Visualizzazione post con etichetta zaraat. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta zaraat. Mostra tutti i post

Newsletter: Parashat Mezorà 5771

Dvar Torà

Basato su “Growth Through Torah” di Rav Zelig Pliskin

La Toràh afferma:
“Allora il Sacerdote ordinerà di prendere per la persona da purificare, due uccelli vivi e puri, un ramo di cedro, un filo di lana scarlatta e dell’issopo. (Vaikrà 14:4)
Quale lezione impariamo da questo verso?
Rashi, il grande commentatore, cita i Saggi che dicono che il cedro simboleggia l’arroganza (un albero di cedro è chiamato “alto e fiero”). La zaraat ha origine dall’arroganza e dal disprezzo per gli altri che fanno si che la persona sia portata a parlarne male.
Il Chafez Chaim commenta che chi parla male degli altri considera se stesso superiore e di conseguenza si prende il diritto di dire cose negative su chi lo circonda. Se fosse consapevole dei suoi difetti e limiti non cercherebbe di sottolineare quelli degli altri.
Quale è la cura? Bisogna lavorare sul rafforzamento dell’umiltà, che è simboleggiata dalla porpora che è prodotta da un mollusco e dall’issopo che è un piccolo cespuglio (i due uccelli vivi che cinguettano simboleggiano il chiacchierio e il pettegolezzo).
La nostra lezione: cercare di essere più consapevoli dei nostri difetti e limiti piuttosto che concentrarci su quelli degli altri

 

…a proposito di pesach: il digiuno dei primogeniti!

Lo Shulchan Aruch riporta l’uso del “taanit bechorot”, il digiuno dei primogeniti (sia che siano primogeniti da parte materna o da parte paterna), la vigilia di pesach. Questo digiuno ricorda la “makat bechorot”, l’ultima delle dici piaghe in cui sono stati colpiti i primogeniti egiziani, da cui i primogeniti ebrei sono stati risparmiati. L’uso comune è che solo i primogeniti maschi digiunino.
Dal momento che questo digiuno non è richiesto secondo l’alachà stretta, e si osserva solo come minag (usanza), unito al fatto che la vigilia di pesach è solitamente una giornata molto intensa, i Nostri Maestri lo trattano con maggiore indulgenza rispetto agli altri digiuni. Quindi, se il primogenito partecipa a una seudat mizvà (un pasto che costituisce una mizvà) di qualsiasi tipo, è esentato dal digiunare. Esempi di seudat mizvà sono costituiti  da seudot che seguono un brit milà, un pidion haben e un bar mizvà nella data ebraica in cui il ragazzo compie 13 anni. Di solito nella maggior parte delle comunità c’è qualcuno che completa lo studio di una massechet (trattato talmudico) festeggiando quindi con un sium la vigilia di pesach, in modo che i primogeniti della comunità possano partecipare alla celebrazione ed essere quindi esentati dal digiunare.
Si deve notare che la persona deve avere effettivamente studiato la massechet; il pasto non è considerato una seudat mizvà se ha solo letto le parole senza capire di cosa si trattava. Inoltre, il primogenito non è esentato dal digiuno  a meno che non ascolti la persona mentre legge e spiega la frase finale della massechet. Deve essere presente quando si legge l’ultima frase e capire cosa viene detto. Alcuni sbagliano pensando che il cibo servito durante il sium abbia uno status speciale per cui basta semplicemente assaggiarlo per essere esentati dal digiuno. Questo non è vero, sono esentati solo coloro che partecipano e ascoltano la fine della massechet.
Anche completando uno dei sei sedarim della Mishnà con il commento di Rabbenu Ovadia di Bartenura si può fare una seudat mizvà, e questa celebrazione esenta i primogeniti dal dover digiunare.
Un primogenito che non partecipa a una seudat mizvà deve digiunare per tutto il giorno fino al seder. I primogeniti devono quindi accertarsi di avere modo di partecipare a una seudat mizvà.
Primogeniti malati o deboli non sono tenuti a digiunare anche se non partecipano a una seudat mizvà.
E’ consuetudine che chi abbia un primogenito maschio lo porti al Tempio per ascoltare il sium il giorno della vigilia di pesach, se il bambino è grande abbastanza da capire, anche se non ha ancora superato l’età del bar mizvà. Se è troppo difficoltoso per il bambino venire al Tempio non è tenuto a farlo ma il padre dovrebbe partecipare al sium al posto del figlio.
Nel libro “Shaarè Ora” viene data una suggestiva interpretazione del perché il miracolo dei primogeniti in Egitto venga commemorato specificatamente con un digiuno. A prima vista, avremmo detto che un miracolo vada celebrato con una qualche forma di manifestazione gioiosa e non con un digiuno! Lo Shaarè Ora spiega che quando Moshè ha annunciato che  HaShem avrebbe mandato una piaga per colpire i primogeniti egiziani, i primogeniti ebrei erano molto spaventati e preoccupati. I Nostri Maestri ci insegnano che i Figli d’Israele adoravano gli idoli durante il periodo in cui erano in Egitto e quindi i primogeniti ebrei non avevano abbastanza meriti per essere salvati. Il giorno prima della piaga, i primogeniti ebrei hanno digiunato e si sono pentiti con la speranza di guadagnare compassione Divina e essere risparmiati dalla piaga che avrebbe colpito di lì a poco gli egiziani.
I primogeniti osservano un digiuno la vigilia di pesach come parte dei nostri sforzi di ricostruire e rivivere le esperienze dei nostri avi in Egitto. Durante pesach abbiamo l’obbligo, non solo di parlare a proposito di quello che è successo in Egitto, ma di riviverlo, come è detto nell’aggadà: “Una persona deve considerarsi come se essa stessa abbia lasciato l’Egitto”. L’usanza è quella quindi che i primogeniti devono digiunare la vigilia di pesach così come i loro antenati hanno digiunato.
Riassumendo: il primogeniti maschi (sia da parte di madre che da parte di padre) devono digiunare la vigilia di pesach, ma si può evitare partecipando a una seudat mizvà o a un sium la mattina della vigilia. Il primogenito deve partecipare personalmente, ascoltare e capire la frase finale della massechet. È uso che i padri di figli primogeniti che non sono ancora arrivati all’età del bar mizvà portino i loro figli per partecipare al sium oppure devono partecipare al posto loro.

Shabbat shalom!!

Newsletter: Parashat Tazria 5771

Dvar Torà
basato su “Growth Through Torah” di Rabbi Zelig Pliskin
La Torà afferma per quanto riguarda la zaarat: “Per tutti i giorni in cui avrà su di se la lesione sarà impuro. Essendo egli impuro, abiterà da solo e la sua dimora sarà al di là dell’accampamento”. (Vaikrà 13,46)
La zaarat è una malattia fisica di origine non naturale mandata per avvisare di astenersi dal parlare male degli altri.
Perchè una persona affettà da zaarat è obbligata a risiedere al di fuori dell’accampamento?
I Nostri Maestri ci insegnano nel Talmud (Arachin 16b) che così come la persona affetta da zaarat ha causato separazione fra le persone parlando male degli altri, egli stesso deve restare separato dagli altri. Questa non è vendetta, ma un comportamento che serve per insegnare una lezione. Stare da soli comporta grande sofferenza. Tutti hanno bisogno di altre persone. Alcuni hanno grande necessità di essere contornati dagli altri, essere isolati provoca molto dolore. Quando una persona affetta da zaarat  ha parlato male di qualcuno, gli ha causato danno e isolamento dai suoi amici e famigliari. Se colui che ha parlato male, proverà in prima persona cosa significa essere isolati, la prossima volta starà più attento a come parla.
Avere persone intorno è fonte di grandi benefici, tuttavia c’è un prezzo da pagare. Amici e parenti possono comportarsi in modo irritante. Rendendosi conto che l’alternativa sarebbe quella di restare soli, si vedrebbe la cosa come un piccolo prezzo da pagare per goderne i benefici. Quando si acquista un oggetto, ci si concentra generalmente su cosa si può guadagnare dall’acquisto e non tanto sulla spesa. Allo stesso modo, concentrandosi su cosa si può guadagnare stando con gli altri si porrà meno attenzione a eventuali “comportamenti fastidiosi”. Guardando gli altri in modo positivo si vivrà molto meglio piuttosto che passare il tempo cercando strategie su come fare in modo che gli altri smettano di darci fastidio.


A proposito di pesach: la vigilia di pesach, usanze riguardanti la bruciatura del chamez, astenersi dal lavoro la vigilia di pesach

C’è l’uso di usare il lulav e le aravot del sukkot precedente per cominciare ad alimentare il fuoco con cui si brucerà il chamez alla vigilia di pesach. Alcuni inoltre, hanno l’abitudine di utilizzare gli stoppini che erano stati usati per accendere le candele di chanukkà. Il concetto che sta alla base di queste usanze è quella di riutilizzare oggetti attraverso cui precedentemente abbiamo compiuto una mizvà, per compiere una nuova mizvà.
Secondo l’alachà la vigilia di pesach è proibito compiere alcuni generi di lavori da dopo chazot. Ci sono due motivi principali su cui si basa questo divieto. In primo luogo, quando esisteva il Bet HaMikdash, la vigilia di pesach era un giorno in cui si portavano i sacrifici. Ogni ebreo faceva parte di un gruppo che offriva il korban pesach (sacrificio pasquale) nel pomeriggio della vigilia di pesach. Il Talmud riporta che nel giorno in cui si porta un sacrificio al Bet HaMikdash, bisogna astenersi dal lavoro come se fosse un giorno di festa. Pertanto, la vigilia di pesach era considerata una “sorta di giorno festivo” in cui gli ebrei si astenevano dal lavorare, in quanto in quel giorno ogni ebreo portava un sacrificio. Anche se, in assenza del Bet HaMikdash (possa presto essere ricostruito ai nostri giorni) non abbiamo la possibilità di portare sacrifici, la vigilia di pesach non ha perso il suo status di giorno di “quasi festa”.
Il secondo motivo per cui i Nostri Maestri hanno stabilito che bisogna astenersi dal lavorare nel pomeriggio della vigilia di pesach, è per essere sicuri di prepararsi in modo appropriato per la festa di pesach, compiendo azioni quali preparare le mazot, preparare gli utensili per la festa etc.
Se fosse permesso lavorare la vigilia di pesach le persone sarebbero più concentrate sul proprio lavoro piuttosto che sui preparativi per la festa.
Questo divieto si applica ad attività come cucire, rammendare gli abiti, fare il bucato e tagliarsi i capelli. Chi ha necessità di tagliare i capelli nel pomeriggio della vigilia di pesach, deve andare da un barbiere non ebreo, e non può andare da un barbiere ebreo in quanto è proibito per un ebreo tagliare i capelli a un'altra persona la vigilia di pesach. E’ permesso tagliarsi i capelli da soli e farsi la barba nel pomeriggio della vigilia di pesach.  Bisognerebbe anche lucidarsi le scarpe e tagliarsi le unghie.
Questo divieto non si applica a generi di lavoro come effettuare chiamate telefoniche e organizzare acquisti e vendite. Tali lavori sono permessi la vigilia di pesach in quanto non è a questo genere di lavoro che i Saggi si riferivano quando hanno istituito la proibizione.
Ci sono alcuni luoghi in cui il divieto di lavorare è esteso a tutto il giorno della vigilia di pesach. Nelle comunità in cui questo uso è vigente bisogna attenervisi evitando di compiere lavori proibiti durante il pomeriggio della vigilia, già dalla mattina. L’uso generale comunque, è quello di astenersi dal lavorare a partire dal pomeriggio della vigilia.
Riassumendo: c’è l’uso di accendere il fuoco con cui si brucia il chamez usando oggetti che erano stati precedentemente usati per altre mizvot  come il lulav e gli stoppini per le candele di chanukà. Bisogna evitare di compiere lavori quali rammendare e tagliarsi i capelli nel pomeriggio della vigilia di pesach. Chi volesse tagliare i capelli nel pomeriggio della vigilia può farlo andando da un barbiere non ebreo. È possibilie radersi, lucidare le scarpe, tagliarsi le unghie e svolgere attività commerciali nel pomeriggio della vigilia.

Shabbat shalom umevorach!!