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Speciale Pesach!

Linee guida selezionate per il seder

1.    Cosa significa la parola seder?
La sera di pesach è molto diversa da tutte le altre sere dell’anno. È ricca di kedushà e di mizvot sia dalla Torà che miderabbanan, e di usi e tradizioni. Ogni dettaglio è di grande importanza e si dovrebbe eseguire ogni passo meticolosamente sapendo che nessuna parte di tutta la procedura è superfluo. La parola seder significa ordine, a indicare che tutta la serata segue un ordine ben preciso, stabilito dai Nostri Maestri, in cui ogni passaggio è intriso di significati e messaggi profondi.
2.    Quali sono le fasi principali del seder?
Ci sono 15 passaggi fondamentali e ognuno di essi ha un nome. Questi nomi formano una semplice rima, così da permetterne la memorizzazione per poterli eseguire tutti:
Kadesh, Urchaz, Karpas, Yachaz, Magghid, Rochzà, Mozì, Mazà, Maror, Korech, Shulchan Orech, Zafun, Barech, Hallel, Nirzà.
Molti hanno l’uso di annunciare ogni fase col suo nome nel momento opportuno.
3.    Quali sono le principali mizvot del seder?
Ci sono due mizvot direttamente dalla Torà: mangiare la mazà e raccontare l’uscita deglie ebrei dall’Egitto. Ci sono tre mizvot principali derabanan: bere quattro bicchieri di vino, mangiare il maror, recitare l’allel.
4.    I bambini hanno l’obbligo di osservare tutte le mizvot del seder?
I bambini che hanno raggiunto “l’età dell’educazione” (cinque o sei anni a seconda del bambino) dovrebbero cercare di compiere tutte le mizvot del seder. Dal momento che il loro obbligo è derabbanan, quantità più piccole rispetto a quelle richieste dagli adulti, possono essere utilizzate per fargli compiere le varie mizvot.
I bambini dovrebbero essere incoraggiati a restare al tavolo del seder almeno fino alla fine del pasto, e se possibile, fino a dopo che si è bevuto il quarto bicchiere di vino. È per questo motivo che i Nostri Maestri hanno istituito molte procedure insolite durante il seder, al fine di suscitare l’interesse e la curiosità dei bambini e risvegliare la loro attenzione durante la serata.
Secondo la Torà ogni padre dovrebbe raccontare a suo figlio la storia dell’Egitto, e l’aggadà sottolinea questo obbligo descrivendo quattro tipi di figli a cui un padre potrebbe doversi trovare a rispondere. Alcuni genitori fanno l’errore di mandafre i propri figli a dormire dopo aver recitato “Ma Nishtanà”. È consigliabile che i bambini dormano bene il pomeriggio che precede pesach in modo da avere la forza e l’entusiasmo da rimanere svegli durante il seder.
5.    chi recita il kiddush al seder?
Alcune famiglie hanno l’uso che solo il capo famiglia reciti il kiddush e gli altri partecipanti compiono la mizvà ascoltandolo. Altri hanno l’uso che tutti recitino il kiddush insieme. Tutti i partecipanti dovrebbero avere un bicchiere di vino in mano sia che ascoltino, sia che recitino il kiddush attivamente.
6.    cosa si dovrebbe pensare prima di recitare (o ascoltare) il kiddush?
Bisogna avere in mente di compiere due mizvot:
- quella del kiddush
- quella di bere il primo dei quattro bicchieri di vino
Bisognerebbe inoltre avere in mente che la berachà di shecheianu vale per il giorno di yom tov e su tutte le mizvot del seder.
7. Cosa si dovrebbe pensare prima di iniziare l’aggadà?
Tutti dovrebbero avere l’intenzione di compiere l’obbligo di raccontare la storia dell’uscita dall’Egitto. La mizvà è compiuta sottolinenado tre concetti fondamentali:
- la malvagità degli egiziani e le terribili sofferenze che hanno inflitto sul popolo ebraico durante i lunghi anni di schiavitù.
- il miracolo delle piaghe che H’ ha mandato agli egiziani seguendo il criterio di “contrappasso”
- ringraziare e lodare HaShem per i meravigliosi gesti di bontà che ha compiuto per il popolo ebraico , liberandolo dalla schiavitù e scegliendolo come popolo eletto.
8.    Cosa fare se una persona non capisce il significato del testo dell’aggadà?
Non si compie la mizvà recitando il testo se non si capisce quello che si sta dicendo. Chi non ha familiarità con l’ebraico può, prima di pesach, studiarsi l’aggadà, per far si che la sera del seder sia un’esperienza significativa. È un peccato che molte persone impieghino tantissima energia e tempo per pulire la casa e non riescano a cogliere appieno il significato della sera del seder. Inoltre, colui che dirige il seder dovrebbe accertarsi che tutti capiscano almeno le parti essenziali del racconto.
9. Quali parti nella narrazione sono più importanti?
- le dieci piaghe
- la parte che inizia con “Rabban Gamliel usava dire! Fino a quando si beve il secondo bicchiere di vino.
10.  Quanto tempo si dovrebbe dedicare a raccontare la storia dell’uscita dall’Egitto?
Per la maggior parte delle persone è sufficiente recitare il testo standard dell’aggadà, fermandosi di tanto in tanto per sottolineare i tratti essenziali. Analisi del testo sono fuori luogo in questa fase, bisognerebbe riportare midrashim e commentatori che descrivono la schiavitù e i miracoli avvenuti. È importante spiegare la storia ai partecipanti a seconda del loro livello di comprensione. In particolare, bisognerebbe riuscire a mantenere viva l’attenzione dei bambini. Bisogna inoltre tenere d’occhio il tempo poiché va compiuto ogni sforzo per mangiare l’Afikomen prima di chiazzo. A livello approssimativo bisognerebbe finire il racconto dell’uscita e bere il secondo bicchiere un paio d’ore prima di chiazzot. Se avanza del tempo si può continuare a parlare dell’uscita dall’Egitto durante il pasto. 
11. A cosa bisognerebbe pensare prima della berachà sulla mazà?
- colui che dirige il seder deve avere l’intenzione di far uscire d’obbligo tutti i partecipanti con la sua berachà
- tutti gli altri devono avere in mente di uscire d’obbligo
- di compiere la mizvà di mangiare la amzà la prima sera del seder
- di includere all’interno della berachà anche il korech e l’aficomen
- ricordarsi di mangiare stando appoggiati sul gomito sinistro

Newsletter: Parashat Acharè Mot 5771

Dvar Torà
basato su “Growth Through Torah” di Rav Zelig Pliskin

La Torà afferma: “Ama il prossimo tuo come te stesso, Io sono il Signore” (Vaikrà 19:18)
Cosa significa?
Il Rambam, Moshè Maimonide, scrive: “Siamo obbligati ad amare ogni singolo ebreo come noi stessi, come afferma la Torà ‘Ama il tuo prossimo come te stesso’. Di conseguenza dobbiamo lodare gli altri e dobbiamo preoccuparci per il loro denaro così come ci preoccupiamo per il nostro e per la nostra dignità. Chiunque tragga onore dall’umiliare qualcun altro, perde il suo posto nel mondo futuro (Hilchot Deot 6:3)
Il comandamento di amare il prossimo può essere eseguito sempre, in ogni secondo della giornata. Qualsiasi favore o gentilezza si compia nei confronti di qualcuno può essere considerato come compimento di questa mizvà (a condizione che si abbia l’intenzione di compierla). In ogni caso questo comandamento può essere eseguito anche attraverso il pensiero.
Quando si è felici per qualcosa di buono che accade a un’altra persona, questo costituisce un atto di amore. Per esempio, se si sente che qualcuno ha appena dato alla luce un bambino e si è contenti, si compie questa mizvà.
Lo stesso vale quando accade qualcosa di negativo. Se ti senti triste a causa della sua sofferenza, stai compiendo una mizvà. Eseguendo questo comandamento appropriatamente si possono accumulare migliaia su migliaia di mizvot. (Yesod VeShoresh HaAvodà 1:7-8)
La difficoltà nell’adempiere questo comandamento consiste nel fatto che la maggior parte delle persone sono inclini ad essere gelose degli altri. Quando sentono che le cose vanno bene per qualcun altro si crea in loro gelosia e questo gli impedisce di essere felici.
Quindi è molto importante lavorare per aggiustare questa inclinazione caratteriale. Un altro importante fattore che permette di amare gli altri è quello di giudicarli in modo favorevole. In mancanza di questa abilità, non si è in grado di provare amore completo nei confronti del prossimo, ma questo costituisce un tema a se.

… a proposito di pesach: mangiare mazà venuta a contatto con sostanze liquide e la “mazà shemurà”

La Mishnà Berurà (composta da Rav Israel Meir Kagan di Radin, 1839 – 1933) parla a proposito dell’uso osservato da alcune comunità di non mangiare, durante pesach, mazà che sia venuta a contatto con qualsiasi tipo di liquido. Chi osserva questo uso non può mischiare la mazà con acqua o uova e simili. Il motivo che sta dietro a questo uso è che si teme che una parte dell’impasto che costituisce la mazà non sia stato ben cotto e, se dell’impasto crudo viene a contatto con del liquido, può diventare chamez.
La Mishnà Berurà scrive che, seppure non si dovrebbe deridere coloro che osservano questo uso, in realtà non ha alcuna base alachica. Dice che non si sospetta che un prodotto sia vietato a meno che non ci sia una buona ragione per farlo. Se la mazà è stata cotta in una fabbrica in cui si è stati attenti a tutte le procedure richieste dall’alachà, non c’è motivo di sospettare che siano rimaste delle parti di impasto crude. Questo in particolare per quanto riguarda le mazot dei nostri giorni che sono dure come crackers e quasi bruciate. È altamente improbabile che la mazà di oggi abbia dell’impasto non cotto a sufficienza. Anni fa la mazà era più spessa e morbida e c’era forse posto per sospettare. Oggi tuttavia, questa preoccupazione è del tutto infondata e quindi l’uso comune è quello di mangiare e cucinare la mazà mischiata in qualsiasi liquido si voglia. Ovviamente bisogna accertarsi che la mazà che si mangia sia stata cotta e seguita da mashghichim affidabili e che sia timbrata come “kasher lepesach”
La sera del seder bisogna mangiare mazà che, non solo sia kasher lepesach, ma che sia anche etichettata come “shemurà mishaat hakezirà”. Questo significa che l’intero processo, a partire dalla mietitura del grano, è stato compiuto con l’intento di compiere la mizvà e sotto supervisione continua. A rigor di termini, l’obbligo di usare specificatamente “mazà shmurà” si applica solo durante il seder. Tuttavia, dicono a nome del Gaon di Vilna (Rabbì Eliau di Vilna, 1720 – 1797) che mangiare “mazà shemurà” durante tutta la festa di pesach sia una mizvà deoraita (direttamente dalla Torà). Ci sono quindi alcune persone che mangiano “mazà shemurà” durante tutto pesach per  eseguire la mizvà al meglio anche secondo l’opinione del Gaon di Vilna.  Rav Aharon Kotler, il rinomato fondatore e Rosh Yeshivà di Lakewood, insisteva affinchè fosse servita “mazà shemurà” ai suoi studenti durante tutto pesach, nonostante il costo di quest’ultima fosse superiore rispetto alla semplice mazà “kasher lepesach”. Secondo lui, se il Gaon di Vilna considerava una mizvà deoraita quella di mangiare mazà shemurà per tutto il periodo di pesach, allora vale la pena seguire questa pratica. Pertanto è buona cosa mangiare mazà shemurà per tutta la durata di pesach, ma come detto sopra, questo non è strettamente richiesto dall’alachà
Riassumendo: anche se alcune comunità hanno l’abitudine di non mangiare mazà che sia venuta a contatto con delle sostanze liquide, secondo l’alachà è permesso. La sera del seder bisogna mangiare mazà etichettata come “shemurà mishaat hakezirà”. Alcuni hanno l’uso di mangiare solo “mazà shemurà” per tutta la durata della festa.

Shabbat shalom umevorach!!