La parashà di Noach… in brevissima!
La storia di un uomo giusto in una generazione malvagia. L’Onnipotente comanda a Noach (Noè) di costruirsi un’arca su una collina lontano dall’acqua. La costruisce per un periodo di oltre 120 anni. Le persone deridono Noach e gli chiedono: “Perché costruisci una barca su una collina?”. Noach gli spiega che ci sarà un diluvio se le persone non cambieranno il loro modo di comportarsi. Da questo episodio vediamo la pazienza dell’Onnipotente di aspettare che le persone cambino il proprio comportamento e l’ottima idea di risvegliare la curiosità della gente in modo da fargli porre domande e, si spera, ascoltare la risposta.
La generazione non fa teshuvà, e il Signore fa cadere un diluvio per quaranta giorni. Noach e la sua famiglia lasciano l’arca 365 giorni dopo quando la terra è di nuovo abitabile. HaShem stabilisce un patto e mette l’arcobaleno come segno del patto secondo cui non distruggerà mai più la vita attraverso l’acqua. Quando si vede l’arcobaleno è un’incitazione a fare teshuvà – a riconoscere gli errori che stai compiendo nella tua vita, correggerli, e chiedere scusa a tutti coloro nei confronti di cui ti sei comportato male, oltre che ad HaShem.
Noè pianta una vigna, si ubriaca e poi avviene il misterioso incidente nella tenda in cui Noè maledice suo nipote Canaan. La parashà si conclude con la storia della torre di Babele e poi con la genealogia che va dal figlio di Noè, Shem, fino ad Avraham.
Dvar Torà
basato su “Love Your Neighbor” di Rav Zelig Pliskin
“Allora il Signore disse a Noè: ‘è giunta fino a Me la fine di tutti gli uomini perché la terra si è colmata di violenza (chamas) a causa loro” (Bereshit 6:13).
Rabbi Yochannan dice, “Vieni, e guarda il potere della corruzione. La generazione del diluvio trasgrediva tutto, ma il decreto finale contro di loro non è stato stabilito fino a che non si sono resi colpevoli di rubare” (Talmud Bavli, Sanhedrin 108a).
Il Midrash definisce il termine chamas, che troviamo in questo verso, come rubare meno del valore di una perutà, un valore così insignificante dal punto di vista economico, che un tribunale non costringe un ladro che ha rubato solo quella cifra a restituirla. Nella generazione di Noach (Noè), quando una persona portava un sacco pieno di fagioli per venderli, qualcuno arrivava e rubava meno del valore di una perutà, poi un’altra persona faceva lo stesso, e poi un’altra ancora, alla fine alla vittima non rimaneva neppure un fagiolo e non poteva neppure accusare nessuno in tribunale (Bereshit Rabbàh 30). Questo era fatto pubblicamente e condonato.
La nostra lezione: quando vai dal fruttivendolo non mangiare l’uva senza permesso!
Stam Yenam – la severità della proibizione di bere vino dei non ebrei
Il Ben Ish Chai (Rav Yosef Chaim di Bagdad, 1833-1909), nella parashà di Balak (1), parla delle regole che riguardano la proibizione di bere “stam yenam” – vino dei non ebrei. Per enfatizzare la severità di questa proibizione, il Ben Ish Chai fa riferimento a un episodio riportato nel libro “Aiumà Kanidgalot” (p. 24) che dimostra la gravità di questa violazione e le sue possibili ripercussioni.
La storia riguarda undici prominenti rabbini che il re convoca nel suo palazzo. Il re descrive il grande rispetto e ammirazione che sente nei loro confronti, ed esprime il desiderio che i rabbini gli dimostrino reciprocamente le stesse cose. A quel punto il re gli chiede di fare una di tre cose: mangiare maiale, bere il suo vino, avere rapporti con una donna non ebrea. I rabbanim chiedono di avere tre giorni a disposizione per valutare le opzioni e arrivare a una decisione.
Tre giorni dopo, ritornano al palazzo informando il re di essere pronti a bere il suo vino. Hanno stabilito che, visto che mangiare maiale e avere relazioni con donne non ebree costituisce un divieto direttamente dalla Torà, mentre la proibizione di bere “stam yenam” è stata indetta dai Saggi e può quindi essere trattata con meno rigorosità. Fra le tre opzioni, hanno concluso, quella relativamente meno grave è quella di bere vino di un non ebreo.
Il re era felicissimo, e fa immediatamente sedere gli ospiti alla tavola rotonda girevole nella sala da pranzo reale. Ai rabbini viene servita carne kasher mentre gli altri commensali mangiano maiale. Il re ordina ai suoi servi di portare il miglior vino doc dalla cantina di corte, e irabbini lo bevono. Il vino era molto forte, così diventano leggermente brilli. Senza che lo realizzassero, il re fa girare la tavola, e così i rabbini mangiano il maiale che era nei piatti delle persone che gli sedevano accanto.
Dopo il pasto, il re dice ai rabbini, “Sarete sicuramente stanchi; abbiamo delle suite speciali qui nel palazzo, in cui potete dormire, e abbiamo portato le vostre mogli qui in modo che potrete stare con esse.”
I rabbini accettano di dormire nel palazzo, ma, nello stato intossicato in cui si trovavano gli hanno portato prostitute – non le loro mogli – nelle stanze. Hanno quindi passato la notte con queste donne non ebree.
Al mattino, hanno realizzato chi gli era stato portato nelle stanze, e il re gli mostra che la loro carne kasher della sera prima non era stata toccata, indicandogli che hanno mangiato maiale.
Loro hanno pensato che accettando di bere il vino del re avrebbero commesso il peccato meno grave fra i tre, ma come risultato della cosa, bevendo quel vino hanno infine commesso tutti e tre i peccati. Gli undici rabbini hanno accettato su di se misure di pentimento, ma sono tutti morti di una morte innaturale entro l’anno.
Questo dimostra che, anche se la proibizione di “stam yenam” è stata istituita dai Saggi, e non è una legge direttamente dalla Torà, è molto severa. Chi viola una norma di istituzione rabbinica, si espone potenzialmente alla trasgressione di molte norme della Torà. Infatti lo Zohar, commenta che chi trasgredisce la proibizione di “stam yenam” perde la sua parte nel mondo a venire, (pur essendo possibile fare teshuvà). Dobbiamo quindi essere estremamente attenti rispetto al tipo di vino che beviamo, e assicurarci che incontri tutte le qualificazioni alachiche per essere considerato kasher, così da non trasgredire questa grave proibizione.
Shabbat shalom!
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