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Newsletter: Parashat Corach 5772


La Parashàh… in brevissima!

Ci sono due ribellioni nella Parashàh di questa settimana. Nella prima, Corach, un levita che è stato nominato leader della propria tribù, sfida Moshè per la carica di sommo sacerdote. Nessuna ribellione che si rispetti può essere fatta passare come un desiderio di conquista personale, così Corach convince oltre 250 uomini di fama a ribellarsi per una questione di principio – ossia che ognuno di loro ha potenzialmente il diritto di essere eletto Sommo Sacerdote (dopo che Moshè ha già annunciato che HaShem ha designato suo fratello Aharon per svolgere questo ruolo).
Straordinariamente, tutte le 250 persone accettano la proposta di Moshè di portare un’offerta d’incenso per vedere chi HaShem sceglierà per svolgere quel ruolo. [Tranne uno, On ben Pelet, che viene salvato dalla moglie] Questo significa che ognuno dei 250 uomini credeva di poter essere adatto non solo ad essere il prescelto, ma di sopravvivere alla prova. Moshè annuncia che se la terra si aprirà inghiottendo i ribelli, è il segnale che egli (Moshè) sta agendo secondo la Volontà di HaShem. E questo è proprio quello che accade!
Il giorno seguente, la congrega di Israele si ribella nuovamente lamentandosi nei confronti di Moshè: “Hai ucciso le persone di HaShem!”.
L’Eterno fa diffondere una piaga che uccide 14.700 persone, e che si ferma solo quando Aharon offre l’incenso.
Per risolvere la questione una volta per tutte, Moshè chiede ai capi delle tribù di portare un bastone con il proprio nome scritto su di esso. Il giorno seguente il bastone di Aharon fiorisce e produce alcune mandorle. Viene mostrata la cosa al popolo e il bastone di Aharon viene messo di fronte alla tenda dell’Arca della Testimonianza.

Dvar Toràh

Basato su “Growth Through Torah” di Rav Zelig Pliskin

La Toràh afferma:
“Corach, figlio di Ytzar, figlio di Kehat, figlio di Levi intraprese…” (Num. 16:1).
Perché ci viene descritta la genealogia di Corach?
Rashi spiega che il motivo che ha portato Corach a ribellarsi a Moshè è l’invidia nei confronti di un parente che ha ricevuto un onore che credeva spettasse a lui.
L’invidia è distruttiva. Impedisce alla persona di godersi le proprie benedizioni. Quando ci si concentra sui successi di un’altra persona e se ne soffre, si rischia di comportarsi in modo altamente controproducente. L’invidia è una delle tre caratteristiche  che possono totalmente distruggere una persona (Pirkè Avot 4:28). La rovina di Corach è avvenuta a causa di questa caratteristica. Non solo non ha ottenuto quello che desiderava, ma ha perso tutto quello che possedeva già.
Come si fa a superare l’invidia? Il segreto è concentrarsi su quello che si ha e su quello che puoi realizzare in questo mondo. L’invidia prende il sopravvento quando si fanno paragoni con gli altri. La cosa più bella che si possa avere in questo mondo è la felicità. Quando sai avere la meglio sulla tendenza ad essere invidioso concentrandoti su quello che hai ed essendone felice, non proverai più invidia nei confronti degli altri.

Programmare un timer (Shaon Shabbat) prima di Shabbat

La Ghemaràh, in massechet Shabbat (18a) tratta il caso di un mulino ad acqua che si aziona prima di Shabbat, così che durante Shabbat possa macinare il grano. Bet Hillel (la scuola del saggio Hillel) permette di farlo, perché tutte le operazioni sono compiute prima di Shabbat. Il meccanismo funziona indipendentemente durante lo Shabbat senza il coinvolgimento da parte dell’individuo che non trasgredisce in nessun modo lo Shabbat.
Questa regola è codificata dallo Shulchan Aruch (Orach Chaim 252:6), che aggiunge che perfino se il meccanismo produce un suono, può comunque essere programmato per funzionare per conto suo durante Shabbat.
Questa alachàh è la base per la diffusione dello “shaon Shabbat”, un timer che aziona e spenge le luci e altri elettrodomestici durante Shabbat. Quindi, si possono per esempio accendere e spengere le luci, un ventilatore elettrico o il riscaldamento durante Shabbat. Il coinvolgimento attivo da parte della persona è limitato alla programmazione prima di Shabbat, e non durante Shabbat stesso, per questo il funzionamento del timer durante Shabbat non implica alcuna violazione.
Il Chacham Ovadia Yosef, nella sua opera “Halichot Olam”, estende questa norma perfino alla lavatrice e all’asciugatrice (per i sefarditi). È permesso caricare il bucato nella lavatrice o nell’asciugatrice prima di Shabbat in modo che il ciclo funzioni durante Shabbat (va notato che gli Ashkenaziti sono generalmente più restrittivi per quanto riguarda questa norma ed èvietato per tutti aprire o occuparsi della lavatrice durante Shabbat).
Anche se potrebbe essere ovvio, va sottolineato che questa norma, NON SI APPLICA ALLA TELEVISIONE. E’ strettamente vietato guardare la televisione durante Shabbat (e anche durante la settimana l’abitudine di guardare la televisione è sicuramente discutibile), anche se messa in funzione da un timer, perché guardare le televisione non ha nulla a che fare con lo spirito di kedushàh che caratterizza lo Shabbat. Questo si applica anche alla radio e altri mezzi per ascoltare la musica. Se una persona è abituata a impostare la propria sveglia su di una stazione radio, deve disattivarla prima di Shabbat. È però permesso programmare una sveglia prima di Shabbat, se emette solo qualche tipo di suono e non attiva una stazione radio.

Riassumendo: si possono programmare le luci e gli elettrodomestici su di un timer in modo che si accendano e spengano a piacimento durante lo Shabbat; allo stesso modo per i sefarditi è possibile programmare la lavatrice o l’asciugatrice in modo che entrino in funzione durante Shabbat. (Gli ashkenaziti sono invece più ristrettivi per ciò che riguarda apparecchi che fanno sentire rumore) Non si può però programmare una radio, uno stereo o una televisione in modo che siano accesi durante Shabbat.


Shabbat shalom!!

  

Newsletter: Parashat Ki Tezè 5771

La parashà di Ki Tezè… in brevissima!

Alcuni degli argomenti trattati in questa parashà sono: il rapimento di una donna, il figlio ribelle, la sepoltura, restituire un oggetto perduto, quando cade un animale, i travestimenti, il nido d’uccello, i parapetti, le piantagioni miste, combinazioni proibite, la moglie diffamata, la pena per l’adulterio, gli sposi promessi, lo stupro, una ragazza non sposata, il mamzer ~ figlio illegittimo, Ammon e Moav, Edomiti e Egiziani, il campo di battaglia, la schiavitù, la prostituzione, mantenere un voto, un lavoratore della vigna, un lavoratore del campo, divorziare e risposarsi, lo sposo, il rapimento, la lebbra, garanzie per i prestiti, pagare il salario in tempo, testimonianze di parenti stretti, la vedova e l’orfano, covoni dimenticati, la frutta che avanza nel campo, cognato senza figli, pesi e misure, ricordare quello che ci ha fatto Amalek.

Dvar Torà
basato su “Growth Through Torah” di Rav Zelig Pliskin

___La Torà afferma
 Non dovrai arare con un bue e un asino (aggiogati) assimee (Devarim 22:10)

__Cosa possiamo imparare da questo verso?
Il Daat Zekenim spiega una motivazione per questo comandamento. Visto che un bue, in quanto ruminante, rimastica il suo mangime e l’asino no, l’asino soffrirebbe d’invidia nel vedere che il bue ha cibo in bocca e lui no.
__Rabbi Chaim Shmuelevitz ha commentato: questa è una grande lezione su quanta sensibilità dobbiamo avere nei confronti degli altri per evitare di farli soffrire d’invidia. Se dobbiamo stare attenti a non urtare i sentimenti degli animali, ancora di più dobbiamo stare attenti a non urtare quelli degli esseri umani. Da notare il fatto che il bue non mangia in realtà di più dell’asino, ma l’asino lo pensa solo per errore.
Bisogna stare molto attenti a non vantarsi di quello che si ha o di quello che si è fatto se gli altri potrebbero esserne invidiosi. Non si deve elogiare qualcuno in presenza di una persona che potrebbe essere invidiosa di lui.

 

Le componenti fondamentali della teshuvà

Il Rambam (Rabbi Moshè Maimonide, Spagna-Egitto, 1135-1204), nella sua opera Hilchot Teshuvà (2:1), introduce il concetto di “teshuvà ghemurà” o “pentimento completo”. Spiega che una persona può raggiungere un “pentimento completo” quando si trova di fronte alla stessa identica situazione in cui ha peccato e, nonostante provi lo stesso desiderio di peccare, riesce a controllarsi e desistere. Ciononostante, se una persona si pente solo dopo aver raggiunto l’anzianità, dopo che i suoi desideri si sono affievoliti, il suo pentirsi è accettato anche se non viene considerato come “pentimento completo”. Infatti, il Rambam enfatizza che, perfino se una persona si pente negli ultimi attimi prima di morire, la sua teshuvà è accettata.

Nel passaggio successivo, il Rambam ci presenta la definizione essenziale della teshuvà e le componenti base che tale processo comporta. Scrive che si deve “abbandonare” il peccato attraverso l’eliminazione dalla mente di tutti i pensieri ad esso riferiti e decidendo fermamente di non ripetere mai più quell’atto. Inoltre, il peccatore, deve provare un sincero e genuino rimorso per aver compiuto quell’azione sbagliata, ed esprimere a parole questi sentimenti. Il Rambam aggiunge, “…e Colui che conosce i misteri testimonierà su di lui che non lo ripeterà mai più.” A prima vista, potrebbe sembrare che il Rambam dica che, una volta che colui che ha peccato fa teshuvà, e si rammarica sinceramente per la sua azione sbagliata, il Signore, che conosce gli eventi futuri, può stabilire che non tornerà mai più sulla sua strada peccaminosa. In ogni caso, il Kesef Mishnè (commento composto da Rabbi Yosef Caro, autore dello Shulchan Aruch) spiega in modo differente, affermando che colui che ha peccato debba, se così si può dire, chiamare HaShem come testimone del fatto che si è ripromesso di non ripetere mai più il suo peccato. Colui che si pente deve essere così risoluto nella sua decisione che deve poter essere ingrado di chiamare HaShem come testimone del fatto che non ripeterà mai più ciò in cui ha sbagliato.
 Nella terza alachà, il Rambam enfatizza l’importanza e l’indispensabilità di una confessione verbale dei propri peccati e della risoluzione interna a cambiare. Scrive che se una persona confessa verbalmente quello che ha commesso di sbagliato senza fermamente decidere in cuor suo di non commettere mai più il peccato, è paragonabile a una persona che si immerge in un mikve tenendo in mano il cadavere di uno sherez (roditore). Fin quando continuerà a tenerlo in mano, esso continuerà ad essere la causa e la fonte del suo stato di impurità rituale, non potrà mai quindi conseguire la purità rituale, non importa quante volte si immerga nel mikve. Allo stesso modo, non importa quante volte una persona faccia la confessione dei peccati e dichiari di aver agito in modo sbagliato, non potrà raggiungere la teshuvà senza aver prima deciso fermamente di voler cambiare. D’altro canto, non è sufficiente per colui che ha peccato, il ripromettersi di cambiare la sua condotta senza confessarsi a parole. Il Rambam cita a questo punto la supplica di Moshè nei confronti di HaShem, dopo che il popolo aveva commesso il peccato del vitello d’oro, in cui dichiara, “Per favore, questa nazione ha commesso un grave peccato – hanno fatto un idolo d’oro” (Shemot 32:31). Da questo verso impariamo che colui che ha peccato deve confessare verbalmente e specificare quale peccato ha commesso.

Riassumendo: il processo di teshuvà comprende una confessione verbale, sincero pentimento, e la piena fermezza nel non voler più commettere il peccato. Un peccatore raggiunge il più alto livello di teshuvà quando si trova esattamente nella stessa situazione in cui ha originariamente peccato, è ancora tentato a peccare ma si astiene dal farlo. In ogni caso, anche se una persona si pente in età anziana, quando non ha lo stesso impulso di commettere il peccato, il suo pentimento è valido e accettato da HaShem.


Shabbat shalom!