Dvar Torà
Basato su “Growth Through Torah” di Rav Zelig Pliskin
La Toràh afferma:
“Allora il Sacerdote ordinerà di prendere per la persona da purificare, due uccelli vivi e puri, un ramo di cedro, un filo di lana scarlatta e dell’issopo. (Vaikrà 14:4)
Quale lezione impariamo da questo verso?
Rashi, il grande commentatore, cita i Saggi che dicono che il cedro simboleggia l’arroganza (un albero di cedro è chiamato “alto e fiero”). La zaraat ha origine dall’arroganza e dal disprezzo per gli altri che fanno si che la persona sia portata a parlarne male.
Il Chafez Chaim commenta che chi parla male degli altri considera se stesso superiore e di conseguenza si prende il diritto di dire cose negative su chi lo circonda. Se fosse consapevole dei suoi difetti e limiti non cercherebbe di sottolineare quelli degli altri.
Quale è la cura? Bisogna lavorare sul rafforzamento dell’umiltà, che è simboleggiata dalla porpora che è prodotta da un mollusco e dall’issopo che è un piccolo cespuglio (i due uccelli vivi che cinguettano simboleggiano il chiacchierio e il pettegolezzo).
La nostra lezione: cercare di essere più consapevoli dei nostri difetti e limiti piuttosto che concentrarci su quelli degli altri
…a proposito di pesach: il digiuno dei primogeniti!
Lo Shulchan Aruch riporta l’uso del “taanit bechorot”, il digiuno dei primogeniti (sia che siano primogeniti da parte materna o da parte paterna), la vigilia di pesach. Questo digiuno ricorda la “makat bechorot”, l’ultima delle dici piaghe in cui sono stati colpiti i primogeniti egiziani, da cui i primogeniti ebrei sono stati risparmiati. L’uso comune è che solo i primogeniti maschi digiunino.
Dal momento che questo digiuno non è richiesto secondo l’alachà stretta, e si osserva solo come minag (usanza), unito al fatto che la vigilia di pesach è solitamente una giornata molto intensa, i Nostri Maestri lo trattano con maggiore indulgenza rispetto agli altri digiuni. Quindi, se il primogenito partecipa a una seudat mizvà (un pasto che costituisce una mizvà) di qualsiasi tipo, è esentato dal digiunare. Esempi di seudat mizvà sono costituiti da seudot che seguono un brit milà, un pidion haben e un bar mizvà nella data ebraica in cui il ragazzo compie 13 anni. Di solito nella maggior parte delle comunità c’è qualcuno che completa lo studio di una massechet (trattato talmudico) festeggiando quindi con un sium la vigilia di pesach, in modo che i primogeniti della comunità possano partecipare alla celebrazione ed essere quindi esentati dal digiunare.
Si deve notare che la persona deve avere effettivamente studiato la massechet; il pasto non è considerato una seudat mizvà se ha solo letto le parole senza capire di cosa si trattava. Inoltre, il primogenito non è esentato dal digiuno a meno che non ascolti la persona mentre legge e spiega la frase finale della massechet. Deve essere presente quando si legge l’ultima frase e capire cosa viene detto. Alcuni sbagliano pensando che il cibo servito durante il sium abbia uno status speciale per cui basta semplicemente assaggiarlo per essere esentati dal digiuno. Questo non è vero, sono esentati solo coloro che partecipano e ascoltano la fine della massechet.
Anche completando uno dei sei sedarim della Mishnà con il commento di Rabbenu Ovadia di Bartenura si può fare una seudat mizvà, e questa celebrazione esenta i primogeniti dal dover digiunare.
Un primogenito che non partecipa a una seudat mizvà deve digiunare per tutto il giorno fino al seder. I primogeniti devono quindi accertarsi di avere modo di partecipare a una seudat mizvà.
Primogeniti malati o deboli non sono tenuti a digiunare anche se non partecipano a una seudat mizvà.
E’ consuetudine che chi abbia un primogenito maschio lo porti al Tempio per ascoltare il sium il giorno della vigilia di pesach, se il bambino è grande abbastanza da capire, anche se non ha ancora superato l’età del bar mizvà. Se è troppo difficoltoso per il bambino venire al Tempio non è tenuto a farlo ma il padre dovrebbe partecipare al sium al posto del figlio.
Nel libro “Shaarè Ora” viene data una suggestiva interpretazione del perché il miracolo dei primogeniti in Egitto venga commemorato specificatamente con un digiuno. A prima vista, avremmo detto che un miracolo vada celebrato con una qualche forma di manifestazione gioiosa e non con un digiuno! Lo Shaarè Ora spiega che quando Moshè ha annunciato che HaShem avrebbe mandato una piaga per colpire i primogeniti egiziani, i primogeniti ebrei erano molto spaventati e preoccupati. I Nostri Maestri ci insegnano che i Figli d’Israele adoravano gli idoli durante il periodo in cui erano in Egitto e quindi i primogeniti ebrei non avevano abbastanza meriti per essere salvati. Il giorno prima della piaga, i primogeniti ebrei hanno digiunato e si sono pentiti con la speranza di guadagnare compassione Divina e essere risparmiati dalla piaga che avrebbe colpito di lì a poco gli egiziani.
I primogeniti osservano un digiuno la vigilia di pesach come parte dei nostri sforzi di ricostruire e rivivere le esperienze dei nostri avi in Egitto. Durante pesach abbiamo l’obbligo, non solo di parlare a proposito di quello che è successo in Egitto, ma di riviverlo, come è detto nell’aggadà: “Una persona deve considerarsi come se essa stessa abbia lasciato l’Egitto”. L’usanza è quella quindi che i primogeniti devono digiunare la vigilia di pesach così come i loro antenati hanno digiunato.
Riassumendo: il primogeniti maschi (sia da parte di madre che da parte di padre) devono digiunare la vigilia di pesach, ma si può evitare partecipando a una seudat mizvà o a un sium la mattina della vigilia. Il primogenito deve partecipare personalmente, ascoltare e capire la frase finale della massechet. È uso che i padri di figli primogeniti che non sono ancora arrivati all’età del bar mizvà portino i loro figli per partecipare al sium oppure devono partecipare al posto loro.
Rielaborazione del link: http://www.dailyhalacha.com/displayRead.asp?readID=244
Shabbat shalom!!
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