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Newsletter: Zav 5772


Riassunto della Parashàh

Questa settimana la Parashà tratta delle leggi del Korban Ola (ossia il sacrificio che viene bruciato totalmente), delle Menachot (ossia offerte farinacee), le offerte del Cohen Gadol, del Korban Chattat (ossia sacrifici d’espiazione per i peccati involontari), del Korban Asham (ossia sacrifici di espiazione per peccati particolari commessi volontariamente), e del Korban Todà (ossia sacrifici di ringraziamento). La Parashà conclude raccontando i sacrifici che vengono assegnati ai sacerdoti e la cerimonia di insediamento del sacerdote per servire nel Santuario.

 

E' possibile mangiare la vigilia di Pesach prima del Seder?


295. Mangiare la vigilia di Pesach. Dalla decima ora Zemanit della vigilia di Pesach è vietato mangiare affinché mangi la Matzàh della sera del Seder con appetito. Questo divieto si applica principalmente sulla Matzàh cucinata oppure sulla Matzàh ‘ashiràh [ossia una matzàh non fatta da sola acqua e farina] in un volume pari a KaBetzàh. Mangiare meno di KaBetzàh, secondo la regola stretta è permesso, ma non si faciliti a meno che non sia strettamente necessario.(cfr. Torat HaMo’adim 13 :1)

296. 
Mangiare frutta e verdura. In base alla norma stretta è permesso mangiare carne, frutta e verdura in questo lasso di tempo, a condizione che stia attento a non riempirsi lo stomaco. Ciò perché è necessario mangiare la Matzàh con appetito. (Torat HaMo’adim 13:1)
 297. Inappetente. Una persona inappetente, che sa che quando mando mangia la vigilia di Pesach non riesce più a mangiare Matzàh e Maror con appetito oppure non riesce a bere i Quattro Bicchieri di vino, deve digiunare la vigilia di Pesach. (Torat HaMo’adim 13:1)
Articolo tratto da  http://deroryqra.blogspot.com/2012/03/e-possibile-mangiare-la-vigilia-di.html sotto concessione dell’autore

Newsletter: Vaikràh 5772


Dvar Torà

Basato su “Love Your Neighbor” di Rabbi Zelig Pliskin

La Toràh afferma:
 “Se chi ha peccato fosse una persona del popolo cha abbia involontariamente eseguito uno dei precetti dell’Eterno che non doveva essere compiuto, e sia (pertanto) divenuto colpevole, oppure (se in un tempo successivo all’atto stesso) gli è stato reso noto il peccato che ha commesso, (allora) per il peccato che ha commesso dovrà portare come sua offerta una capretta femmina senza imperfezioni.” (Vaikrà 4:27-28)
Non avendo al giorno d’oggi il Bet HaMikdash che ci permette di espiare le nostre trasgressioni, cos’altro possiamo fare per espiarle?
Rabbi Yochannan stava passeggiando lungo la periferia di Yerushalaim e Rabbi Yeoshua lo seguiva. Vedendo le rovine del Bet HaMikdash, Rabbi Yeoshua ha detto: “Guai a noi. Il luogo che espiava per i nostri peccati è stato distrutto.”
 “Figlio mio,” ha detto Rabbi Yochannan, “Abbiamo un altro mezzo di espiazione che può essere paragonato al Bet HaMikdash: il chesed (compiere atti di bontà). Come è detto: “Benevolenza è quello che Io voglio, e non sacrifici (Hoshaia 6:6).” (Avot DeRabbì Natan, cap. 4)
L’espiazione dipende da quanto la persona si rammarica per ciò che ha fatto, chiede scusa e chiede verbalmente all’Onnipotente di accettare la sua richiesta di perdono. Forse, compiere atti di bontà aiuta il singolo a concentrarsi  in modo più generale sul suo rapporto col mondo e con l’Onnipotente, entrando in uno stato in cui è in grado di esaminare i propri errori e ripararli.

La mizvàh di raccontare l’uscita dall’Egitto ai propri figli

La mizvàh di raccontare la storia dell’uscita degli ebrei dall’Egitto la sera di Pesach, è riportata nella Toràh con le seguenti parole: “Veigadeta lebinchàh” – “La racconterai a tuo figlio” (Shemot 13:8), e quindi l’obbligo fondamentale è quello di raccontare quanto accadutoai propri figli. I propri figli di conseguenza, devono sedersi accanto al padre la sera del Seder. Molte famiglie usano sistemare la tavola in modo che i bambini siedano alla fine e gli ospiti e i parenti siedano accanto al capofamiglia. La cosa migliore è che i bambini siedano accanto ai propri genitori, così che possano raccontargli la storia dell’uscita dell’Egitto.
Chi non ha figli, compie la mizvàh raccontando la storia dell’uscita dall’Egitto ai commensali o perfino a se stesso. Quando la Toràh dice “La racconterai a tuo figlio”, si riferisce al modo migliore di compiere la mizvàh, il livello base si compie anche raccontandola a se stessi. Per questo motivo non è strettamente necessario passare la sera del Seder con i propri genitori. Infatti, in molti luoghi c’è l’uso che le coppie sposate passino al prima sera con i genitori da una parte e la seconda sera con i genitori dall’altra. Questo uso è accettabile perchè la mizvàh di raccontare dell’uscita dall’Egitto la sera di Pesach può essere compiuta (a livello inferiore) pur non raccontandola ai propri figli.
Riassumendo: l’obbligo principale di raccontare la storia dell’uscita dall’Egitto consiste nel raccontarla ai propri figli, di conseguenza i bambini dovrebbero sedere accanto ai genitori la sera del Seder. In ogni caso, la mizvàh può essere compiuta anche raccontando dell’uscita dall’Egitto a se stessi e non ai propri figli.

Shabbat shalom!








  

Newsletter: Vayakel - Pekudè 5772


Dvar Torà

basato su “Love Your Neighbor” di Rabbi Zelig Pliskin

La Toràh afferma
 “Non accendere un fuoco di Shabbat” (Shemot 35:3).

Oltre al significato letterale, che lezione di vita possiamo imparare dal verso?

Lo Shlà (un acronimo che sta per il titolo del suo commento Shnè Luchot HaBrit – le Due Tavole del Patto) scrive che questo verso allude al fuoco della rabbia e della disputa.

Rabbì Eliahu Lopian scrive che “idealmente una persona non dovrebbe mai arrabbiarsi, una persona che nonostante tutto si sente arrabbiata, dovrebbe almeno cercare di evitare di esprimersi in modo incollerito. Il venerdì, per cercare di sbrigarsi a finire i preparativi per lo Shabbat in tempo, una persona tende ad essere irascibile.

Di Shabbat, quando tutta la famiglia siede insieme a tavola, i genitori può capitare che tendano ad arrabbiarsi con i figli piccoli perché non si comportano bene. Quindi, specialmente durante Shabbat, bisogna prestare particolare attenzione a non arrabbiarsi”.

Trenta giorni prima di Pesach

A partire da trenta giorni prima di Pesach, bisogna fare attenzione ad evitare che il chametz si attacchi a qualcosa ed sia poi difficile da eliminare prima di Pesach. Anche se non c’è l’obbligo di sbarazzarsi del chametz trenta giorni prima di Pesach, è bene cominciare a fare attenzione a come viene gestito il chametz per riuscire poi a eliminarlo più facilmente. Questo è quello che dicono il Bach (Rabbi Yoel Sirkis, Polonia, 1561-1640) e il Maghen Avraham (Rabbì Avraham Gombiner, Polonia, 1635-1682) nel siman 436.
Allo stesso modo, a partire da Purim, bisogna evitare di portare libri vicino al cibo, perché delle briciole di chametz potrebbero cadere nel libro che potrebbe poi essere portato a tavola durante Pesach. Un certo Rav era dell’opinione che valga la pena non portare mai libri vicino al cibo in qualsiasi momento dell’anno, così da ricordare costantemente la mizvà di ricordarsi dell’uscita dall’Egitto. Quando una persona vorrebbe portare un libro a tavola e non lo fa perché potrebbe entrare del chametz nel libro che potrebbe poi essere portato a tavola durante Pesach, si sta ricordando della festa di Pesach e dell’uscita dall’Egitto, compiendo una mizvàh. Anche se non è richiesto dall’alachà stretta, è un comportamento ammirevole da tenere. (N.d.R. Nonostante ciò sicuramente è necessario ogni volta che si mangia dire un Devar Toràh, che probabilmente quel Rav faceva senza libro davanti)

Il Meiri (Rabbi Menachem Meiri, 1249-1310), nel suo commento a massechet avodà zarà (5), scrive che è bene cominciare a fare i preparativi per Pesach 30 giorni prima della festa. Questo include comprare quanto necessario per la festa e l’organizzazione pratica.

È uso presso molti, osservare lo “Yom Kippur Katan” la vigilia di rosh chodesh Nissan, anche presso coloro che non sono soliti osservare lo Yom Kippur Katan la vigilia di rosh chodesh durante il resto dell’anno. [N.d.R. Yom Kippur Katan è un giorno di digiuno, effettuato il giorno prima del Molad di Rosh Chodesh, in cui si prega con aggiunte simili a Yom Hakippurim e si fa teshuvà per il comportamento dell’ultimo mese] Secondo un’opinione nel Talmud, il mondo è stato creato a Rosh Chodesh Nissan (e non il primo di Tishrì), e quindi tale giorno è una sorta di Rosh HaShanà, a cui bisogna prepararsi facendo teshuvà. Quindi molti hanno l’uso di digiunare tutto il giorno o parte del giorno la vigilia di rosh chodesh Nissan. C’è anche chi usa recarsi al cimitero in questo giorno.

I tachanunim e la Nefillat Apaim sono omessi dalla tefillàh a partire da Rosh Chodesh Nissan.
Riadattamento del link: http://www.dailyhalacha.com/

Shabbat shalom!!

Newsletter: Parashat Haazinu 5771

Dvar Torà

Basato su “Growth Through Torah” di Rav Zelig Pliskin

La Torà afferma:
           "(Il Signore) è la Roccia! Il suo comportamento è ineccepibile perché tutte le Sue strade sono giuste" (Devarim 32:4).
Il Chafez Chaim, Rabbi Israel Meir Kagan, una volta a chiesto a qualcuno come gli vadano le cose. La persona ha risposto, “Non sarebbe male se andassero un po’ meglio”.
 “Come fai a sapere che non sarebbe male?” ha risposto il Chafez Chaim. “L’Onnipotente conosce quello che succede meglio di te. È misericordioso e pietoso. Se ritenesse che per te sarebbe bene che le cose andassero meglio, le avrebbe sicuramente fatte andare meglio. Certamente le cose per te vanno bene così come sono”.
Le cose non vanno sempre come ci augureremmo che andassero, ma il fatto che le cose siano così è sicuramente per il nostro bene. Questa consapevolezza ti farà stare meglio nella vita. Hai sempre il diritto di provare a migliorare la situazione, ma se le cose non vanno ancora come vorresti, devi lavorare per fare tuo il concetto che l’Onnipotente sta facendo andare le cose come vanno per il tuo bene.

 

Alachot di Rosh HaShanà che cade di giovedì

Gli uomini usano immergersi nel mikvè la vigilia di Rosh HaShanà in onore della festa. E’ opportuno farlo dopo chazot (mezzogiorno alachiko), che cade generalmente intorno alle dodici e mezzo o l’una (a seconda dei luoghi), ma se una persona vuole immergersi durante la mattina può farlo.
Quando Rosh HaShanà cade di mercoledì sera (come quest’anno), cosicché Rosh HaShanà precede subito lo Shabbat, bisogna ricordarsi di preparare l’eruv tavshilin prima dell’entrata di Yom Tov, la vigilia di Rosh HaShanà. Facendo l’eruv tavshilin è permesso cucinare, accendendo i fornelli da una fiamma già accesa, i cibi per lo shabbat. Si mettono da parte un pezzo di pane e un uovo sodo, si recita la berachà di “…asher kiddeshanu bemizvotav vezivvanu al mizvat eruv” e poi si recita la formula “beden eruva yeè shari…” che è riportata nei siddurim. Il pane e l’uovo devono essere riposti in un posto sicuro. Si conservano di solito fino alla seudà shelishit dello shabbat, in cui si usa mangiarli.
Le donne accendono le candele prima del tramonto la vigilia di Rosh HaShanà all’orario riportato dai vari calendari. Recitano la berachà di “asher kiddeshanu bemizvotav vezzivanu leadlik ner shel yom tov”. Accendono le candele anche la seconda sera di Yom Tov, dopo che ha fatto buio, quando gli uomini ritornano dalla tefillà di arvit. Naturalmente, quando Rosh haShanà capita di giovedì e venerdì, si accendono anche le candele dello shabbat.
Bisogna sottolineare che l’alachà vieta di creare una fiamma di yom tov, per esempio accendendo un fiammifero. Quindi bisogna accertarsi prima di yom tov di accendere una candela che duri molte ore, in modo da essere ancora accesa il venerdì nel momento in cui bisogna accendere le candele dello shabbat.
Inoltre, l’alachà proibisce di spengere una fiamma di Yom Tov, quindi dopo che una donna ha acceso le candele, non deve spengere direttamente la fiamma attraverso cui le ha accese, ma lasciarla spengere da sola. Questa alachà è rilevante anche per coloro che fumano durante yom tov; la sigaretta deve spengersi da sola (sicuramente non si dovrebbe fumare mai; ma se una persona fuma, deve accertarsi di non spengere attivamente la sigaretta).
Riassumendo: è bene per gli uomini immergersi nel mikwè la vigilia di Rosh HaShanà, preferibilmente nel pomeriggio. Quando Rosh HaShanà inizia il mercoledì sera, bisogna preparare l’eruv tavshilin prima del tramonto in cui entra yom tov, mettendo da parte un pezzo di pane e un uovo sodo, che dovrebbero essere mangiati durante la seudà shelishit dello shabbat. Bisogna inoltre accertarsi di accendere una fiamma prima di yom tov in modo da poter accendere le candele di yom tov del secondo giorno e quelle dello shabbat.

Shabbat shalom e shanà tovà!

Newsletter: Parashat Emor 5771

Dvar Torà
basato su “Growth Through Torah” di Rav Zelig Pliskin
La Torà afferma:
“Dal giorno successivo al giorno del riposo, dal giorno in cui porterete l’omer come offerta tenufà, conterete per voi stessi sette settimane che siano complete.” (Vaikrà 23:15)
Perché è posta così tanta enfasi sul contare i giorni dell’omer fino a shavuot?
La Torà ci dà la mizvà di contare i giorni che vanno dal secondo giorno di pesach fino a shavuot. La radice di questo comandamento, scrive il Sefer HaChinuch (un libro che aiuta ad approfondire e capire le 613 mizvot) serve a dimostrare che l’essenza del popolo ebraico è la Torà. Gli ebrei sono stati liberati dall’Egitto per poter accettare la Torà sul monte Sinai e metterla in pratica. Il fatto di contare i giorni che vanno dalla liberazione dall’Egitto fino al momento in cui il popolo ha accettato la Torà, è un’espressione di quanto la Torà sia importante per il popolo ebraico. Così come uno schiavo che sa che in un certo giorno verrà liberato conterà ogni singolo giorno fino al momento in cui riceverà la libertà, allo stesso modo contiamo i giorni che ci porteranno alla ricezione della Torà. Il fatto di contare i giorni dimostra il nostro forte desiderio di raggiungere finalmente la fine del conteggio. (Sefer HaChinuch 306).
Più grande è l’apprezzamento che si ha per la Torà e più la si studierà. Realizzando quanto essa sia importante per noi come nazione e come individui, avremo grande gioia nel dedicarci al suo studio. Ogni anno, quando contiamo i giorni fra pesach e shavuot, ribadiamo ancora una volta questo grande messaggio quotidianamente per quarantanove giorni.

 

…a proposito dell’omer: ascoltare musica


Durante il periodo dell’omer, c’è l’uso di osservare alcune norme di lutto per ricordare la tragica scomparsa dei 24.000 allievi di Rabbì Akiva. Lo Shulchan Aruch scrive che durante questo periodo bisogna evitare di tagliarsi i capelli e celebrare matrimoni.
Il Maghen Avraham (Rav Avraham Gombiner, Polonia 1637-1683), nel suo commento allo Shulchan Aruch, aggiunge che bisognerebbe evitare di ascoltare musica durante questo periodo. Anche se lo Shulchan Aruch non riporta esplicitamente questa norma, il popolo ebraico l’ha accettata su di se ed è quindi vietato ascoltare musica per i primi 33 giorni dell’omer. Questo è quello che stabilisce il Chacham Ovadia Yosef. Il divieto vale sia per quanto riguarda musica dal vivo che musica registrata. Non si può ascoltare musica alla radio, in cassetta o da un disco durante il periodo dell’omer. In particolare durante queste settimane sarebbe bene ascoltare cassette di lezioni di Torà e simili, piuttosto che ascoltare musica.
È consentito ascoltare qualcuno che canta che non sia accompagnato da una base musicale come può essere per esempio un chazan che canta pizmonim (inni) o cori a cappella e simili. Il divieto riguarda solo musica strumentale.
Può esserci musica in una “seudat mizvà” come per esempio un pasto festivo per celebrare un bar mizvà, un brit milà o un pidion haben?
Il Chacham Ovadia Yosef, nella sua opera Yechave Daat (vol. 6, 34) stabilisce che la musica– sia dal vivo che registrata – è permessa in occasioni del genere, dal momento che si svolgono in un contesto di mizvà. Questo vale anche per quanto riguarda un sium massechet – se una persona o un gruppo completano una sezione del Talmud (ci riferiamo al caso in cui questo accada per caso durante l’omer e non che queste persone abbiano programmato il loro studio intenzionalmente in modo da terminare il trattato in questo periodo). Si può celebrare con musica dal vivo in tutti questi casi. Questo è quello che stabilisce anche il Chacham Ben Zion Abba Shaul (Israele, 1923-1998) nella sua opera Or LeZion (vol. 3). Il Chacham Ben Zion nota che dal momento che lo Shulchan Aruch non specifica la proibizione di ascoltare musica, e questo è solo un uso, si può facilitare in situazioni in cui si sta parlando di una seudat mizvà.
L’uso sefardita è quello di osservare queste norme fino al trentaquattresimo giorno dell’omer. È possibile acconsentire la musica nel giorno di Lag BaOmer per celebrare l’hilulà di Rabbi Shimon Bar Yochai, altrimenti bisogna aspettare fino al giorno successivo, che è appunto il trentaquattresimo giorno dell’omer.
Riassumendo: non si dovrebbe ascoltare musica, sia dal vivo che registrata, durante i primi trentatre giorni del periodo dell’omer ad eccezione che per una seudat mizvà, come quella in occasione della celebrazione di un bar mizvà, un brit milà, un pidion haben o un sium masechet. Allo stesso modo la musica può essere suonata in occasione dei festeggiamenti per lag baomer

Shabbat shalom umevorach!


  

Speciale Pesach!

Linee guida selezionate per il seder

1.    Cosa significa la parola seder?
La sera di pesach è molto diversa da tutte le altre sere dell’anno. È ricca di kedushà e di mizvot sia dalla Torà che miderabbanan, e di usi e tradizioni. Ogni dettaglio è di grande importanza e si dovrebbe eseguire ogni passo meticolosamente sapendo che nessuna parte di tutta la procedura è superfluo. La parola seder significa ordine, a indicare che tutta la serata segue un ordine ben preciso, stabilito dai Nostri Maestri, in cui ogni passaggio è intriso di significati e messaggi profondi.
2.    Quali sono le fasi principali del seder?
Ci sono 15 passaggi fondamentali e ognuno di essi ha un nome. Questi nomi formano una semplice rima, così da permetterne la memorizzazione per poterli eseguire tutti:
Kadesh, Urchaz, Karpas, Yachaz, Magghid, Rochzà, Mozì, Mazà, Maror, Korech, Shulchan Orech, Zafun, Barech, Hallel, Nirzà.
Molti hanno l’uso di annunciare ogni fase col suo nome nel momento opportuno.
3.    Quali sono le principali mizvot del seder?
Ci sono due mizvot direttamente dalla Torà: mangiare la mazà e raccontare l’uscita deglie ebrei dall’Egitto. Ci sono tre mizvot principali derabanan: bere quattro bicchieri di vino, mangiare il maror, recitare l’allel.
4.    I bambini hanno l’obbligo di osservare tutte le mizvot del seder?
I bambini che hanno raggiunto “l’età dell’educazione” (cinque o sei anni a seconda del bambino) dovrebbero cercare di compiere tutte le mizvot del seder. Dal momento che il loro obbligo è derabbanan, quantità più piccole rispetto a quelle richieste dagli adulti, possono essere utilizzate per fargli compiere le varie mizvot.
I bambini dovrebbero essere incoraggiati a restare al tavolo del seder almeno fino alla fine del pasto, e se possibile, fino a dopo che si è bevuto il quarto bicchiere di vino. È per questo motivo che i Nostri Maestri hanno istituito molte procedure insolite durante il seder, al fine di suscitare l’interesse e la curiosità dei bambini e risvegliare la loro attenzione durante la serata.
Secondo la Torà ogni padre dovrebbe raccontare a suo figlio la storia dell’Egitto, e l’aggadà sottolinea questo obbligo descrivendo quattro tipi di figli a cui un padre potrebbe doversi trovare a rispondere. Alcuni genitori fanno l’errore di mandafre i propri figli a dormire dopo aver recitato “Ma Nishtanà”. È consigliabile che i bambini dormano bene il pomeriggio che precede pesach in modo da avere la forza e l’entusiasmo da rimanere svegli durante il seder.
5.    chi recita il kiddush al seder?
Alcune famiglie hanno l’uso che solo il capo famiglia reciti il kiddush e gli altri partecipanti compiono la mizvà ascoltandolo. Altri hanno l’uso che tutti recitino il kiddush insieme. Tutti i partecipanti dovrebbero avere un bicchiere di vino in mano sia che ascoltino, sia che recitino il kiddush attivamente.
6.    cosa si dovrebbe pensare prima di recitare (o ascoltare) il kiddush?
Bisogna avere in mente di compiere due mizvot:
- quella del kiddush
- quella di bere il primo dei quattro bicchieri di vino
Bisognerebbe inoltre avere in mente che la berachà di shecheianu vale per il giorno di yom tov e su tutte le mizvot del seder.
7. Cosa si dovrebbe pensare prima di iniziare l’aggadà?
Tutti dovrebbero avere l’intenzione di compiere l’obbligo di raccontare la storia dell’uscita dall’Egitto. La mizvà è compiuta sottolinenado tre concetti fondamentali:
- la malvagità degli egiziani e le terribili sofferenze che hanno inflitto sul popolo ebraico durante i lunghi anni di schiavitù.
- il miracolo delle piaghe che H’ ha mandato agli egiziani seguendo il criterio di “contrappasso”
- ringraziare e lodare HaShem per i meravigliosi gesti di bontà che ha compiuto per il popolo ebraico , liberandolo dalla schiavitù e scegliendolo come popolo eletto.
8.    Cosa fare se una persona non capisce il significato del testo dell’aggadà?
Non si compie la mizvà recitando il testo se non si capisce quello che si sta dicendo. Chi non ha familiarità con l’ebraico può, prima di pesach, studiarsi l’aggadà, per far si che la sera del seder sia un’esperienza significativa. È un peccato che molte persone impieghino tantissima energia e tempo per pulire la casa e non riescano a cogliere appieno il significato della sera del seder. Inoltre, colui che dirige il seder dovrebbe accertarsi che tutti capiscano almeno le parti essenziali del racconto.
9. Quali parti nella narrazione sono più importanti?
- le dieci piaghe
- la parte che inizia con “Rabban Gamliel usava dire! Fino a quando si beve il secondo bicchiere di vino.
10.  Quanto tempo si dovrebbe dedicare a raccontare la storia dell’uscita dall’Egitto?
Per la maggior parte delle persone è sufficiente recitare il testo standard dell’aggadà, fermandosi di tanto in tanto per sottolineare i tratti essenziali. Analisi del testo sono fuori luogo in questa fase, bisognerebbe riportare midrashim e commentatori che descrivono la schiavitù e i miracoli avvenuti. È importante spiegare la storia ai partecipanti a seconda del loro livello di comprensione. In particolare, bisognerebbe riuscire a mantenere viva l’attenzione dei bambini. Bisogna inoltre tenere d’occhio il tempo poiché va compiuto ogni sforzo per mangiare l’Afikomen prima di chiazzo. A livello approssimativo bisognerebbe finire il racconto dell’uscita e bere il secondo bicchiere un paio d’ore prima di chiazzot. Se avanza del tempo si può continuare a parlare dell’uscita dall’Egitto durante il pasto. 
11. A cosa bisognerebbe pensare prima della berachà sulla mazà?
- colui che dirige il seder deve avere l’intenzione di far uscire d’obbligo tutti i partecipanti con la sua berachà
- tutti gli altri devono avere in mente di uscire d’obbligo
- di compiere la mizvà di mangiare la amzà la prima sera del seder
- di includere all’interno della berachà anche il korech e l’aficomen
- ricordarsi di mangiare stando appoggiati sul gomito sinistro

Newsletter: Parashat Acharè Mot 5771

Dvar Torà
basato su “Growth Through Torah” di Rav Zelig Pliskin

La Torà afferma: “Ama il prossimo tuo come te stesso, Io sono il Signore” (Vaikrà 19:18)
Cosa significa?
Il Rambam, Moshè Maimonide, scrive: “Siamo obbligati ad amare ogni singolo ebreo come noi stessi, come afferma la Torà ‘Ama il tuo prossimo come te stesso’. Di conseguenza dobbiamo lodare gli altri e dobbiamo preoccuparci per il loro denaro così come ci preoccupiamo per il nostro e per la nostra dignità. Chiunque tragga onore dall’umiliare qualcun altro, perde il suo posto nel mondo futuro (Hilchot Deot 6:3)
Il comandamento di amare il prossimo può essere eseguito sempre, in ogni secondo della giornata. Qualsiasi favore o gentilezza si compia nei confronti di qualcuno può essere considerato come compimento di questa mizvà (a condizione che si abbia l’intenzione di compierla). In ogni caso questo comandamento può essere eseguito anche attraverso il pensiero.
Quando si è felici per qualcosa di buono che accade a un’altra persona, questo costituisce un atto di amore. Per esempio, se si sente che qualcuno ha appena dato alla luce un bambino e si è contenti, si compie questa mizvà.
Lo stesso vale quando accade qualcosa di negativo. Se ti senti triste a causa della sua sofferenza, stai compiendo una mizvà. Eseguendo questo comandamento appropriatamente si possono accumulare migliaia su migliaia di mizvot. (Yesod VeShoresh HaAvodà 1:7-8)
La difficoltà nell’adempiere questo comandamento consiste nel fatto che la maggior parte delle persone sono inclini ad essere gelose degli altri. Quando sentono che le cose vanno bene per qualcun altro si crea in loro gelosia e questo gli impedisce di essere felici.
Quindi è molto importante lavorare per aggiustare questa inclinazione caratteriale. Un altro importante fattore che permette di amare gli altri è quello di giudicarli in modo favorevole. In mancanza di questa abilità, non si è in grado di provare amore completo nei confronti del prossimo, ma questo costituisce un tema a se.

… a proposito di pesach: mangiare mazà venuta a contatto con sostanze liquide e la “mazà shemurà”

La Mishnà Berurà (composta da Rav Israel Meir Kagan di Radin, 1839 – 1933) parla a proposito dell’uso osservato da alcune comunità di non mangiare, durante pesach, mazà che sia venuta a contatto con qualsiasi tipo di liquido. Chi osserva questo uso non può mischiare la mazà con acqua o uova e simili. Il motivo che sta dietro a questo uso è che si teme che una parte dell’impasto che costituisce la mazà non sia stato ben cotto e, se dell’impasto crudo viene a contatto con del liquido, può diventare chamez.
La Mishnà Berurà scrive che, seppure non si dovrebbe deridere coloro che osservano questo uso, in realtà non ha alcuna base alachica. Dice che non si sospetta che un prodotto sia vietato a meno che non ci sia una buona ragione per farlo. Se la mazà è stata cotta in una fabbrica in cui si è stati attenti a tutte le procedure richieste dall’alachà, non c’è motivo di sospettare che siano rimaste delle parti di impasto crude. Questo in particolare per quanto riguarda le mazot dei nostri giorni che sono dure come crackers e quasi bruciate. È altamente improbabile che la mazà di oggi abbia dell’impasto non cotto a sufficienza. Anni fa la mazà era più spessa e morbida e c’era forse posto per sospettare. Oggi tuttavia, questa preoccupazione è del tutto infondata e quindi l’uso comune è quello di mangiare e cucinare la mazà mischiata in qualsiasi liquido si voglia. Ovviamente bisogna accertarsi che la mazà che si mangia sia stata cotta e seguita da mashghichim affidabili e che sia timbrata come “kasher lepesach”
La sera del seder bisogna mangiare mazà che, non solo sia kasher lepesach, ma che sia anche etichettata come “shemurà mishaat hakezirà”. Questo significa che l’intero processo, a partire dalla mietitura del grano, è stato compiuto con l’intento di compiere la mizvà e sotto supervisione continua. A rigor di termini, l’obbligo di usare specificatamente “mazà shmurà” si applica solo durante il seder. Tuttavia, dicono a nome del Gaon di Vilna (Rabbì Eliau di Vilna, 1720 – 1797) che mangiare “mazà shemurà” durante tutta la festa di pesach sia una mizvà deoraita (direttamente dalla Torà). Ci sono quindi alcune persone che mangiano “mazà shemurà” durante tutto pesach per  eseguire la mizvà al meglio anche secondo l’opinione del Gaon di Vilna.  Rav Aharon Kotler, il rinomato fondatore e Rosh Yeshivà di Lakewood, insisteva affinchè fosse servita “mazà shemurà” ai suoi studenti durante tutto pesach, nonostante il costo di quest’ultima fosse superiore rispetto alla semplice mazà “kasher lepesach”. Secondo lui, se il Gaon di Vilna considerava una mizvà deoraita quella di mangiare mazà shemurà per tutto il periodo di pesach, allora vale la pena seguire questa pratica. Pertanto è buona cosa mangiare mazà shemurà per tutta la durata di pesach, ma come detto sopra, questo non è strettamente richiesto dall’alachà
Riassumendo: anche se alcune comunità hanno l’abitudine di non mangiare mazà che sia venuta a contatto con delle sostanze liquide, secondo l’alachà è permesso. La sera del seder bisogna mangiare mazà etichettata come “shemurà mishaat hakezirà”. Alcuni hanno l’uso di mangiare solo “mazà shemurà” per tutta la durata della festa.

Shabbat shalom umevorach!!