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Newsletter: Parashat Mishpatim 5772


Dvar Torà

Basato su “Growth Through Torah” di Rav Zelig Pliskin

La Toràh afferma:
 “Se un uomo ruba un bue o una pecora e poi lo uccide o lo vende, egli dovrà pagare cinque buoi per un bue e quattro pecore per una pecora.” (Shemot 21:37)
Perché la punizione per aver rubato una pecora è inferiore rispetto a quella per aver rubato un bue? Quale lezione possiamo apprendere dalla cosa?
Rashi, il grande commentatore del 13° secolo, cita i Saggi del Talmud, secondo cui il motivo per cui si paga di meno per una pecora è perché bisogna portarsela sulle spalle per scappare più velocemente dopo averla rubata. Correre in pubblico con una pecora sulle spalle è imbarazzante, e l’imbarazzo è parzialmente una punizione di per sé.
Rabbi Simcha Zissel di Kelm, commenta che se perfino il leggero imbarazzo di un ladro maldestro può servire per scontare in parte la punizione, tanto più se qualcuno viene imbarazzato o umiliato mentre compie una buona azione! L’azione è più elevata e la ricompensa lo sarà ancora di più!
La nostra lezione: a seconda della pena o della difficoltà che si incontra nel compiere una mizvàh, così sarà la ricompensa. Se qualcuno ti prende in giro o denigra i tuoi sforzi per compiere una mizvàh, non focalizzarti sul dispiacere temporaneo ma sulla grandezza e l’eternità della ricompensa!

 

Aprire un ombrello di shabbat

Si può aprire un ombrello durante shabbat, o si violerebbe il divieto di costruire un “ohel” –una struttura simile a una tenda – ? Ovviamente si sta parlando di un caso in cui si trasporti l’ombrello in un’area in cui sia permesso trasportare. In sé, il fatto di aprire un ombrello, è vietato?
Questa questione ha generato diverse controversie fra le autorità alachike moderne, come riportato lungamente nel Biur Alachà (opera supplementare alla Mishnà Berurà di Rav Israel Meir Kagan, il “Chafetz Chaim”, Lituania, 1835-1933), nel siman 315. Coloro che permettono di aprire un ombrello durante shabbat, paragonano l’ombrello a un “kissè traskal”, un tipo di sedia citata nella Ghemarà che ricorda le sedie pieghevoli moderne. Secondo la Ghemarà, è possibile aprire quel tipo di sedia durante shabbat, anche se crea una sorta di “tenda” nell’area sottostante, visto che la sedia è costituita da un unico pezzo che non richiede di essere ulteriormente montato, basta semplicemente spingere il sedile verso il basso per aprirla. Lo stesso ragionamento potrebbe essere applicato all’ombrello, che per svolgere la sua funzione ha solo bisogno di essere “esteso” verso l’esterno e nessun altro tipo di passaggio.
Altri però, considerano il caso di aprire una sedia pieghevole e quello di aprire un ombrello in modo differente. La Ghemarà permette di aprire una sedia pieghevole perché il suo scopo non è quello di usarla come “ohel” (tenda) per ripararsi da qualcosa. Un ombrello però, ha la funzione specifica di proteggere dalle intemperie, svolgendo effettivamente un ruolo da “tenda”. Secondo il Nodà BeYehudà (opera di responsa di Rav Yechezkel Landau di Praga, 1713-1793), fra gli altri, è vietato aprire un ombrello di shabbat. Questa è la posizione presa dalla stragrande maggioranza delle autorità alachike recenti e contemporanee, fra cui Rabbi Moshè HaLevì, nella sua opera Menuchat Ahavà, e Chacham Ovadia Yosef, nella sua opera Yechavè Daat. Va notato che così come è vietato aprire un ombrello, è vietato anche chiuderlo.
Riassumendo: non si può aprire o chiudere un ombrello durante shabbat.

Shabbat shalom!

 Redazione, traduzione e impaginazione a cura di Angela A. Braha

  

Newsletter: Parashat Mishpatim 5771

Dvar Torah
Basato su “Growth Through Torah” di Rav Zelig Pliskin

Prima che Moshè salga sul Monte Sinai per ricevere le Tavole Della Legge, lui e settanta anziani stavano ai piedi del monte:

(Shemot 24:10) “Essi videro (una visione del) Signore di Israele: sotto i suoi piedi c’era (una cosa che) assomigliava a un selciato di mattoni di zaffiro ed era, quanto a purezza, simile al cielo stesso.”

Cosa possiamo imparare dalla loro visione?

Rashì spiega che il selciato di mattoni era in presenza dell’Onnipotente, durante il periodo in cui gli ebrei erano schiavi in Egitto, per ricordargli le loro sofferenze, in quanto, quando erano schiavi, erano obbligati a costruire con i mattoni.

Rabbi Yerucham Levovitz spiega che, quando la Torà ci parla degli Attributi Divini, lo scopo è quello di insegnarci come dovremmo imitare HaShem. Di conseguenza, possiamo imparare da qui che quando qualcun altro soffre, non è sufficiente per noi solo cercare di sentire la sua sofferenza in modo astratto, ma bisognerebbe cercare di alleviarla se possibile. Bisognerebbe inoltre compiere qualche azione concreta che ci ricordi chiaramente la sofferenza altrui senza dimenticarla e continuare come se nulla fosse nelle nostre vite.

Anche nei momenti di salvezza e gioia, è importante ricordare la sofferenza provata precedentemente. Questo aggiunge una dimensione completamente nuova alla gioia. Molte persone desiderano solo dimenticare la sofferenza quando questa è passata. L’atteggiamento più adatto è quello di ricordarsela e questo gli permetterà di apprezzare ancora di più il bene che HaShem gli manda.

Riadattamento del link: http://www.aish.com/tp/ss/ssw/114445614.html

…a proposito dello shabbat: è possibile spostare i candelabri dopo che le candele hanno finito di bruciare?

Se i candelabri di shabbat si trovano sul tavolo e si ha bisogno di fare posto per il pasto dello shabbat a pranzo, si possono togliere dal tavolo o sono da considerarsi mukze anche se la fiamma è già consumata?

Lo Shulchan Aruch (Orach Chaim 279:1) stabilisce esplicitamente che gli utensili che supportano le candele accese quando shabbat comincia, rimangono mukze per tutto lo shabbat.

In ogni caso, più avanti, nello stesso capitolo (279:4), lo Shulchan Aruch parla di una importante eccezione a questa halachà, basandosi sull’opinione del Ran (Rabbenu Nissim di Gerona, vissuto in Spagna nel 14° secolo) in massechet shabbat. Il Ran scrive che è possibile stabilire, prima di shabbat, che si ha l’intenzione di usare i candelabri una volta che la fiamma ha finito di bruciare, e questa condizione riesce a far diventare i candelabri permessi (ad essere spostati) una volta che la fiamma è bruciata. In effetti, è sufficiente dire questa specificazione una volta all’anno stabilendo che in tutti gli shabbatot dell’anno si intende usare i candelabri una volta che la fiamma è bruciata. Questa “clausola” annuale è sufficiente per permettere di muovere i candelabri dopo che la fiamma si è spenta.[In caso si voglia utilizzare questa opzione, è consigliabile decidere un periodo dell’anno in cui effettivamente esplicitare questa clausola, poiché è possibile dimenticarsene dopo un anno]

C’è comunque una significativa restrizione a questa halachà. Ossia non può essere applicata a candelabri di argento o di grande valore. Gli oggetti costosi hanno lo status halachico di “mukze mechamat chisaron kis” [oggetto che a causa del suo valore si evita di toccare affinché non si rovini], un oggetto con questo status non può essere spostato di shabbat indipendentemente da qualsiasi condizione stabilita prima. La condizione è valida solo per quanto riguarda lo stato di mukze che un oggetto riceve su di se per il fatto di supportare un fuoco quando shabbat comincia. Lo status di “mukze mechamat chisaron kis” non può essere evitato attraverso una condizione posta prima di shabbat e di conseguenza candelabri costosi non possono essere mossi sotto nessuna circostanza durante shabbat.

Riassumendo: è possibile spostare candelabri o portacandele di shabbat dopo che la fiamma si è spenta se si è posta la condizione prima di shabbat che si intende muoverli dopo che la fiamma si è spenta. È sufficiente porre questa condizione una volta all’anno per coprire tutti gli shabbatot dell’anno. In ogni caso, candelabri di argento o altri portacandele costosi non possono essere spostati anche se si era esplicitata la condizione in precedenza.

Riadattamento del link http://www.dailyhalacha.com/displayRead.asp?readID=746

Shabbat shalom umevorach!