Newsletter: Acharè Mot, Kedoshim


La Parashàh… in brevissima!

Nella Parashàh di Acharè Mot si parla del servizio di Yom Kippur in cui il Cohen Gadol tirava a sorte due capre – una da sacrificare, l’altra doveva essere portata in un luogo chiamato “Azazel” dopo che il Cohen Gadol aveva confessato sulla sua testa i peccati di tutto il popolo.
La capra che veniva mandata all’Azazel, portava via simbolicamente tutti i peccati del popolo.
La Toràh poi procede descrivendo alcuni rapporti proibiti – con chi è vietato sposarsi o avere relazioni.
La Parashàh di Kedoshim fa appello al popolo ebraico di essere santo. Prosegue poi con le “istruzioni spirituali” per come arrivare ad essere santi e vicini ad HaShem. All’interno di questa Parashàh troviamo il segreto e la ricetta per la continuità ebraica. Se qualsiasi gruppo di persone vuole sopravvivere come etnia, deve avere valori e scopi comuni. Analizzando questa Parashàh possiamo apprendere molto riguardo al nostro futuro come singoli e come nazione.

Dvar Toràh

basato su “Growth throught Toràh” di Rav Zelig Pliskin

La Toràh afferma:
“Voi seguirete i Miei precetti e osserverete i Miei decreti per procedere con essi” (Vaikrà 18:4)
Cosa significa “procedere con essi”?
Il Ctav Sofer, un famoso Rav ungherese, ha spiegato che le parole “procedere con essi” significano che una persona deve “procedere” da un livello all’altro. Una persona deve crescere ed elevarsi in modo costante.
Non è sufficiente restare allo stesso livello del giorno precedente. Ogni giorno bisogna arrampicarsi più in alto del giorno precedente. Quando la vita ci sorprende con una nuova prova difficile, possiamo non apprezzarla, ma l’unico modo per elevarsi è quello di superare sempre nuove prove. Dobbiamo guardare a ogni prova come a un’occasione per elevarsi applicando gli appropriati principi della Toràh. Al termino di ogni giorno dobbiamo chiederci: “Cosa ho fatto oggi per elevarmi un po’ più in alto?”
Se non hai la risposta devi chiederti: “Cosa posso fare domani per elevarmi?”

 

Sefirat HaOmer – si può uscire d’obbligo sentendo il conteggio del Chazan?

I Rishonim (autorità alachike medioevali) hanno dibattuto il tema se una persona può uscire dall’obbligo del conteggio dell’Omer ascoltando il Chazan. Il famoso principio alachiko dello “shomea keonè” stabilisce che una persona può uscire dall’obbligo di recitare un certo testo, sentendo la recitazione di qualcun altro. A patto che entrambe le parti – la persona che recita il testo e colui che ascolta – abbiano in mente che chi ascolta esce d’obbligo sentendo la recitazione. Allo stesso modo quindi, se quando il Chazan conta l’Omer ha in mente di fare uscire dall’obbligo coloro che ascoltano, chi vuole compiere la mizvàh ascoltando il Chazan, può farlo.
Alcuni Rishonim però, sostenevano che la mizvàh di contare l’Omer costituisce un’eccezione rispetto alla regola di “shomea keonè”. La Toràh ci parla dell’obbligo di contare l’Omer con l’espressione: “Usfartem Lachem” (“E conterete per voi stessi” – Vaikrà 23:15) riferendosi quindi a un obbligo personale, così come la mizvàh del Lulav durante Sukkot. Se così, ognuno deve contare l’Omer singolarmente, così come ognuno deve prendersi un Lulav. Le parole “Lachem” (“Per voi stessi”) riportate dal verso, indicano che ognuno deve contare per se stesso, e non uscire d’obbligo sentendo il conteggio di qualcun altro.
Altri Rishonim invece, sostengono che la parola “Lachem” significa qualcosa di completamente diverso. Avremmo potuto pensare che la mizvàh di contare l’Omer ricada solo sul Bet Din, che dovrebbe contare i giorni fino a Shavuot per conto degli altri Benè Israel. La parola “Lachem” è stata quindi aggiunta per indicare che ogni persona ha questo obbligo. Anche secondo questa opinione però, il principio di “Shomea KeOnè” non è applicabile.
Alla luce di questo dibattito, è bene che ognuno conti l’Omer singolarmente, anziché uscire d’obbligo con il conteggio del Chazan. Bisogna sottolineare che il Chazan conta ad alta voce non per far uscire d’obbligo i presenti, ma per rendere noto a tutti di  quale giorno dell’Omer sia. È molto interessante che l’uso della comunità egiziana era quello che il pubblico recitasse il conteggio dell’Omer prima del Chazan, così da evitare equivoci sull’uscire dall’obbligocon il conteggio del Chazan. Questo uso è stato cambiato però, perché le persone sbagliavano spesso a contare il giorno. In ogni caso, bisogna fare attenzione a contare l’Omer personalmente e non uscire d’obbligo col conteggio del Chazan.
Riassumendo: bisogna contare l’Omer personalmente, il Chazan abitualmente conta l’Omer ad alta voce per informare i presenti di quale giorno debbano contare e non per farli uscire d’obbligo con il suo conteggio.

Shabbat shalom!!
  

Newsletter: Taazria, Metzoràh 5772


La Parashàh… in brevissima!


La Toràh continua con le regole della purità fisica e spirituale. L’attenzione in questa Parashàh è focalizzata sulla tzaraat, una sofferenza fisica sovrannaturale mandata per avvisare la persona di smettere di parlare male degli altri. La malattia affligge progressivamente la casa, i vestiti e infine la pelle – a meno che l’individuo non corregga le sue azioni e segua il processo di purificazione descritto dalla Toràh.

Ci sono due principali tipi di trasgressione che si possono commettere parlando male degli altri: 1) Lashon HaRà (letteralmente “lingua malvagia”) dire qualcosa di negativo di VERO E REALMENTE ACCADUTO sul prossimo. 2) Rechilut (letteralmente “riportare un racconto”) – ossia dire a una persona che un’altra persona ha parlato male di lei. (Per maggiori dettagli è possibile consultare il blog http://shemirathalashon.blogspot.com/ in cui sono riassunte in italiano le norme relative a come fare per non incappare in questi peccati).

La seconda Parashàh, Metzoràh, continua a raccontare il processo di purificazione che deve attuare chi ha contratto la tzaraat, sia della persona che della casa.

 

Dvar Toràh
basato su “Love Your Neighbor” di Rav Zelig Pliskin

La Toràh scrive a proposito di chi è afflitto dalla tzaraat per aver parlato lashon harà o rechilut:

“Per tutti i giorni della piaga sarà impuro. Essendo impuro abiterà da solo e la sua dimora sarà oltre l’accampamento – il più esterno” (Vayqrà 13:46)

Cosa possiamo imparare dal versetto?

I Saggi spiegano che, chi ha parlato lashon harà e ha quindi contratto la tzaraat, ha cusato separazione fra il prossimo e fra moglie e marito, allo stesso modo la persona in questione deve separarsi dagli altri.
 Il fatto di essere in isolamento dà tempo per l’introspezione. Così da poter ricordare i matrimoni e le amicizie che a causa della sua lashon harà si sono sciolti. Stando distante dalla società, può provare su di sé l’angoscia mentale causata agli altri, quando le sue parole hanno causato ad altri di essere allontanati.
Da qui vediamo che le persone possono imparare dalle proprie esperienze le pene che gli altri sentono quando soffrono. Se qualcuno parlasse Lashon harà su di te, sicuramente non saresti contento. Tieni a mente questa sensazione ed evita quindi di parlare su di altri.

 

Le donne possono contare l’Omer??

L’obbligo di contare l’Omer rientra nella categoria delle “Mizvot Asè She’Hazman Gramà” – Mizvot che si applicano solo in un determinato lasso di tempo. Secondo l’alachàh le donne sono generalmente esentate dalle mizvot di questo tipo, e come tale, le donne sono esentate dall’obbligo di contare l’Omer. La questione è quindi se le donne possono contare l’Omer se vogliono e se eventualmente possono recitare la Berachàh relativa a questa mizvàh.
Per quanto riguarda la seconda domanda, è chiaro che le donne sefardite non possano recitare la Berachàh relativa al conteggio dell’Omer. L’uso sefardita è quello di seguire l’opinione dello Shulchan Aruch secondo cui, quando una donna sceglie di compiere una mizvàh che non sarebbe obbligata a compiere, non può recitare la Berachàh relativa alla mizvàh. Non essendo inclusa nell’obbligo, non può dire le parole “Asher Kideshanu Bemizvotav Vezzivanu” (“Che ci ha santificato con i suoi comandamenti e ci ha comandato…”). Quindi, per esempio, una donna che vuole compiere la mizvàh del lulav durante Sukkot, può farlo, ma senza recitare la Berachàh di “Al netillat lulav”, perché la donna non è obbligata a compiere questa mizvàh.
Per quanto riguarda la mizvàh della Sefirat HaOmer, alcune autorità alachike stabiliscono che le donne non dovrebbero compierla perfino senza recitare la Berachàh ad essa relativa, perché secondo la Cabalàh, questa mizvàh non ha rilevanza per le donne. Questa è l’opinione del Ben Ish Chai (Rabbi Yosef Chaim di Bagdad, 1833-1909) nella sua opera Rav Pealim, e del Kaf HaChaim (Rabbì Yaacov Chaim Sofer, 1870-1939). Il Chacham Ben Zion Abba Shaul (Israele, 1924-1998) segue la stessa posizione nella sua opera Or LeZion(vol.3).

Riassumendo: Le donne sono esentate dall’obbligo del conteggio dell’Omer, ed è preferibile che non lo contino affatto.


Shabbat shalom!!
  

Newsletter: Sheminì 5772


La Parashàh in breve

Alla conclusione dei sette giorni d’inaugurazione del Mishkan (Tabernacolo), Aharon, il Cohen Gadol, porta dei sacrifici per se stesso e per tutto il popolo. Nadav e Avihu, figli di Aharon, portano un incenso non richiesto di loro iniziativa e vengono consumati da un fuoco celeste (probabilmente è l’unica volta che una persona fa qualcosa di sbagliato e viene subito colpito da “un fulmine”)
I Cohanim ricevono il comando di non fare alcun servizio se ebbri. Il Servizio inaugurale è completo. HaShem specifica quindi le specie di animali che sono kasher ~ adatte ad essere mangiate secondo la Toràh: mammiferi (che hanno zoccolo fesso e sono considerabili ruminanti), pesci (che hanno pinne e squame), uccelli (alcune categorie di uccelli non predatori) e alcune specie di locuste. La Parashà si conclude con le leggi dell’impurità derivate da carcasse di alcuni animali.

Dvar Torà

Basato su “Love Your Neighbor” di Rav Zelig Pliskin


La Toràh dice:
“E queste sono le specie da considerarsi come abominevoli tra gli uccelli, che non si possono mangiare essendo ripugnanti … e la cicogna” (Vaikrà 11:13, 19)
Il Talmud (Chulin 63°) spiega che il nome ebraico della cicogna bianca è “chasida”, perché si comporta con benevolenza, çhesed, con i suoi amici.
Il Ramban, Rabbenu Moshè Ben Nachman (Nachmanide), un grande commentatore della Toràh, scrive che gli uccelli elencati in questo brano sono vietati al consumo a causa della loro crudeltà. Perché quindi la cicogna è considerata “ripugnanti” e un “abominio”? Dovrebbe anzi essere permessa in base alla sua benevolenza.
Il Chiddushè HaRim risponde: la cicogna fa favori SOLO con i suoi amici. Finchè non fa chesed ~ atti di bontà con stranieri è considerata non kasher. Il çhesed dev’essere applicata con chiunque e non solo con gli amici!

 

Alcuni motivi per la mizvàh del conteggio dell’Omer; lo status della mizvàh ai nostri giorni

La Toràh comincia a parlare della Mitzvàh della “Sefirat HaOmer” nel libro di Vaikrà (cap. 23, verso 15): “Dal giorno successivo Shabbat (ossia il giorno in cui si riposa dalle melakhot ~ attività lavorative), dal giorno in cui porterete l’Omer come offerta da sollevarsi, conterete per voi stessi sette settimane complete.”
I Chachamim spiegano che “il giorno dopo Shabbat” si riferisce al giorno successivo il primo giorno di Pesach. La Toràh chiama infatti anche i giorni di Yom Tov con il termine “Shabbat”, essendo anch’essi giorni in cui ci si riposa dall’effettuare melakhàh ~ attività lavorativa. Quindi il versetto si riferisce al secondo giorno di Pesach, il giorno successivo al primo giorno di Yom Tov di Pesach. Da quel giorno si comincia a contare ogni singolo giorno per sette settimane (quarantanove giorni).
Lo Shibolè HaLechet (opera alachika del romano Rabbì Zidkiàh Ben Avraham, 1230-1300) cita (nel siman 236) un passo tratto dal Midrash in cui viene detto che quando i Figli D’Israel lasciano l’Egitto, Moshè li informa che fra cinquanta giorni avrebbero ricevuto la Toràh. Moshè ricava questa informazione la prima volta in cui parla con HaShem nell’episodio del Roveto Ardente. HaShem dice: “Quando prenderai il popolo dall’Egitto, servirete HaShem su questa montagna” (Shemot 3:12). La parola “Taavdun” (servirete) è apparentemente scritta con una “nun” superflua. La lettera “nun” ha il valore numerico di cinquanta. HaShem quindi allude a Moshè che cinquanta giorno dopo l’uscita degli ebrei dall’Egitto arriveranno al Monte Sinai, per ricevere la Toràh. Il popolo ebraico reagisce a questa informazione con molto entusiasmo, contando ogni giorno dopo l’Esodo, ansiosi di ricevere la Toràh. HaShem quindi ci comanda di commemorare il loro entusiasmo contando ogni anno i giorni che vanno dal secondo giorno di Pesach fino alla festa di Shavuot, che celebra la ricezione della Toràh.
Secondo la maggior parte delle autorità alachike, fra cui lo Shulchan Aruch (Orach chaim 489), l’obbligo di contare l’omer oggigiorno è miderabbanan. Perché la Toràh collega il conteggio dell’Omer all’offerta portata il 16 di Nissan (“Conterai… dal giorno in cui porti l’Omer”), l’obbligo della Toràh si applica solo quando esisteva il Bet HaMikdash (sia presto ricostruito ai nostri giorni). Senza il Bet HaMikdash, l’obbligo della Toràh non è più applicabile, e dobbiamo compiere la mizvàh di contare l’Omer a livello rabbinico.
Riadattamento del link: http://www.dailyhalacha.com/

Shabbat shalom 

Newsletter: Zav 5772


Riassunto della Parashàh

Questa settimana la Parashà tratta delle leggi del Korban Ola (ossia il sacrificio che viene bruciato totalmente), delle Menachot (ossia offerte farinacee), le offerte del Cohen Gadol, del Korban Chattat (ossia sacrifici d’espiazione per i peccati involontari), del Korban Asham (ossia sacrifici di espiazione per peccati particolari commessi volontariamente), e del Korban Todà (ossia sacrifici di ringraziamento). La Parashà conclude raccontando i sacrifici che vengono assegnati ai sacerdoti e la cerimonia di insediamento del sacerdote per servire nel Santuario.

 

E' possibile mangiare la vigilia di Pesach prima del Seder?


295. Mangiare la vigilia di Pesach. Dalla decima ora Zemanit della vigilia di Pesach è vietato mangiare affinché mangi la Matzàh della sera del Seder con appetito. Questo divieto si applica principalmente sulla Matzàh cucinata oppure sulla Matzàh ‘ashiràh [ossia una matzàh non fatta da sola acqua e farina] in un volume pari a KaBetzàh. Mangiare meno di KaBetzàh, secondo la regola stretta è permesso, ma non si faciliti a meno che non sia strettamente necessario.(cfr. Torat HaMo’adim 13 :1)

296. 
Mangiare frutta e verdura. In base alla norma stretta è permesso mangiare carne, frutta e verdura in questo lasso di tempo, a condizione che stia attento a non riempirsi lo stomaco. Ciò perché è necessario mangiare la Matzàh con appetito. (Torat HaMo’adim 13:1)
 297. Inappetente. Una persona inappetente, che sa che quando mando mangia la vigilia di Pesach non riesce più a mangiare Matzàh e Maror con appetito oppure non riesce a bere i Quattro Bicchieri di vino, deve digiunare la vigilia di Pesach. (Torat HaMo’adim 13:1)
Articolo tratto da  http://deroryqra.blogspot.com/2012/03/e-possibile-mangiare-la-vigilia-di.html sotto concessione dell’autore

Newsletter: Vaikràh 5772


Dvar Torà

Basato su “Love Your Neighbor” di Rabbi Zelig Pliskin

La Toràh afferma:
 “Se chi ha peccato fosse una persona del popolo cha abbia involontariamente eseguito uno dei precetti dell’Eterno che non doveva essere compiuto, e sia (pertanto) divenuto colpevole, oppure (se in un tempo successivo all’atto stesso) gli è stato reso noto il peccato che ha commesso, (allora) per il peccato che ha commesso dovrà portare come sua offerta una capretta femmina senza imperfezioni.” (Vaikrà 4:27-28)
Non avendo al giorno d’oggi il Bet HaMikdash che ci permette di espiare le nostre trasgressioni, cos’altro possiamo fare per espiarle?
Rabbi Yochannan stava passeggiando lungo la periferia di Yerushalaim e Rabbi Yeoshua lo seguiva. Vedendo le rovine del Bet HaMikdash, Rabbi Yeoshua ha detto: “Guai a noi. Il luogo che espiava per i nostri peccati è stato distrutto.”
 “Figlio mio,” ha detto Rabbi Yochannan, “Abbiamo un altro mezzo di espiazione che può essere paragonato al Bet HaMikdash: il chesed (compiere atti di bontà). Come è detto: “Benevolenza è quello che Io voglio, e non sacrifici (Hoshaia 6:6).” (Avot DeRabbì Natan, cap. 4)
L’espiazione dipende da quanto la persona si rammarica per ciò che ha fatto, chiede scusa e chiede verbalmente all’Onnipotente di accettare la sua richiesta di perdono. Forse, compiere atti di bontà aiuta il singolo a concentrarsi  in modo più generale sul suo rapporto col mondo e con l’Onnipotente, entrando in uno stato in cui è in grado di esaminare i propri errori e ripararli.

La mizvàh di raccontare l’uscita dall’Egitto ai propri figli

La mizvàh di raccontare la storia dell’uscita degli ebrei dall’Egitto la sera di Pesach, è riportata nella Toràh con le seguenti parole: “Veigadeta lebinchàh” – “La racconterai a tuo figlio” (Shemot 13:8), e quindi l’obbligo fondamentale è quello di raccontare quanto accadutoai propri figli. I propri figli di conseguenza, devono sedersi accanto al padre la sera del Seder. Molte famiglie usano sistemare la tavola in modo che i bambini siedano alla fine e gli ospiti e i parenti siedano accanto al capofamiglia. La cosa migliore è che i bambini siedano accanto ai propri genitori, così che possano raccontargli la storia dell’uscita dell’Egitto.
Chi non ha figli, compie la mizvàh raccontando la storia dell’uscita dall’Egitto ai commensali o perfino a se stesso. Quando la Toràh dice “La racconterai a tuo figlio”, si riferisce al modo migliore di compiere la mizvàh, il livello base si compie anche raccontandola a se stessi. Per questo motivo non è strettamente necessario passare la sera del Seder con i propri genitori. Infatti, in molti luoghi c’è l’uso che le coppie sposate passino al prima sera con i genitori da una parte e la seconda sera con i genitori dall’altra. Questo uso è accettabile perchè la mizvàh di raccontare dell’uscita dall’Egitto la sera di Pesach può essere compiuta (a livello inferiore) pur non raccontandola ai propri figli.
Riassumendo: l’obbligo principale di raccontare la storia dell’uscita dall’Egitto consiste nel raccontarla ai propri figli, di conseguenza i bambini dovrebbero sedere accanto ai genitori la sera del Seder. In ogni caso, la mizvàh può essere compiuta anche raccontando dell’uscita dall’Egitto a se stessi e non ai propri figli.

Shabbat shalom!








  

Newsletter: Vayakel - Pekudè 5772


Dvar Torà

basato su “Love Your Neighbor” di Rabbi Zelig Pliskin

La Toràh afferma
 “Non accendere un fuoco di Shabbat” (Shemot 35:3).

Oltre al significato letterale, che lezione di vita possiamo imparare dal verso?

Lo Shlà (un acronimo che sta per il titolo del suo commento Shnè Luchot HaBrit – le Due Tavole del Patto) scrive che questo verso allude al fuoco della rabbia e della disputa.

Rabbì Eliahu Lopian scrive che “idealmente una persona non dovrebbe mai arrabbiarsi, una persona che nonostante tutto si sente arrabbiata, dovrebbe almeno cercare di evitare di esprimersi in modo incollerito. Il venerdì, per cercare di sbrigarsi a finire i preparativi per lo Shabbat in tempo, una persona tende ad essere irascibile.

Di Shabbat, quando tutta la famiglia siede insieme a tavola, i genitori può capitare che tendano ad arrabbiarsi con i figli piccoli perché non si comportano bene. Quindi, specialmente durante Shabbat, bisogna prestare particolare attenzione a non arrabbiarsi”.

Trenta giorni prima di Pesach

A partire da trenta giorni prima di Pesach, bisogna fare attenzione ad evitare che il chametz si attacchi a qualcosa ed sia poi difficile da eliminare prima di Pesach. Anche se non c’è l’obbligo di sbarazzarsi del chametz trenta giorni prima di Pesach, è bene cominciare a fare attenzione a come viene gestito il chametz per riuscire poi a eliminarlo più facilmente. Questo è quello che dicono il Bach (Rabbi Yoel Sirkis, Polonia, 1561-1640) e il Maghen Avraham (Rabbì Avraham Gombiner, Polonia, 1635-1682) nel siman 436.
Allo stesso modo, a partire da Purim, bisogna evitare di portare libri vicino al cibo, perché delle briciole di chametz potrebbero cadere nel libro che potrebbe poi essere portato a tavola durante Pesach. Un certo Rav era dell’opinione che valga la pena non portare mai libri vicino al cibo in qualsiasi momento dell’anno, così da ricordare costantemente la mizvà di ricordarsi dell’uscita dall’Egitto. Quando una persona vorrebbe portare un libro a tavola e non lo fa perché potrebbe entrare del chametz nel libro che potrebbe poi essere portato a tavola durante Pesach, si sta ricordando della festa di Pesach e dell’uscita dall’Egitto, compiendo una mizvàh. Anche se non è richiesto dall’alachà stretta, è un comportamento ammirevole da tenere. (N.d.R. Nonostante ciò sicuramente è necessario ogni volta che si mangia dire un Devar Toràh, che probabilmente quel Rav faceva senza libro davanti)

Il Meiri (Rabbi Menachem Meiri, 1249-1310), nel suo commento a massechet avodà zarà (5), scrive che è bene cominciare a fare i preparativi per Pesach 30 giorni prima della festa. Questo include comprare quanto necessario per la festa e l’organizzazione pratica.

È uso presso molti, osservare lo “Yom Kippur Katan” la vigilia di rosh chodesh Nissan, anche presso coloro che non sono soliti osservare lo Yom Kippur Katan la vigilia di rosh chodesh durante il resto dell’anno. [N.d.R. Yom Kippur Katan è un giorno di digiuno, effettuato il giorno prima del Molad di Rosh Chodesh, in cui si prega con aggiunte simili a Yom Hakippurim e si fa teshuvà per il comportamento dell’ultimo mese] Secondo un’opinione nel Talmud, il mondo è stato creato a Rosh Chodesh Nissan (e non il primo di Tishrì), e quindi tale giorno è una sorta di Rosh HaShanà, a cui bisogna prepararsi facendo teshuvà. Quindi molti hanno l’uso di digiunare tutto il giorno o parte del giorno la vigilia di rosh chodesh Nissan. C’è anche chi usa recarsi al cimitero in questo giorno.

I tachanunim e la Nefillat Apaim sono omessi dalla tefillàh a partire da Rosh Chodesh Nissan.
Riadattamento del link: http://www.dailyhalacha.com/

Shabbat shalom!!

Parashat Tetzavvè 5772


La Parashà di Tetzavvè… in brevissima!

La Torà continua questa settimana a descriverci come costruire il Mishkan (Tabernacolo) e ciò che ne fa parte: l’olio per la Menorà e i vestiti per i Cohanim, i Sacerdoti. Dà poi istruzioni sulla consacrazione dei Cohanim e l’altare esterno. La Parashà si conclude con le istruzioni per costuire l’Altare dell’incenso.

Dvar Torà
basato su “Growth Through Torah” di Rav Zelig Pliskin

La Toràh afferma:
“Farai una lamina d’oro puro sul quale inciderai come si incide un sigillo: “Consacrato all’Eterno”. La fisserai sul cordoncino di lana azzurra così che si trovi sopra il turbante, si troverà in corrispondenza del lato anteriore del turbante.”
(Shemot 28:36-37).
Ognuno dei vestiti dei Cohanim, i Sacerdoti che servivano nel Mishkan, aveva una corrispondenza e un’influenza spirituale. Il turbante, che era sopra alla testa espiava i peccati collegati all’arroganza e alla presunzione. C’è però, un momento in cui si deve essere orgogliosi – quando si è orgogliosi di compiere la volontà di HaShem. Il Ktav Sofer, un grande Rabbino, spiega che si allude alla questione nel verso che abbiamo preso in esame. Quando l’orgoglio è “consacrato all’Onnipotente” allora può essere sulla testa di una persona.
L’arroganza è una caratteristica dannosa per il proprio sviluppo spirituale, e può causare numerose difficoltà quando si ha a che fare con altre persone. Però, quando si è orgogliosi di compiere la volontà di HaShem, si può continuare a farlo pur essendo derisi o insultati.


 

Il pasto di Purim – il momento più adatto per consumarlo, la partecipazione di una persona in lutto, studiare Toràh prima e durante il pasto

Una delle mizvot del giorno di Purim è quella di consumare una Seudà – mangiare un pasto festivo. Secondo l’alachà questo pasto va consumato il giorno di Purim; non si esce dall’obbligo della seudà di Purim consumando il pasto la sera. È buona cosa consumare un pasto festivo anche la sera di Purim, ma l’obbligo della seudà ricade specificatamente durante il giorno.
In base all’alachà stretta, si può compiere questa mizvàh in qualsiasi momento del giorno di Purim, fino al tramonto. Però, l’uso del Rashash (Rabbi Shalom Sharabi, Yemen-Israele, 1720-1777), in base alla cabalàh, era quello di consumare il pasto specificatamente la mattina. Questo uso è citato dal Kaf HaChaim (Rav Yaacov Chaim Sofer, Bagdad-Israel, 1870-1939), nel siman 695 (23), e dallo Shlà (Rav Yeshaia Horowitz, 1565-1630). Quindi, chi vuole compiere la mizvàh in base all’uso cabalista, deve consumare il pasto al mattino, a colazione. Ovviamente è possibile consumare un altro pasto in seguito.

Una persona in lutto lo alenu entro i dodici mesi dalla scomparsa di un parente stretto, può partecipare alla seudà di Purim?
Il Chacham Ovadia Yosef stabilisce che una persona in lutto ל"ע può partecipare pienamente alle celebrazioni di Purim, perfino fuori casa, a condizione che non sia suonata musica.
Il Ramà (Rabbì Moshè Isserless di Cracovia, Polonia, 1525-1572) scrive che è molto importante studiare Toràh prima della seudà di Purim. Commentando il verso nella Meghillàh di Ester (8:16), “Per gli ebrei fu luce e gioia,” i Nostri Maestri spiegano che la parola “luce” si riferisce allo studio della Toràh. È quindi buona cosa passare del tempo a studiare Toràh impegnandosi con la “luce” – prima di occuparsi della “gioia” che caratterizza la festa di Purim.
Andrebbero cantate lodi ad HaShem durante la seudà di Purim.
 Di Solito è bene lasciare una parte della tavola vuota, o un utensile vuoto, in ricordo del dispiacere che proviamo per la distruzione del Bet HaMikdash. A Purim però, non è necessario, e si può imbandire la tavola completamente con prelibatezze per festeggiare questo giorno speciale.

Riassumendo: c’è l’obbligo di consumare un pasto festivo il giorno di Purim; non si esce dall’obbligo consumandolo la sera. Il pasto può essere mangiato in qualsiasi momento del giorno di Purim, fino al tramonto, ma secondo la cabalàh bisognerebbe mangiarlo al mattino. Una persona in lutto ל"ע può partecipare alla seudà di Purim, a condizione che non sia suonata musica. È bene studiare Toràh prima del pasto. Non bisogna lasciare una parte del tavolo vuota o un utensile vuoto in ricordo della distruzione del Bet HaMikdash, come è di uso per gli altri pasti normali.


Shabbat shalom!!