Newsletter: Parashat Acharè Mot 5771

Dvar Torà
basato su “Growth Through Torah” di Rav Zelig Pliskin

La Torà afferma: “Ama il prossimo tuo come te stesso, Io sono il Signore” (Vaikrà 19:18)
Cosa significa?
Il Rambam, Moshè Maimonide, scrive: “Siamo obbligati ad amare ogni singolo ebreo come noi stessi, come afferma la Torà ‘Ama il tuo prossimo come te stesso’. Di conseguenza dobbiamo lodare gli altri e dobbiamo preoccuparci per il loro denaro così come ci preoccupiamo per il nostro e per la nostra dignità. Chiunque tragga onore dall’umiliare qualcun altro, perde il suo posto nel mondo futuro (Hilchot Deot 6:3)
Il comandamento di amare il prossimo può essere eseguito sempre, in ogni secondo della giornata. Qualsiasi favore o gentilezza si compia nei confronti di qualcuno può essere considerato come compimento di questa mizvà (a condizione che si abbia l’intenzione di compierla). In ogni caso questo comandamento può essere eseguito anche attraverso il pensiero.
Quando si è felici per qualcosa di buono che accade a un’altra persona, questo costituisce un atto di amore. Per esempio, se si sente che qualcuno ha appena dato alla luce un bambino e si è contenti, si compie questa mizvà.
Lo stesso vale quando accade qualcosa di negativo. Se ti senti triste a causa della sua sofferenza, stai compiendo una mizvà. Eseguendo questo comandamento appropriatamente si possono accumulare migliaia su migliaia di mizvot. (Yesod VeShoresh HaAvodà 1:7-8)
La difficoltà nell’adempiere questo comandamento consiste nel fatto che la maggior parte delle persone sono inclini ad essere gelose degli altri. Quando sentono che le cose vanno bene per qualcun altro si crea in loro gelosia e questo gli impedisce di essere felici.
Quindi è molto importante lavorare per aggiustare questa inclinazione caratteriale. Un altro importante fattore che permette di amare gli altri è quello di giudicarli in modo favorevole. In mancanza di questa abilità, non si è in grado di provare amore completo nei confronti del prossimo, ma questo costituisce un tema a se.

… a proposito di pesach: mangiare mazà venuta a contatto con sostanze liquide e la “mazà shemurà”

La Mishnà Berurà (composta da Rav Israel Meir Kagan di Radin, 1839 – 1933) parla a proposito dell’uso osservato da alcune comunità di non mangiare, durante pesach, mazà che sia venuta a contatto con qualsiasi tipo di liquido. Chi osserva questo uso non può mischiare la mazà con acqua o uova e simili. Il motivo che sta dietro a questo uso è che si teme che una parte dell’impasto che costituisce la mazà non sia stato ben cotto e, se dell’impasto crudo viene a contatto con del liquido, può diventare chamez.
La Mishnà Berurà scrive che, seppure non si dovrebbe deridere coloro che osservano questo uso, in realtà non ha alcuna base alachica. Dice che non si sospetta che un prodotto sia vietato a meno che non ci sia una buona ragione per farlo. Se la mazà è stata cotta in una fabbrica in cui si è stati attenti a tutte le procedure richieste dall’alachà, non c’è motivo di sospettare che siano rimaste delle parti di impasto crude. Questo in particolare per quanto riguarda le mazot dei nostri giorni che sono dure come crackers e quasi bruciate. È altamente improbabile che la mazà di oggi abbia dell’impasto non cotto a sufficienza. Anni fa la mazà era più spessa e morbida e c’era forse posto per sospettare. Oggi tuttavia, questa preoccupazione è del tutto infondata e quindi l’uso comune è quello di mangiare e cucinare la mazà mischiata in qualsiasi liquido si voglia. Ovviamente bisogna accertarsi che la mazà che si mangia sia stata cotta e seguita da mashghichim affidabili e che sia timbrata come “kasher lepesach”
La sera del seder bisogna mangiare mazà che, non solo sia kasher lepesach, ma che sia anche etichettata come “shemurà mishaat hakezirà”. Questo significa che l’intero processo, a partire dalla mietitura del grano, è stato compiuto con l’intento di compiere la mizvà e sotto supervisione continua. A rigor di termini, l’obbligo di usare specificatamente “mazà shmurà” si applica solo durante il seder. Tuttavia, dicono a nome del Gaon di Vilna (Rabbì Eliau di Vilna, 1720 – 1797) che mangiare “mazà shemurà” durante tutta la festa di pesach sia una mizvà deoraita (direttamente dalla Torà). Ci sono quindi alcune persone che mangiano “mazà shemurà” durante tutto pesach per  eseguire la mizvà al meglio anche secondo l’opinione del Gaon di Vilna.  Rav Aharon Kotler, il rinomato fondatore e Rosh Yeshivà di Lakewood, insisteva affinchè fosse servita “mazà shemurà” ai suoi studenti durante tutto pesach, nonostante il costo di quest’ultima fosse superiore rispetto alla semplice mazà “kasher lepesach”. Secondo lui, se il Gaon di Vilna considerava una mizvà deoraita quella di mangiare mazà shemurà per tutto il periodo di pesach, allora vale la pena seguire questa pratica. Pertanto è buona cosa mangiare mazà shemurà per tutta la durata di pesach, ma come detto sopra, questo non è strettamente richiesto dall’alachà
Riassumendo: anche se alcune comunità hanno l’abitudine di non mangiare mazà che sia venuta a contatto con delle sostanze liquide, secondo l’alachà è permesso. La sera del seder bisogna mangiare mazà etichettata come “shemurà mishaat hakezirà”. Alcuni hanno l’uso di mangiare solo “mazà shemurà” per tutta la durata della festa.

Shabbat shalom umevorach!!

  

Nessun commento:

Posta un commento