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Newsletter: Parashat BeShallach 5772


Dvar Torà

Basato su “Growth Through Torah” di Rav Zelig Pliskin

La Torà afferma:
 “Quando il faraone mandò via il popolo, il Signore non li condusse attraverso la strada del paese dei filistei, malgrado fosse la più breve, perché il Signore disse: “Se dovessero imbattersi in una guerra il popolo potrebbe cambiare idea e tornare in Egitto”. (Shemot, cap.13 v.17)
Come è possibile che dopo tutto quello che il popolo ebraico ha sofferto in Egitto e tutti i miracoli dell’Onnipotente, voglia anche solo considerare di farvi ritorno?
Rabbi Yeuda leb Chsman commenta a proposito di questa domanda, che una persona è un misto di anima e corpo. Anche quando si è a un livello spirituale molto alto, si può cadere. Bisogna essere costantemente vigili. In un momento si può essere molto elevati, però, se si entra in panico, ci si può comportare in modo molto immaturo. Anche se gli ebrei avevano una grande consapevolezza della situazione, avrebbero potuto perdersi in un breve istante.
Questo stesso concetto della mutevolezza di una persona può dare grandi speranze, conclude Rav Yeuda Leb. Se puoi cadere velocemente, ti puoi anche riprendere molto velocemente. Non bisogna mai disperare quando ci si sente a un livello spirituale basso. Se sei sinceramente convinto di volerti innalzare spiritualmente, hai la possibilità di rimetterti istantaneamente sulla retta via.
Non perdere tempo ad autocommiserarti se senti di non essere al livello in cui vorresti. Cerca di realizzare che puoi ottenere enormi risultati in qualsiasi momento se hai la determinazione per farlo!

 

La necessità di mangiare o bere dopo aver recitato il kiddush

C’è un famoso principio alachico conosciuto come “en kiddush bemacom seudà”, che significa che non si esce dall’obbligo di recitare il kiddush di shabbat a meno che non si reciti all’interno di un pasto. Quando si recita o si ascolta il kiddush il venerdì sera o il sabato mattina, non si esce dall’obbligo del kiddush a meno che non si mangi un kezait (circa 27 grammi) di pane o di mezonot (per esempio una torta fatta con la farina), o si beva un reviit (86 cc) di vino. Se una persona ascolta il kiddush e non mangia o beve nulla, o se beve qualcosa che non sia vino o mangia dei cibi quali riso, frutta e verdura, non ha compiuto l’obbligo del kiddush. Visto che non ha compiuto la mizvà del kiddush, esce fuori che non avrebbe dovuto mangiare, perché il venerdì sera e il sabato mattina non si può mangiare prima di aver compiuto l’obbligo del kiddush.
Molte sinagoghe organizzano un kiddush o una colazione per i frequentatori dopo la tefillà di shachrit o musaf il sabato mattina. Il Rabbino generalmente recita il kiddush e beve un reviit di vino, mettendo quindi in pratica la regola di “kiddush bemacom seudà”. Gli altri che ascoltano mangeranno generalmente un kezait di pane, torte, crackers e simili, così facendo hanno compiuto l’obbligo del kiddush. In teoria, non dovranno recitare di nuovo il kiddush per quello shabbat, poiché hanno già compiuto il loro obbligo ascoltandolo al Bet HaKneset. In pratica, di solito gli uomini recitano il kiddush quando tornano a casa per il pranzo, per i membri della famiglia che non lo hanno ancora recitato. Però, loro personalmente, hanno già compiuto il proprio obbligo sentendo il kiddush al Bet HaKneset e mangiando un reviit  di pane o torte.
 Alcune persone però preferiscono non mangiare al Bet HaKneset, e dopo aver ascoltato il kiddush del rabbino bevono qualcosa o mangiano giusto qualche noce o della frutta. Questa abitudine non è corretta, poiché così facendo non compiono l’obbligo del kiddush e hanno quindi violato la proibizione di mangiare prima del kiddush. Quindi, se una persona ha in mente di non mangiare un kezait di pane, dolci o di non bere un reviit di vino, non deve mangiare e bere affatto. D’altro canto, chi organizza il kiddush deve preoccuparsi che ci sia abbastanza cibo per tutti così che possano mangiare un kezait e uscire dall’obbligo del kiddush.
Bisogna notare, che il Chacham Ovadia Yosef, in una famosa risposta pubblicata nella sua opera Yabia Omer (vol. 2, Orach Chaim 19), trova una possibile base per giustificare l’abitudine di mangiare un piccolo snack o di bere qualcosa dopo il kiddush del sabato mattina al Bet HaKneset. Scrive che questa pratica può forse essere difesa combinando due opinioni minoritarie. Numero uno, c’è un opinione fra le autorità alachiche secondo cui la regola di “en kidush ela bemacom seudà” si applica solo al kiddush del venerdì sera. Il sabato mattina, secondo questa posizione, non bisogna bere vino o mangiare dopo il kiddush per compiere l’obbligo. Inoltre, c’è un’opinione secondo cui, se colui che ha recitato il kiddush beve un reviit di vino, questo è sufficiente per tutti coloro che hanno ascoltato il kiddush, che compiono il loro obbligo senza mangiare o bere qualcosa. Anche se non seguiamo nessuna di queste opinioni, il Chacham Ovadia sostiene che possano valere come possibile giustificazione per coloro che non mangiano o bevono dopo il kiddush della mattina al Bet HaKneset. Questa abitudine è sicuramente sbagliata, ma non bisogna reclamare contro chi si comporta in questo modo, perché potrebbe esserci qualche giustificazione per farlo (a meno che non si sappia che la persona si comporta così solo perché non conosce la regola e altrimenti sarebbe contenta di applicare il comportamento più corretto).
Riassumendo: una persona che recita o ascolta il kiddush il venerdì sera o il sabato mattina deve mangiare un kezait di pane , torte o simili, o bere un reviit di vino in quello stesso luogo, altrimenti non è uscito dall’obbligo del kiddush. Quindi, una persona che ascolta il kiddush non deve mangiare o bere nulla a meno che non intenda mangiare almeno un kezait dei cibi menzionati o di bere un reviit di vino.
Shabbat shalom!!

Newsletter: Parashat Beshallach 5771

…Uno sguardo alla parashà!

Dvar Torà basato sul libro “ Crescita attraverso la Torà”

di Rabbi Zelig Pliskin

Durante i nostri 40 anni di soggiorno nel deserto, siamo stati attaccati dagli Amaleciti. Mentre la battaglia aveva luogo, Mosè stava sulla cima di una collina e alzava le mani verso il cielo. Questo ricordava al popolo ebraico di “sottomettere i propri cuori” a Kadosh Baruch ‘Hu, in modo che potranno sconfiggere Amalek. LaTorà afferma:

“E le mani di Moshè erano pesanti, (Chur e Aharon) presero una roccia, la posarono sotto di lui e lui si sedette su di essa” (Shemot 17:12)

Perché Moshè si è seduto su una roccia e non, per esempio, su un cuscino?

Rashì, il grande commentatore, ci dice che Moshè si è seduto su una roccia e non su un cuscino perché non aveva voglia di stare seduto comodamente mentre il popolo ebraico era in uno stato di pericolo e sofferenza. Voleva sentire e condividere la loro sofferenza.

Rabbi Yeruchem Levovitz ci insegna che Moshè ci sta dando una lezione rispetto a come fare per percepire la sofferenza altrui: non la si deve solo immaginare ma fare qualcosa di fisico per provarla effettivamente.

L’empatia è una caratteristica così importante che dovremmo cercare di fare ogni sforzo per cercare di capire quali siano i sentimenti altrui. Se siamo consapevoli di come una piccola scomodità ci dia fastidio possiamo avere maggiore empatia per gli altri, soprattutto coloro che bussano alla nostra porta o che ci incontrano per strada chiedendo la zedakà.

A proposito dello Shabbat!

Se la persona che recita il qiddush non può bere la quantità minima di vino richiesta.

I Gheonim (grandi chakhamim ~ saggi dell’epoca post talmudica) erano dell’opinione che quando una persona recita il qiddush di shabbat, non esca d’obbligo a meno che egli stesso beva la quantità (shiur) minima richiesta. [la maggior parte di un revi’it di vino che secondo la maggior parte dei poseqim corrisponde ad 86 cc.. Questo nel caso in cui il bicchiere contenga solo quella quantità, altrimenti a priori è necessario bere la maggior parte del contenuto del bicchiere stesso]. Anche se qualcun altro al tavolo ha sentito il qiddush e poi beve la quantità richiesta, nessuno esce d’obbligo a meno che il meqadesh stesso (persona che ha recitato il qiddush) non abbia bevuto la quantità minima richiesta.

Lo Shulchan ‘Aruch (Orach Chaim 271:14), tuttavia, non segue questo parere, ma sostiene che nonostante sia certamente preferibile che il meqadesh beva lo shiur necessario, se questo non fosse possibile, può dare a qualcun altro il bicchiere da bere. Supponendo che costui abbia sentito il qiddush, e che il meqadesh abbia avuto l’intenzione di farlo uscire d’obbligo, quella persona può bere la quantità di vino necessaria e tutti gli altri che hanno sentito il qiddush sono usciti d’obbligo.

Come fa un gruppo di persone ad uscire dall’obbligo del qiddush se nessuno può bere la quantità minima richiesta?

Lo Shulchan Aruch riporta un’opinione secondo cui un gruppo può uscire d’obbligo anche se la quantità minima richiesta è bevuta in modo collettivo, ossia che ognuno di essi beve una piccola quantità, in modo che tutti insieme arrivino a consumare la quantità necessaria. Secondo l’halakhà accettata, tuttavia, questo parere può essere fatto valere solo be'di'avad (a posteriori), ossia, se il meqadesh ha recitato il qiddush e nessuno ha bevuto uno shiur completo. In tal caso, non devono ripetere il qiddush, ma possono appoggiarsi sul fatto che hanno visto che il consumo collettivo di vino è sufficiente per compiere la mizvà. Tuttavia, non si può programmare a priori di uscire d’obbligo facendo bere un sorso ad ognuno.

Che cosa deve fare allora un gruppo che sa a priori che nessuno potrà bere la quantità di vino minima necessaria per uscire d’obbligo? Rav Moshè Halevì (Israele, 1961-2001), nella sua opera Menuhat Ahavà, scrive che in tal caso, il gruppo dovrebbe recitare il qiddush sul pane, e non sul vino. Questa opzione è halakhicamente parlando preferibile al fatto che ognuno beva solo un piccolo sorso di vino.

Riassumendo: quando qualcuno recita il qiddush di shabbat per un gruppo di persone, dovrebbe preferibilmente bere lo shiur (importo minimo richiesto), del bicchiere di vino. Se egli non è in grado di bere uno shiur, allora può incaricare qualcun altro di bere lo shiur al suo posto. Se nessuno al tavolo è in grado di bere lo shiur di vino, allora dovrebbero recitare il qiddush sul pane e non sul vino. Tuttavia, se erroneamente hanno recitato il qiddush sul vino, e ogni persona ha bevuto un piccolo sorso di vino, in modo tale che in modo collettivo abbiano bevuto l'importo minimo richiesto, sono usciti d’obbligo. Preferibilmente, però, in tal caso dovrebbero recitare il qiddush sul pane.

Shabbat shalom umevorach