffre. Questo è proprio il momento di agire e pregare.
Lamentarsi è sbagliato. Quando ci si lamenta non si vuole necessariamente migliorare la situazione, ma si vogliono avere i benefici della lamentela, sentirsi liberi dagli obblighi che abbiamo nei confronti di HaShem per tutto il bene che ci fa, ci ha fatto e ci continuerà a fare. Inoltre, chi passa la vita a lamentarsi non apprezzerà quanto di buono c’è nella sua vita.
Quando ci si concentra esclusivamente su quello che non si ha, non ci si rende conto di quello che si ha. Non importa quanto tu abbia, ci sarà sempre qualcosa di cui lamentarti se ti impegni a trovarlo. Questo atteggiamento, non solo è un mezzo per rovinarsi l’esistenza, ma è anche l’esatto contrario dell’obbligo che abbiamo di essere grati ad HaShem. Chiunque abbia questa cattiva abitudine, deve fare uno sforzo considerevole per cominciare ad abituarsi ad apprezzare quello che ha e quello che gli succede. Questo è fondamentale sia da un punto di vista spirituale che per essere felici nella vita. Questo si applica specialmente nei rapporti fra marito e moglie!

Spazzare il pavimento durante Shabbat

È permesso spazzare il pavimento durante Shabbat?
Lo Shulchan Aruch (Orach Chaim 337:2) stabilisce che è permesso spazzare pavimenti finiti durante Shabbat, ossia pavimenti rivestiti in marmo, legno e simili. Molto tempo fa, la maggior parte delle persone non avevano un vero pavimento in casa, il terreno stesso costituiva il pavimento. Lo Shulchan Aruch stabilisce che non si possa spazzare il terreno, perché questo comporterebbe inevitabilmente l’azione di “Ashvuyè Gumot” – riempire con lo sporco i buchi nel terreno, azione proibita durante Shabbat. Anche se chi spazza per terra non ha alcuna intenzione di riempire i buchi nel terreno, spazzare è vietato per l’inevitabile conseguenza. Il principio di “Psik Resha” stabilisce che non si può compiere un’azione durante Shabbat che ha come inevitabile risultato quello di trasgredire lo Shabbat, anche se non si ha la minima intenzione di ottenere quel risultatoattraverso la propria azione. Quindi, anche se chi spazza per terra non ha alcuna intenzione di riempire i buchi, questo è vietato durante Shabbat.
Ovviamente le case odierne sono generalmente ben pavimentate con legno o altre superfici, ed è quindi completamente permesso spazzare il pavimento durante Shabbat. Però, se una persona dovesse avere un’area in cui la pavimentazione non è stata completata, non può spazzare in quella parte della casa durante Shabbat. Allo stesso modo, se una persona ha una sezione non pavimentata nel cortile che vuole pulire, non può spazzare quella zona durante Shabbat.

È possibile chiedere a un gentile di spazzare il pavimento durante Shabbat?
Generalmente è proibito domandare o istruire un gentile al fine di compiere un’attività proibita per un ebreo durante Shabbat. E’ però possibile chiedere a un gentile di spazzare il cortile non pavimentato o una parte non pavimentata della casa. Il Chacham Ovadia Yosef scrive che la proibizione di “Amirà Lenochrì” (chiedere a un gentile di compiere un’attività vietata durante Shabbat) non si applica alle azioni vietate in virtù del principio di “Psik Reisha”. Situazioni di “Psik Reisha” sono vietate derabbanan e i Saggi non
hanno stabilito che sia vietato chiedere a un gentile di compiere un’azione che implica il compimento di uno “Psik Reisha”. Visto che la persona non ha ovviamente nessun interesse a riempire i buchi del terreno, si può chiedere a un gentile di spazzare il terreno durante Shabbat.

Riassumendo: è possibile spazzare il pavimento della propria casa durante Shabbat, ma non è possibile spazzare la zona al di fuori della casa non pavimentata o una zona non terminata del pavimento all’interno. Si può però domandare a un gentile di farlo.

Shabbat Shalom!!
  

Nesletter: Parashat Nasò


La Parashàh… in brevissima!

Nella Parashàh di questa settimana si parla di ulteriori compiti riservati alla tribù di Levi. Moshè riceve il comandamento di purificare l’accampamento per prepararlo all’inaugurazione del Mishkan, il Tabernacolo.
Poi vengono date quattro mizvot relative ai Cohanim: 1) il fatto di restituire ai Cohanim eventuali beni rubati il cui proprietario sia deceduto e non abbia parenti prossimi in vita 2) se un marito sospetta che la moglie l’abbia tradito, deve portarla di fronte al Cohen che procederà con la cerimonia chiarificatrice della “Sotàh” 3) se una persona decide di ritirarsi dal mondo materiale e consacrare se stesso esclusivamente al servizio di HaShem diventando Nazir (chi fa il voto di non bere vino e i suoi derivati, di non venire in contatto con corpi morti e di non tagliarsi i capelli), deve andare dal Cohen per completare il suo voto 4) i Cohanim ricevono l’ordine di benedire il popolo con questa formula: “Possa HaShem benedirti e proteggerti. Possa HaShem far risplendere il Suo Volto su di te ed essere misericordioso con te. Possa HaShem rivolgere il Suo volto su di te e darti armonia” (Yevarechechà HaShem VeIshmerecha…).
Il Mishkan viene completato e inaugurato il primo del mese di Nissan, nel secondo anno dall’uscita dell’Egitto. I capi di ogni tribù donano carri e buoi per trasportare il Mishkan. Durante i successivi dodici giorni dedicati all’inaugurazione del Mishkan, ognuno dei capi tribù  regala doni d’oro e vasi d’argento, animali da sacrificare e offerte da mangiare. Ogni principe dona esattamente le stesse cose di tutti gli altri.

Dvar Toràh

Basato su “Growth Through Torah” di Rav Zelig Pliskin

Per quanto riguarda il Nazir la Toràh afferma:
“…Perché il [segno del] Nazir del Suo Signore è sul suo capo” (Bemidbar cap.6 verso 7)

Cosa possiamo imparare da questo verso?
L’Iben Ezrà scrive, “Il termine Nazir viene da una parola ebraica che significa corona. Devi sapere che quasi tutti sono schiavi dei piaceri del mondo. L’unica persona che è veramente un re ed ha la corona regale sulla sua testa è chi è libero da(lla schiavitù de)i desideri”.
Chi è dipendente dai piaceri può erroneamente considerarsi fortunato ad avere così tanti piaceri. In realtà è solo schiavo dei suoi piaceri: quando non li ha, prova sofferenza e deprivazione. Il suo pensiero è fissato costantemente su cosa possa fare per ottenere ciò che desidera. Passa più tempo a pensare a come ottenere piacere che a goderselo. La ricerca del piacere è uno scopo illusorio, non si sarà mai soddisfatti.
Cercare la felicità è un obiettivo molto più sensato che cercare il piacere. Il modo per essere felici è controllare i propri desideri. Quando hai godimento dal fatto di autodisciplinarti, la situazione è rovesciata. Ti sarai liberato dalla preoccupazione di ottenere ciò che desideri e proverai il piacere costante di essere il padrone di te stesso!
Ogni volta che ti autodisciplini, considerati un re. Stai riuscendo a governare te stesso. Il piacere provato dal fatto di autodisciplinarti, ti permetterà di dominare i tuoi desideri.


Nuotare durante Shabbat

È permesso nuotare durante Shabbat? Quali problemi alachici può comportare?
Prima di cominciare a rispondere a questa domanda, bisogna chiarire che si sta parlando di una piscina privata, in cui sono presenti solo uomini o solo donne. Situazioni miste sono rigorosamente proibite dall’alachàh qualsiasi giorno della settimana.
Inoltre, stiamo parlando di una piscina situata in un Reshut HaYachid (dominio privato), in cui non si trasgredisce il divieto di trasportare durante Shabbat Kodesh. È sicuramente vietato nuotare in una piscina pubblica, perché si trasgredirebbe lo Shabbat trasportando l’acqua mentre si nuota.
Inoltre, si sta parlando di una piscina contenente acqua fredda. Durante Shabbat è proibito fare il bagno nell’acqua riscaldata, anche se l’acqua è solo tiepida. Ricapitolando, la domanda è se si possa nuotare durante Shabbat in una piscina in cui ci siano solo uomini o solo donne, situata in un dominioprivato e che contenga solo acqua fredda.
Lo Shulchan Aruch (Orach Chaim 339) stabilisce che, strettamente parlando, è possibile nuotare durante Shabbat in una piscina che sia completamente circondata da mura, come sono le piscine odierne. È vietato invece nuotare in un fiume.
Tuttavia, tutte le autorità alachike recenti e contemporanee, stabiliscono all’unanimità che non si deve nuotare di Shabbat. Come spiegano i Poskim, anche se nuotare è intrinsecamente permesso, dà luogo a molteplici potenziali problemi alachici. Per esempio, non è possibile strizzare i capelli bagnati, il costume da bagno o l’asciugamano. Nello Yalcut Yosef (Shabbat vol. 2, a partire da pag. 7) elenca altri numerosi problemi alachici causati dal fatto di nuotare durante Shabbat.
Inoltre, nuotare di Shabbat, non ha nulla a che fare con l’aurea di kedushà e santità che rivestono questo giorno speciale. Ammesso che si possano mettere da parte i problemi alachici esaminati, e assumendo che si riesca a nuotare in un modo tecnicamente possibile, questo minerebbe la natura stessa dello Shabbat, e per questo motivo, tutte le autorità alachiche senza eccezione, vietano il nuoto durante Shabbat. Fra questi Poskim troviamo Chacham Ovadia Hadaya (nel suo Yaskil Avdì 4:1), Rabbì Moshè Stern di Debereczyn (nel suo Beer Moshè) e Rabbì Ischak Weiss (nel suo Minchat Ischak). Questo è quello che stabilisce inoltre Chacham Ovadia Yosef.

Riassumendo: strettamente parlando, potrebbe essere permesso nuotare in una piscina di Shabbat sottostando ad alcune condizioni. In pratica però, le autorità alachike vietano il nuotare durante Shabbat a causa di molteplici problemi alachici causati dal fatto di nuotare. Inoltre il nuoto non ha niente a che fare con l’aura di kedushà e santità che caratterizzano lo Shabbat.


Shabbat shalom!


  

Newsletter: Parashat Bemidbar 5772


La Parashàh di Bemidbar… in brevissima!

Il secondo anno dall’uscita dall’Egitto, Moshè e Aharon ricevono il comandamento da HaShem di contare tutti i maschi fra i venti e i sessanta anni. Erano 603.550. La tribù di Levi era esente da questo conteggio per il suo ruolo particolare di guida spirituale del popolo.
La parashàh racconta come erano posizionate le dodici tribù attorno al Tabernacolo, tre per ogni lato. In questa posizione si accampavano e viaggiavano.
I 22.300 leviti dovevano occuparsi del Tabernacolo. Tre erano i casati di Levi, che si dividevano gli incarichi: Ghereshon, Kehat e Merarì. In questa parashàh vengono raccontati gli incarichi del casato di Kehat che doveva portare l’Arca, il Tavolo, la Menoràh e gli altari, mentre gli incarichi degli altri due casati, Ghereshon e Merarì, verranno raccontati nella parashàh della settimana prossima, Nasò.

Dvar Toràh
basato su “Growth Through Torah” di Rav Zelig Pliskin

La Toràh afferma:
“E i Figli d’Israele fecero tutto quello che l’Onnipotente aveva comandato a Moshè --(ossia il fatto di accamparsi divisi per tribù) -- così come essi si accampavano, in base ai differenti stendardi,, così si muovevano, ciascuno secondo la propria famiglia, secondo il proprio casato paterno.” (Bemidbar 2:34).
Perché la Toràh ci sottolinea il fatto che il Popolo Ebraico ha ascoltato quello che gli ha detto Moshè? Perché non avrebbero dovuto farlo?
La Toràh ci sta dicendo che non si lamentarono per chi stava in testa e chi in coda mentre viaggiavano. Hanno accettato la Volontà di HaShem senza lamentarsi o litigare.
Purtroppo, in molti luoghi, si creano liti e discussioni quando le persone non sono soddisfatte dell’arrangiamento dei posti. Liti e lamentele sono di solito basate sull’arroganza e sulla ricerca di onori.
I Nostri Maestri (Talmud, Taanit 21b) dicono che “Non è il posto che onora la persona”. Se la persona merita onore, rimarrà onorevole dovunque si sieda. Se una persona manca di virtù, ilposto in cui si siederà non la renderà migliore.

Shavuot – prepararsi per la festa, dormire durante Shabbat quando Shavuot comincia all’uscita di Shabbat

Il cinquantesimo giorno dell’Omer è la festa di Shavuot. Le autorità alachike discutono se sia necessario o meno studiare le regole riguardanti la festa a partire da trenta giorni prima, così come è richiesto fare per Pesach. Il Bach (Rav Yoel Sirkis, Polonia, 1561-1640), nel Siman 429, stabilisce che questo obbligo si applica anche a Shavuot, e si deve cominciare a studiare le regole della festa trenta giorni prima del suo avvento. Questa è anche la posizione del Maghen Avraham (Rav Avraham Gombiner, Polonia, 1635-1682). Altri però, non sono d’accordo, e sostengono che essendoci relativamente poche regole che riguardano la festa di Shavuot, è possibile cominciare a studiarle a partire da Rosh Chodesh Sivan. Questa era la posizione del Gaon di Vilna (1720-1797) nel siman 429, e questa è l’alachà. Quindi bisogna cominciare a studiare le alachot che riguardano Shavuot a partire da Rosh Chodesh Sivan.
C’è l’uso di immergersi in un mikve la vigilia di Shavuot. L’Arizal (Rabbi Itzchak Luria di Safed, 1534-1572) riteneva che è necessario immergersi almeno due volte – la prima per rimuovere gli “indumenti” del resto della settimana, e la seconda per ricevere la santità della festa.
In situazioni come quella di quest’anno (5772), in cui Shavuot cade all’uscita di Shabbat, si pone la questione se sia possibile o meno fare un riposino lo Shabbat pomeriggio, così da poter restare svegli per la nottata di studio di Shavuot. È risaputo che durante Shabbat è vietato prepararsi per i giorni di chol (giorni normali della settimana), e dovrebbe quindi essere vietato riposarsi durante Shabbat così da poter essere specificatamente più freschi durante la notte di Shavuot. Infatti, alcune autorità stabiliscano che non bisogna affermare verbalmente di andare a riposarsi durante Shabbat, per prepararsi per la notte di Shavuot. Questa è la posizione del Sefer Chasidim (266), citata dal Maghen Avraham (290). Però, il ChachamBen Zion Abba Shaul, (Israele, 1923-1998), nella sua opera Or LeZion (vol. 3, p. 195), non è d’accordo e stabilisce che si può dormire durante Shabbat esplicitamente per prepararsi per la notte di Shavuot, in quanto è la preparazione per il compimento di una Mitzvàh. In ogni modo, è preferibile soddisfare tutte le opinioni evitando di dire di dormire esplicitamente per poter restare sveglio per studiare la notte di Shavuot.

Riassumendo: è bene cominciare a studiare le regole riguardanti Shavuot a partire da Rosh Chodesh Sivan. C’è l’uso di immergersi in un mikwe la vigilia di Shavuot. Quando Shavuot cade all’uscita di Shabbat, è possibile fare un pisolino per prepararsi per la nottata di studio, ma è meglio evitare di dire esplicitamente che lo scopo del pisolino è per prepararsi per la nottata.


Shabbat shalom!
  

Newsletter: BeHar, Bechukkotai 5772


La Parashàh… in brevissima!

La Parashàh di BeHar comincia con le leggi della Shemitàh, l’anno Sabbatico, in cui il Popolo Ebraico ha il comando di non lavorare il proprio campo. Ogni cinquanta anni c’è lo Yovel, il Giubileo, in cui le attività legate all’agricoltura sono anche proibite.
Questi due comandamenti ricadono in una delle sette categorie di prove che dimostrano che HaShem ha dato la Toràh. Se l’idea dietro a questi comandamenti è quella di far riposare la terra, avremmo potuto evitare di lavorare un settimo del terreno ogni anno. Comandare ad un’intera società che si basa sull’agricoltura di interrompere di lavorare il proprio campo, assicurandogli che non soffrirà in alcun modo come conseguenza della cosa, può essere fatto solo da HaKadosh Baruch Hu, o da un pazzo chas veshalom.
In questa Parashàh si parla inoltre: della redenzione della terra che è stata venduta, rafforzare il prossimo ebreo i cui mezzi economici sono incerti, non prestare a interesse al prossimo ebreo, le regole che riguardano il servo. La Parashàh termina con l’ammonimento a non farsi idoli, ad osservare lo Shabbat e riverire il Santuario.

La seconda parashàh che leggeremo questa settimana, Bechukotai, inizia con una numerosa serie di benedizioni che riceve chi osserva i comandamenti della Toràh (vale seriamente la pena di leggerli! Anche solo tradotti!) Contiene inoltre la Toçhechà, ossia parole di ammonimento “Se non Mi ascolterai e non seguirai questi comandamenti…” per passare quindi a sette serie di sette diverse pene ciascuno. Bisogna capire che HaShem non punisce per il gusto della punizione; HaShem vuole che noi poniamo attenzione sulla nostra introspezione, riconoscendo i nostri errori e correggendo i nostri cammini. HaShem non vuole distruggerci (chas veshalom) o annullare il Suo Patto con noi. Vuole farci invece conoscere le conseguenze delle nostre singole azioni, per poterci rendere conto della gravità della cosa; Vuole anche la nostra attenzione per ciò che riguarda il non assimilarci e scomparire chas veshalom come nazione. Altamente consigliata la lettura di Vayqrà (Levitico) 26:14 - 45 e Devarim (Deuteronomio) 28.

Dvar Toràh

basato su “Growth Through Torah” di Rav Zelig Pliskin

La Toràh insegna:
 “E camminerai nei miei statuti” (Vaikràh 26:3)
 Perché viene usato il verbo “camminare”? HaShem avrebbe potuto dirci di seguire, mantenere, sostenere i Suoi statuti!
L’Or HaChaim commenta: visto che questo versetto si riferisce al fatto che bisogna faticare per studiare Toràh, si usa il termine “camminare” perché ci dovremmo abituare a studiare Toràh perfino quando camminiamo o viaggiamo.
Ci sono moltissime opportunità di studiare Toràh che spesso non vengono sfruttate. Quando sei in viaggio, ricordati di portarti un libro di Toràh da cui poter studiare. Molti libri sono pubblicati in versione tascabile così da poter essere facilmente portati in viaggio o mentre si attende in fila. Qualunque cosa e qualunque volta ti capiti di studiare avrai un grandissimo merito e un grandissimo beneficio!
Molte persone ascoltano lezioni di Toràh mentre viaggiano nelle proprie automobili. Si possono scaricare gratuitamente al sito 613.org, Torah.org, OU.org (in inglese). [In italiano puoi trovare invece una lunga lista di siti e materiale consigliabile su http://deroryqra.blogspot.com in particolare alla pagina relativa a “dove studiare” http://deroryqra.blogspot.com/2011/02/dove-studiare.html con tantissime fonti gratuite e in italiano] Trasforma il tempo in cui sei in viaggio in un tempo in cui studi Toràh. Tramuta un tempo che potrebbe essere sprecato e insensato in un tempo di crescita personale attraverso lo studio della Toràh!

 

Una preghiera speciale per la vigilia di Rosh Chodesh Sivan

Il cinquantesimo giorno dell’Omer, il 6 di Sivan, si celebra la festa di Shavuot. Quando HaShem apparve a Moshè Rabbenu sul Monte Sinai, prima dell’uscita dall’Egitto, dicendogli di tornare in Egitto per portare il popolo ebraico verso la libertà, HaShem gli disse che tutto il popolo sarebbe tornato a servirlo su quella montagna (“Taavdun et HaElokim al haar hazè” – Shemot 3:12). Il Midrash riporta che Moshè chiese ad HaShem quando sarebbe avvenuto e HaShem rispose il cinquantesimo giorno dall’uscita dall’Egitto. Quindi, ai tempi dell’Esodo, i Figli D’Israele già sapevano che cinquanta giorni dopo sarebbero arrivati al Monte Sinai per ricevere la Toràh. Per questo hanno cominciato a contare i giorni ansiosi di arrivare a quelmomento. Anche per questo osserviamo la mizvàh della “sefirat haOmer”, per commemorare l’entusiasmo del popolo ebraico nel ricevere la Toràh.
Lo Shlà HaKadosh (Rabbì Yeshaia Horowitz, 1565-1630) scrive che c’è una preghiera speciale che i genitori dovrebbero recitare la vigilia di Rosh Chodesh Sivan (il giorno prima di Rosh Chodesh Sivan) per il bene dei propri figli. In generale, la vigilia di Rosh Chodesh è un giorno di preghiera e pentimento, e molte persone hanno l’uso di digiunare e recitare Tehillim durante questa giornata. La vigilia di Rosh Chodesh Sivan però, è un giorno particolarmente indicato per pregare affinché i propri figli crescano Zadikim e Talmidè Chachamim. Visto che il mese di Sivan è il mese in cui abbiamo ricevuto la Toràh, il giorno prima che cada il mese è particolarmente adatto per pregare per la crescita dei prorpri figli nella Toràh. Allo stesso modo, Rav Chaim Falagi (Turchia, 1788-1869) scrive che anche se il bittul Toràh (perdita di tempo che potrebbe essere dedicato allo studio della Toràh) è sempre un peccato gravissimo, dal Cielo viene tenuto particolarmente conto del tempo perso durante il mese di Sivan. Essendo il mese in cui abbiamo ricevuto la Toràh, abbiamo una responsabilità unica di impiegare il nostro tempo studiando Toràh.
Anche se questa preghiera viene spesso chiamata “la preghiera dello Shlà”, è stata scritta da Rav Shabetai Sofer. Ogni genitore è bene che se la procuri e stia attento a recitarla la vigilia di Rosh Chodesh Sivan.
[A questo link: http://dytefillah.blogspot.com/2011/06/teffillat-hashelah-haqadosh-per-il.html potete trovare questa tefillàh in ebraico e traslitterata in italiano]

Shabbat shalom!!
  

Newsletter: Emor


Dvar Torà
basato su “Growth Through Torah” di Rav Zelig Pliskin
La Torà afferma:

“Dal giorno successivo al giorno del riposo, dal giorno in cui porterete l’omer come offerta tenufà, conterete per voi stessi sette settimane che siano complete.” (Vaikrà 23:15)
Perché è posta così tanta enfasi sul contare i giorni dell’omer fino a shavuot?
La Torà ci dà la mizvà di contare i giorni che vanno dal secondo giorno di pesach fino a shavuot. La radice di questo comandamento, scrive il Sefer HaChinuch (un libro che aiuta ad approfondire e capire le 613 mizvot) serve a dimostrare che l’essenza del popolo ebraico è la Torà. Gli ebrei sono stati liberati dall’Egitto per poter accettare la Torà sul monte Sinai e metterla in pratica. Il fatto di contare i giorni che vanno dalla liberazione dall’Egitto fino al momento in cui il popolo ha accettato la Torà, è un’espressione di quanto la Torà sia importante per il popolo ebraico. Così come uno schiavo che sa che in un certo giorno verrà liberato conterà ogni singolo giorno fino al momento in cui riceverà la libertà, allo stesso modo contiamo i giorni che ci porteranno alla ricezione della Torà. Il fatto di contare i giorni dimostra il nostro forte desiderio di raggiungere finalmente la fine del conteggio. (Sefer HaChinuch 306).
Più grande è l’apprezzamento che si ha per la Torà e più la si studierà. Realizzando quanto essa sia importante per noi come nazione e come individui, avremo grande gioia nel dedicarci al suo studio. Ogni anno, quando contiamo i giorni fra pesach e shavuot, ribadiamo ancora una volta questo grande messaggio quotidianamente per quarantanove giorni.

 

…a proposito dell’omer: ascoltare musica

Durante il periodo dell’omer, c’è l’uso di osservare alcune norme di lutto per ricordare la tragica scomparsa dei 24.000 allievi di Rabbì Akiva. Lo Shulchan Aruch scrive che durante questo periodo bisogna evitare di tagliarsi i capelli e celebrare matrimoni.
Il Maghen Avraham (Rav Avraham Gombiner, Polonia 1637-1683), nel suo commento allo Shulchan Aruch, aggiunge che bisognerebbe evitare di ascoltare musica durante questo periodo. Anche se lo Shulchan Aruch non riporta esplicitamente questa norma, il popolo ebraico l’ha accettata su di se ed è quindi vietato ascoltare musica per i primi 33 giorni dell’omer. Questo è quello che stabilisce il Chacham Ovadia Yosef. Il divieto vale sia per quanto riguarda musica dal vivo che musica registrata. Non si può ascoltare musica alla radio, in cassetta o da un disco durante il periodo dell’omer. In particolare durante queste settimane sarebbe bene ascoltare cassette di lezioni di Torà e simili, piuttosto che ascoltare musica.
È consentito ascoltare qualcuno che canta che non sia accompagnato da una base musicale come può essere per esempio un chazan che canta pizmonim (inni) o cori a cappella e simili. Il divieto riguarda solo musica strumentale.
Può esserci musica in una “seudat mizvà” come per esempio un pasto festivo per celebrare un bar mizvà, un brit milà o un pidion haben?
Il Chacham Ovadia Yosef, nella sua opera Yechave Daat (vol. 6, 34) stabilisce che la musica – sia dal vivo che registrata – è permessa in occasioni del genere, dal momento che si svolgono in un contesto di mizvà. Questo vale anche per quanto riguarda un sium massechet – se una persona o un gruppo completano una sezione del Talmud (ci riferiamo al caso in cui questo accada per caso durante l’omer e non che queste persone abbiano programmato il loro studio intenzionalmente in modo da terminare il trattato in questo periodo). Si può celebrare con musica dal vivo in tutti questi casi. Questo è quello che stabilisce anche il Chacham Ben Zion Abba Shaul (Israele, 1923-1998) nella sua opera Or LeZion (vol. 3). Il Chacham Ben Zion nota che dal momento che lo Shulchan Aruch Non specifica la proibizione di ascoltare musica, e questo è solo un uso, si può facilitare in situazioni in cui si sta parlando di una seudat mizvà.
L’uso sefardita è quello di osservare queste norme fino al trentaquattresimo giorno dell’omer. È possibile acconsentire la musica nel giorno di Lag BaOmer per celebrare l’hilulà di Rabbi Shimon Bar Yochai, altrimenti bisogna aspettare fino al giorno successivo, che è appunto il trentaquattresimo giorno dell’omer.
Riassumendo: non si dovrebbe ascoltare musica, sia dal vivo che registrata, durante i primi trentatre giorni del periodo dell’omer ad eccezione che per una seudat mizvà, come quella in occasione della celebrazione di un bar mizvà, un brit milà, un pidion haben o un sium masechet. Allo stesso modo la musica può essere suonata in occasione dei festeggiamenti per lag baomer

Shabbat shalom umevorach!