Newsletter: Parashat Devarim 5771

La parashà di Devarim

Questa settimana cominciamo be”H l’ultimo dei cinque libri della Torà: quello di Devarim (“Parole”). Il libro è composto dalle istruzioni di Moshè prima di morire. Moshè ritorna sulla storia dei 40 anni passati nel deserto, rivede le leggi della Torà e dà rimproveri così che il popolo impari dai propri errori. Sgridare prima che si muoia è spesso la cosa più efficace, così da poter dare consigli e correggere. Chi ascolta è più motivato a fare attenzione e interiorizzare ciò che gli viene detto.
Moshè ricorda quello che è accaduto sul monte Sinai, la nomina di giudici e amministratori, la storia degli esploratori, il divieto di attaccare Edom e Moav, la sconfitta del re Sichon e Og, e come la terra dei Ghiladei sia stata donata a Reuven, Gad e metà della tribù di Menashè.

Dvar Torà
basato su “Growth Through Torah” di Rav Zelig Pliskin

Nel libro di Devarim  Moshè rimprovera il popolo dicendo, fra l’altro, questa frase:
“Nelle vostre tende avete mormorato e detto: “L’Eterno ci ha fatto uscire dall’Egitto odiandoci,  per consegnarci nelle mani dell’emoreo perché lui ci distrugga.” (Deut. 1:27)
È veramente possibile che il popolo abbia pensato che HaShem li odiasse?
Rashi, il grande commentatore, spiega il verso, descrivendoci una profonda tendenza della natura umana. Rashi ci insegna che HaShem in realtà amava il popolo ebraico, ma, visto che loro provavano odio nei Suoi confronti, hanno erroneamente percepito di essere odiati. Così come si dice: “Quello che provi per gli altri, è quello che supponi gli altri provino per te.”
Le persone hanno la forte tendenza di proiettare i loro sentimenti personali verso gli altri. Se pensi costantemente che gli altri non meritano fiducia, può voler dire che pensi che gli altri non dovrebbero fidarsi di te. Se pensi sempre che gli altri ti disapprovano, può voler dire che tu non approvi loro – o forse te stesso.
Per usare questo dato di fatto in modo positivo, se senti amore e compassione per gli altri, puoi dedurre che gli altri sentono la stessa cosa nei tuoi confronti. Non solo, il tuo comportamento e i tuoi sentimenti daranno vita allo stesso tipo di sentimenti degli altri nei tuoi confronti. Prova a sorridere a un’altra persona. Ti sentirai più disposto nei suoi confronti e lui nei tuoi!

 

Salutare durante Tisha beAv e tagliarsi i capelli, radersi e tagliarsi le unghie durante la settimana del 9 di Av.

Uno dei divieti che si applicano al 9 di Av è quello di “sheelat shalom” – salutare gli altri. Secondo l’alachà è vietato salutare un amico dicendogli “shalom alechem” o di rispondere al saluto di qualcuno con le parole “alechem hashalom”. Questo divieto è riportato dallo Shulchan Aruch (Orach Chaim 554:2).
Le autorità alachiche discutono se sia permesso estendere agli altri saluti di circostanza come “Buongiorno” e “Buonasera”. Il Chacham Ovadia Yosef stabilisce che saluti di questo genere non ricadono nella categoria di “Sheelat Shalom” e sono quindi permessi il 9 di Av. Questa è anche l’opinione del Chacham Ovadia Hadaya (1890-1969), nella sua opera Yaskil Abdi.
È permesso informarsi sullo stato di salute di qualcuno il 9 di Av, chiedendo per esempio “Come ti senti?” o “Come sta andando il digiuno?”
C’è un’alachà che si applica durante tutto l’anno secondo cui è vietato agli uomini salutare in modo amichevole le donne, poiché è considerato immodesto. È comunque permesso per un uomo augurare “Mazal tov” per congratularsi con una donna per il suo fidanzamento, per la nascita di un figlio, o per altre occasioni piacevoli. Basandosi su questa alachà, un certo numero di autorità alachiche stabiliscono che, anche durante Tisha beAv, è permesso augurare “Mazal tov” in occasione di una nascita o di un fidanzamento.
Esce fuori che secondo l’alachà stretta il divieto di “Sheelat Shalom” si applica solo rispetto al saluto di “Shalom Alechem” e non su altri tipi di saluto convenzionale. In ogni caso i Poskim scrivono che è bene astenersi il più possibile da ogni tipo di saluto sociale durante Tisha beAv e mantenere un atteggiamento cupo e composto ricordandoci che siamo in lutto per la tragedia della distruzione del Bet haMikdash.
È vietato tagliarsi i capelli dallo shabbat che precede il 9 di Av fino a dopo Tisha beAv. Il Ben Ish Chai (Rav Yosef Chaim di Bagdad, 1833-1909) stabilisce che questo si applica rispetto a tutti i peli del corpo, ed è quindi vietato radersi durante la settimana in cui cade il 9 di Av. Chi deve tagliarsi i capelli e radersi deve stare attento a farlo prima dello shabbat che precede il 9 di Av.
Il Ben Ish Chai aggiunge che similmente è vietato tagliarsi le unghie dallo shabbat che precede il 9 di Av fino a dopo Tisha beAv. In ogni caso, se ci si è dimenticati di tagliare le unghie lo shabbat che precede il 9 di Av, ed escono fuori dalla pelle delle dita, si possono tagliare anche durante la settimana in cui cade il 9 di Av. L’alachà scoraggia chi vuole farsi crescere le unghie oltre la carne delle dita poiché la tumà (l’impurità) resta attaccata alle unghie che crescono oltre quel punto. Bisogna quindi accertarsi che le proprie unghie  siano a fil di pelle e che non si estendano oltre. Questa alachà ha la prevalenza perfino sul divieto di tagliarsi le unghie durante la settimana del 9 di Av, e perciò se le unghie crescono durante quella settimana, devono essere tagliate per evitare che la tumà resti sulle unghie lunghe.
Riassumendo: è vietato porre il saluto di “shalom alechem” durante Tisha beAv. Però saluti convenzionali sono, strettamente parlando, permessi. È bene frenarsi il più possibile da saluti sociali in modo che la cupa atmosfera di questo giorno di lutto sia mantenuta. È vietato tagliarsi i capelli, radersi o tagliarsi le unghie dallo shabbat che precede il 9 di Av fino a dopo il 9 di Av. Se le proprie unghie crescono oltre la carne della dita possono essere tagliate perfino durante la settimana del 9 di Av.
Riadattamento del link:
Shabbat shalom!

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