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Newsletter: Taazria, Metzoràh 5772


La Parashàh… in brevissima!


La Toràh continua con le regole della purità fisica e spirituale. L’attenzione in questa Parashàh è focalizzata sulla tzaraat, una sofferenza fisica sovrannaturale mandata per avvisare la persona di smettere di parlare male degli altri. La malattia affligge progressivamente la casa, i vestiti e infine la pelle – a meno che l’individuo non corregga le sue azioni e segua il processo di purificazione descritto dalla Toràh.

Ci sono due principali tipi di trasgressione che si possono commettere parlando male degli altri: 1) Lashon HaRà (letteralmente “lingua malvagia”) dire qualcosa di negativo di VERO E REALMENTE ACCADUTO sul prossimo. 2) Rechilut (letteralmente “riportare un racconto”) – ossia dire a una persona che un’altra persona ha parlato male di lei. (Per maggiori dettagli è possibile consultare il blog http://shemirathalashon.blogspot.com/ in cui sono riassunte in italiano le norme relative a come fare per non incappare in questi peccati).

La seconda Parashàh, Metzoràh, continua a raccontare il processo di purificazione che deve attuare chi ha contratto la tzaraat, sia della persona che della casa.

 

Dvar Toràh
basato su “Love Your Neighbor” di Rav Zelig Pliskin

La Toràh scrive a proposito di chi è afflitto dalla tzaraat per aver parlato lashon harà o rechilut:

“Per tutti i giorni della piaga sarà impuro. Essendo impuro abiterà da solo e la sua dimora sarà oltre l’accampamento – il più esterno” (Vayqrà 13:46)

Cosa possiamo imparare dal versetto?

I Saggi spiegano che, chi ha parlato lashon harà e ha quindi contratto la tzaraat, ha cusato separazione fra il prossimo e fra moglie e marito, allo stesso modo la persona in questione deve separarsi dagli altri.
 Il fatto di essere in isolamento dà tempo per l’introspezione. Così da poter ricordare i matrimoni e le amicizie che a causa della sua lashon harà si sono sciolti. Stando distante dalla società, può provare su di sé l’angoscia mentale causata agli altri, quando le sue parole hanno causato ad altri di essere allontanati.
Da qui vediamo che le persone possono imparare dalle proprie esperienze le pene che gli altri sentono quando soffrono. Se qualcuno parlasse Lashon harà su di te, sicuramente non saresti contento. Tieni a mente questa sensazione ed evita quindi di parlare su di altri.

 

Le donne possono contare l’Omer??

L’obbligo di contare l’Omer rientra nella categoria delle “Mizvot Asè She’Hazman Gramà” – Mizvot che si applicano solo in un determinato lasso di tempo. Secondo l’alachàh le donne sono generalmente esentate dalle mizvot di questo tipo, e come tale, le donne sono esentate dall’obbligo di contare l’Omer. La questione è quindi se le donne possono contare l’Omer se vogliono e se eventualmente possono recitare la Berachàh relativa a questa mizvàh.
Per quanto riguarda la seconda domanda, è chiaro che le donne sefardite non possano recitare la Berachàh relativa al conteggio dell’Omer. L’uso sefardita è quello di seguire l’opinione dello Shulchan Aruch secondo cui, quando una donna sceglie di compiere una mizvàh che non sarebbe obbligata a compiere, non può recitare la Berachàh relativa alla mizvàh. Non essendo inclusa nell’obbligo, non può dire le parole “Asher Kideshanu Bemizvotav Vezzivanu” (“Che ci ha santificato con i suoi comandamenti e ci ha comandato…”). Quindi, per esempio, una donna che vuole compiere la mizvàh del lulav durante Sukkot, può farlo, ma senza recitare la Berachàh di “Al netillat lulav”, perché la donna non è obbligata a compiere questa mizvàh.
Per quanto riguarda la mizvàh della Sefirat HaOmer, alcune autorità alachike stabiliscono che le donne non dovrebbero compierla perfino senza recitare la Berachàh ad essa relativa, perché secondo la Cabalàh, questa mizvàh non ha rilevanza per le donne. Questa è l’opinione del Ben Ish Chai (Rabbi Yosef Chaim di Bagdad, 1833-1909) nella sua opera Rav Pealim, e del Kaf HaChaim (Rabbì Yaacov Chaim Sofer, 1870-1939). Il Chacham Ben Zion Abba Shaul (Israele, 1924-1998) segue la stessa posizione nella sua opera Or LeZion(vol.3).

Riassumendo: Le donne sono esentate dall’obbligo del conteggio dell’Omer, ed è preferibile che non lo contino affatto.


Shabbat shalom!!
  

Newsletter: Parashat Tazria 5771

Dvar Torà
basato su “Growth Through Torah” di Rabbi Zelig Pliskin
La Torà afferma per quanto riguarda la zaarat: “Per tutti i giorni in cui avrà su di se la lesione sarà impuro. Essendo egli impuro, abiterà da solo e la sua dimora sarà al di là dell’accampamento”. (Vaikrà 13,46)
La zaarat è una malattia fisica di origine non naturale mandata per avvisare di astenersi dal parlare male degli altri.
Perchè una persona affettà da zaarat è obbligata a risiedere al di fuori dell’accampamento?
I Nostri Maestri ci insegnano nel Talmud (Arachin 16b) che così come la persona affetta da zaarat ha causato separazione fra le persone parlando male degli altri, egli stesso deve restare separato dagli altri. Questa non è vendetta, ma un comportamento che serve per insegnare una lezione. Stare da soli comporta grande sofferenza. Tutti hanno bisogno di altre persone. Alcuni hanno grande necessità di essere contornati dagli altri, essere isolati provoca molto dolore. Quando una persona affetta da zaarat  ha parlato male di qualcuno, gli ha causato danno e isolamento dai suoi amici e famigliari. Se colui che ha parlato male, proverà in prima persona cosa significa essere isolati, la prossima volta starà più attento a come parla.
Avere persone intorno è fonte di grandi benefici, tuttavia c’è un prezzo da pagare. Amici e parenti possono comportarsi in modo irritante. Rendendosi conto che l’alternativa sarebbe quella di restare soli, si vedrebbe la cosa come un piccolo prezzo da pagare per goderne i benefici. Quando si acquista un oggetto, ci si concentra generalmente su cosa si può guadagnare dall’acquisto e non tanto sulla spesa. Allo stesso modo, concentrandosi su cosa si può guadagnare stando con gli altri si porrà meno attenzione a eventuali “comportamenti fastidiosi”. Guardando gli altri in modo positivo si vivrà molto meglio piuttosto che passare il tempo cercando strategie su come fare in modo che gli altri smettano di darci fastidio.


A proposito di pesach: la vigilia di pesach, usanze riguardanti la bruciatura del chamez, astenersi dal lavoro la vigilia di pesach

C’è l’uso di usare il lulav e le aravot del sukkot precedente per cominciare ad alimentare il fuoco con cui si brucerà il chamez alla vigilia di pesach. Alcuni inoltre, hanno l’abitudine di utilizzare gli stoppini che erano stati usati per accendere le candele di chanukkà. Il concetto che sta alla base di queste usanze è quella di riutilizzare oggetti attraverso cui precedentemente abbiamo compiuto una mizvà, per compiere una nuova mizvà.
Secondo l’alachà la vigilia di pesach è proibito compiere alcuni generi di lavori da dopo chazot. Ci sono due motivi principali su cui si basa questo divieto. In primo luogo, quando esisteva il Bet HaMikdash, la vigilia di pesach era un giorno in cui si portavano i sacrifici. Ogni ebreo faceva parte di un gruppo che offriva il korban pesach (sacrificio pasquale) nel pomeriggio della vigilia di pesach. Il Talmud riporta che nel giorno in cui si porta un sacrificio al Bet HaMikdash, bisogna astenersi dal lavoro come se fosse un giorno di festa. Pertanto, la vigilia di pesach era considerata una “sorta di giorno festivo” in cui gli ebrei si astenevano dal lavorare, in quanto in quel giorno ogni ebreo portava un sacrificio. Anche se, in assenza del Bet HaMikdash (possa presto essere ricostruito ai nostri giorni) non abbiamo la possibilità di portare sacrifici, la vigilia di pesach non ha perso il suo status di giorno di “quasi festa”.
Il secondo motivo per cui i Nostri Maestri hanno stabilito che bisogna astenersi dal lavorare nel pomeriggio della vigilia di pesach, è per essere sicuri di prepararsi in modo appropriato per la festa di pesach, compiendo azioni quali preparare le mazot, preparare gli utensili per la festa etc.
Se fosse permesso lavorare la vigilia di pesach le persone sarebbero più concentrate sul proprio lavoro piuttosto che sui preparativi per la festa.
Questo divieto si applica ad attività come cucire, rammendare gli abiti, fare il bucato e tagliarsi i capelli. Chi ha necessità di tagliare i capelli nel pomeriggio della vigilia di pesach, deve andare da un barbiere non ebreo, e non può andare da un barbiere ebreo in quanto è proibito per un ebreo tagliare i capelli a un'altra persona la vigilia di pesach. E’ permesso tagliarsi i capelli da soli e farsi la barba nel pomeriggio della vigilia di pesach.  Bisognerebbe anche lucidarsi le scarpe e tagliarsi le unghie.
Questo divieto non si applica a generi di lavoro come effettuare chiamate telefoniche e organizzare acquisti e vendite. Tali lavori sono permessi la vigilia di pesach in quanto non è a questo genere di lavoro che i Saggi si riferivano quando hanno istituito la proibizione.
Ci sono alcuni luoghi in cui il divieto di lavorare è esteso a tutto il giorno della vigilia di pesach. Nelle comunità in cui questo uso è vigente bisogna attenervisi evitando di compiere lavori proibiti durante il pomeriggio della vigilia, già dalla mattina. L’uso generale comunque, è quello di astenersi dal lavorare a partire dal pomeriggio della vigilia.
Riassumendo: c’è l’uso di accendere il fuoco con cui si brucia il chamez usando oggetti che erano stati precedentemente usati per altre mizvot  come il lulav e gli stoppini per le candele di chanukà. Bisogna evitare di compiere lavori quali rammendare e tagliarsi i capelli nel pomeriggio della vigilia di pesach. Chi volesse tagliare i capelli nel pomeriggio della vigilia può farlo andando da un barbiere non ebreo. È possibilie radersi, lucidare le scarpe, tagliarsi le unghie e svolgere attività commerciali nel pomeriggio della vigilia.

Shabbat shalom umevorach!!