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Newsletter: Parashat Kedoshim 5771

Dvar Torà
basato su “Growth Through Torah” di rav Zelig Pliskin


La Torà afferma:
“Ama il tuo prossimo come te stesso, Io sono il Signore.” (Vaikrà 19:18)
Come possiamo metterlo in pratica?
Il Talmud (Shabbat 31a) racconta la storia di un non ebreo che va dal grande saggio Hillel dicendo: “Convertimi alla condizione che mi insegnerai tutta la Torà su un solo piede.” Hillel accetta la condizione e gli dice, “Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te. Questa è tutta la Torà.”
Dal momento che Hillel si stava riferendo al comandamento di amare il prossimo come se stessi, perché non ha semplicemente citato il verso?
Rav Yerucham Levoviz spiega che così facendo ci insegna una grande lezione. Dalle parole “ama il tuo prossimo” potremmo pensare che dal momento che si prova un sentimento d’amore nei confronti degli altri si sta compiendo questa mizvà. In realtà, il fatto di provare amore e basta non è sufficiente. Questo amore deve motivarci a compiere azioni positive per gli altri  e a impedirci dal compiere qualsiasi azione che possa causare agli altri pena o sofferenza.
Non c’è dubbio che la Torà ci richieda di provare amore profondo nei confronti degli altri, ma non solo, il nostro comportamento nei confronti degli altri deve manifestare questo amore. È per questo che Hillel ha spiegato a quell’uomo che lo stesso comandamento secondo cui dobbiamo provare amore nei confronti degli altri ci richiede anche di comportarci in modo elevato nei nostri rapporti interpersonali di tutti i giorni.

 

…a proposito della sefirat haomer: il periodo della sefirà – recitare la berachà di shecheianu, comprare abiti nuovi, trasferirsi in una nuova casa, rimodernare e celebrare una festa di fidanzamento.

Durante il periodo della sefirat haomer ci asteniamo dal compiere manifestazioni di gioia in ricordo della tragica morte dei 24.000 discepoli di Rabbi Akiva accaduta proprio in questo lasso di tempo. Nello Shulchan Aruch è riportato che non si celebrano matrimoni e tagliano i capelli in queste settimane. Il Maghen Avraham (commento allo Shulchan Aruch di Rav Avraham Gombiner, Polonia, 1637-1683) aggiunge inoltre la proibizione di ascoltare musica.
La domanda è se bisogna astenersi da altri tipi di azioni che implicano gioia. Per esempio, durante il periodo di ben hamezarim – le tre settimane fra il 17 di Tamuz e il 9 di Av – è proibito recitare la berachà di shecheianu. Questa berachà è recitata in occasioni gioiose – come per esempio mangiare un nuovo frutto di stagione o indossare un abito nuovo – e attraverso di essa esprimiamo la nostra gratitudine ad HaShem per averci dato questa occasione gioiosa. Questa espressione di contentezza è incompatibile con il periodo di ben hamezarim, durante il quale numerose calamità si sono abbattute sul popolo ebraico. Bisogna estendere questo concetto anche al periodo della sefirat haomer, che anch’esso rappresenta un periodo di grande tragedia, e vietare di entrare in situazioni in cui sia necessario recitare la ebrachà di shecheianu?
Il Ben Ish Chai (Rav Yosef Chaim di Bagdad, 1833-1909) nella sua opera Or HaChaim opera una distinzione fondamentale fra il periodo di ben hamezarim e quello della sefirat haomer. Come abbiamo purtroppo visto, il periodo di ben hamezarim è intrinsecamente  designato come un tempo di sventura; è definito come tempo di tragedia ed è quindi inappropriato recitare la gioiosa berachà di shecheianu durante questo periodo. Il periodo della sefirat haomer invece è un momento molto propizio. Tanto che il Rambam nel suo commento alla Torà (parashat Emor) parla di queste settimane come una sorta di chol hamoed fra le due feste di pesach e shavuot. Anche lo Zoar descrive il periodo della sefirà in questi termini. Anche se si è verificata la morte dei discepoli di Rabbì Akiva, questa calamità non caratterizza questo periodo come un tempo di disgrazia. Pertanto, anche se dobbiamo astenerci da alcune forme di gioia, non c’è bisogno di andare oltre il celebrare matrimoni, tagliarsi i capelli e ascoltare musica. Tutte le altre espressioni di gioia sono permesse, anche quelle proibite durante il periodo di ben hamezarim, come per esempio recitare la berachà di shecheianu. Questa è l’opinione di alcune autorità tra cui lo Yafè LaLev e il Pachad Izchak. Il chacham Ben Zion Abba Shaul (Israele, 1924-1998) anche segue questa posizione nella sua opera Or LeZion (vol. 3).
Allo stesso modo, il Chacham Ben Zion dice che è possibile acquistare un abito nuovo nel periodo della sefirat haomer, nonostante la gioia che questo può causare alla persona. Allo stesso modo il Chacham Ovadia Yosef (Chazon Ovadià – Regole di Yom Tov, p. 74) dice che ci si può trasferire in una nuova casa durante la sefirà o rimodernare la casa. Questo include allargarla, rimbiancarla o riammobiliarla. Si può anche organizzare una festa di chanukkat habait (inaugurazione della casa) in onore del trasferimento nella nuova casa, così come sono permesse feste di fidanzamento, purchè non ci sia musica.
Riassumendo: Durante il periodo della sefirà ci asteniamo dal celebrare matrimoni, ascoltare musica e tagliarci i capelli. Si può, tuttavia, acquistare un nuovo abito, recitare la berachà di shecheianu, trasferirsi in una nuova casa, rimodernare la casa e organizzare una festa (senza musica) in onore di un fidanzamento o di una nuova casa.
Shabbat shalom umevorach!

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Dvar Torà
basato su “Growth Through Torah” di Rav Zelig Pliskin

La Torà afferma: “Ama il prossimo tuo come te stesso, Io sono il Signore” (Vaikrà 19:18)
Cosa significa?
Il Rambam, Moshè Maimonide, scrive: “Siamo obbligati ad amare ogni singolo ebreo come noi stessi, come afferma la Torà ‘Ama il tuo prossimo come te stesso’. Di conseguenza dobbiamo lodare gli altri e dobbiamo preoccuparci per il loro denaro così come ci preoccupiamo per il nostro e per la nostra dignità. Chiunque tragga onore dall’umiliare qualcun altro, perde il suo posto nel mondo futuro (Hilchot Deot 6:3)
Il comandamento di amare il prossimo può essere eseguito sempre, in ogni secondo della giornata. Qualsiasi favore o gentilezza si compia nei confronti di qualcuno può essere considerato come compimento di questa mizvà (a condizione che si abbia l’intenzione di compierla). In ogni caso questo comandamento può essere eseguito anche attraverso il pensiero.
Quando si è felici per qualcosa di buono che accade a un’altra persona, questo costituisce un atto di amore. Per esempio, se si sente che qualcuno ha appena dato alla luce un bambino e si è contenti, si compie questa mizvà.
Lo stesso vale quando accade qualcosa di negativo. Se ti senti triste a causa della sua sofferenza, stai compiendo una mizvà. Eseguendo questo comandamento appropriatamente si possono accumulare migliaia su migliaia di mizvot. (Yesod VeShoresh HaAvodà 1:7-8)
La difficoltà nell’adempiere questo comandamento consiste nel fatto che la maggior parte delle persone sono inclini ad essere gelose degli altri. Quando sentono che le cose vanno bene per qualcun altro si crea in loro gelosia e questo gli impedisce di essere felici.
Quindi è molto importante lavorare per aggiustare questa inclinazione caratteriale. Un altro importante fattore che permette di amare gli altri è quello di giudicarli in modo favorevole. In mancanza di questa abilità, non si è in grado di provare amore completo nei confronti del prossimo, ma questo costituisce un tema a se.

… a proposito di pesach: mangiare mazà venuta a contatto con sostanze liquide e la “mazà shemurà”

La Mishnà Berurà (composta da Rav Israel Meir Kagan di Radin, 1839 – 1933) parla a proposito dell’uso osservato da alcune comunità di non mangiare, durante pesach, mazà che sia venuta a contatto con qualsiasi tipo di liquido. Chi osserva questo uso non può mischiare la mazà con acqua o uova e simili. Il motivo che sta dietro a questo uso è che si teme che una parte dell’impasto che costituisce la mazà non sia stato ben cotto e, se dell’impasto crudo viene a contatto con del liquido, può diventare chamez.
La Mishnà Berurà scrive che, seppure non si dovrebbe deridere coloro che osservano questo uso, in realtà non ha alcuna base alachica. Dice che non si sospetta che un prodotto sia vietato a meno che non ci sia una buona ragione per farlo. Se la mazà è stata cotta in una fabbrica in cui si è stati attenti a tutte le procedure richieste dall’alachà, non c’è motivo di sospettare che siano rimaste delle parti di impasto crude. Questo in particolare per quanto riguarda le mazot dei nostri giorni che sono dure come crackers e quasi bruciate. È altamente improbabile che la mazà di oggi abbia dell’impasto non cotto a sufficienza. Anni fa la mazà era più spessa e morbida e c’era forse posto per sospettare. Oggi tuttavia, questa preoccupazione è del tutto infondata e quindi l’uso comune è quello di mangiare e cucinare la mazà mischiata in qualsiasi liquido si voglia. Ovviamente bisogna accertarsi che la mazà che si mangia sia stata cotta e seguita da mashghichim affidabili e che sia timbrata come “kasher lepesach”
La sera del seder bisogna mangiare mazà che, non solo sia kasher lepesach, ma che sia anche etichettata come “shemurà mishaat hakezirà”. Questo significa che l’intero processo, a partire dalla mietitura del grano, è stato compiuto con l’intento di compiere la mizvà e sotto supervisione continua. A rigor di termini, l’obbligo di usare specificatamente “mazà shmurà” si applica solo durante il seder. Tuttavia, dicono a nome del Gaon di Vilna (Rabbì Eliau di Vilna, 1720 – 1797) che mangiare “mazà shemurà” durante tutta la festa di pesach sia una mizvà deoraita (direttamente dalla Torà). Ci sono quindi alcune persone che mangiano “mazà shemurà” durante tutto pesach per  eseguire la mizvà al meglio anche secondo l’opinione del Gaon di Vilna.  Rav Aharon Kotler, il rinomato fondatore e Rosh Yeshivà di Lakewood, insisteva affinchè fosse servita “mazà shemurà” ai suoi studenti durante tutto pesach, nonostante il costo di quest’ultima fosse superiore rispetto alla semplice mazà “kasher lepesach”. Secondo lui, se il Gaon di Vilna considerava una mizvà deoraita quella di mangiare mazà shemurà per tutto il periodo di pesach, allora vale la pena seguire questa pratica. Pertanto è buona cosa mangiare mazà shemurà per tutta la durata di pesach, ma come detto sopra, questo non è strettamente richiesto dall’alachà
Riassumendo: anche se alcune comunità hanno l’abitudine di non mangiare mazà che sia venuta a contatto con delle sostanze liquide, secondo l’alachà è permesso. La sera del seder bisogna mangiare mazà etichettata come “shemurà mishaat hakezirà”. Alcuni hanno l’uso di mangiare solo “mazà shemurà” per tutta la durata della festa.

Shabbat shalom umevorach!!