Newsletter: Parashat Pekudè 5771

Dvar Torà
basato su “Growth Through Torah” di Rav Zelig Pliskin

La Torà afferma per quanto riguarda le donazioni fatte per gli abiti del Cohen Gadol:

“I capi delle tribù portarono le pietre di onice e lepietre da incastonare per l’efod e per il pettorale” (Shemot, 35:27)

Perché la Torà specifica che sono stati i capi delle tribù a portare le pietre preziose?

Rashi (Rabbi Shlomo Ben Izchak che è vissuto fra il 1040 e il 1104 ed è considerato il principale commentatore della Toràh e del Talmud) cita le parole dei Saggi che notano che i capi delle tribù hanno portato le ultime donazioni per il Santuario. I capi hanno detto, “Lasceremo donare agli altri quello che vogliono donare, e noi porteremo qualsiasi cosa manchi.” Gli altri però, hanno portato tutto quello che era necessario. I capi delle tribù allora hanno chiesto: “Cos’altro possiamo fare?” L’unica cosa che rimaneva erano le pietre preziose e questo è quello che hanno portato. Poiché hanno procrastinato, la Torà accenna a un rimprovero attraverso il fatto che la parola nesiim (capi tribù) è scritta con una sola iud al posto di due.

Rav Yeruchem Levoviz ha spiegato che la loro intenzione iniziale era virtuosa poichè hanno detto che avrebbero portato qualsiasi cosa fosse stato necessario alla fine. (Il Santuario è stato costruito per mezzo di donazioni – ad eccezione della base dei pilastri che è stata costruita per mezzo di donazioni pubbliche obbligatorie). I capi tribù hanno pensato che il popolo non ce l’avrebbe fatta a coprire le spese di tutta la costruzione, ma hanno mal considerato il fervore nazionale e la generosità delle persone). La proposta dei capi tribù potrebbe sembrare essere molto generosa. In ogni caso, impariamo da qui che il loro comportamento, poiché ha sfiorato il tratto negativo della pigrizia, è considerato scorretto e per questo sono stati rimproverati.

Ogni volta che un tratto negativo del carattere potrebbe essere alla base di un comportamento, bisogna fare molta attenzione a fare chiarezza in se stessi su quale sia la vera motivazione di tale comportamento. Questo è applicabile specialmente alla pigrizia. E’ molto facile dare a noi stessi molte “buone ragioni” per non fare qualcosa. Quando la pigrizia potrebbe essere la vera ragione per la “mancanza di azione” bisogna essere sospettosi che la vera motivazione sia una razionalizzazione con cui si cerca una buona scusa con cui convincere se stessi.

Riadattamento del link: http://www.aish.com/tp/ss/ssw/48961631.html

…a proposito di purim: il pasto di purim – quando consumarlo, se una persona che sta di lutto può partecipare, studiare Torà prima e durante il pasto

Una delle mizvot della festa di purim è l’obbligo di consumare una seudà – un pasto festivo. L’alachà richiede di consumare questo pasto durante il giorno; non si compie l’obbligo di mangiare il pasto festivo di Purim consumandolo la sera. E’ bene consumare un pasto festivo anche la sera di purim, ma l’obbligo della seudat purim richiede di consumarlo specificatamente durante il giorno.

A rigor di termini, si può compiere questa mizvà in qualsiasi momento del giorno di purim, fino al tramonto. Tuttavia, l’uso del Rashash (Rabbi Shalom Sharabi, Yemen – Israel, 1720 - 1777) basato su fonti cabalistiche, era quello di consumare il pasto specificatamente durante la mattina. Questo uso è citato dal Kaf HaChaim (Rav Yaacov Chaim Sofer, Bagdad – Israele, 1870-1939), nel siman 695 (23), e dallo Shelàh HaKadosh (Rav Yeshià Horowitz, 1565-1630). Così, chi desidera compiere la mizvà secondo gli insegnamenti cabalistici, dovrebbe consumare il pasto festivo la mattina, a colazione. Ovviamente si può consumare un altro pasto durante la giornata.

Una persona che sta di lutto, nei dodici mesi dopo la perdita di un genitore lo alenu, può e deve partecipare ad una seudat purim?

Il Rav Ovadià Yosef shlita, sostiene che una persona che sta di lutto può partecipare a pieno titolo ad una seudat Purim, anche fuori dalla sua casa, a condizione che non ci sia musica strumentale durante l'evento.

Il Ramà (Rabbi Moshè Isserless di Cracovia, Polonia, 1525-1572) scrive che bisognerebbe stare attenti a studiare Torà prima della seudà di purim. Commentando il verso della Meghillat Ester (8:16) “Per gli ebrei ci fu luce e gioia…“, i Saggi spiegano che la parola “luce” si riferisce allo studio della Torà. Perciò, è bene passare un po’ di tempo nello studio della Toràh – avvolgendoci di “luce” – prima di occuparsi della “gioia” della festa di purim.

Bisognerebbe cantare canzoni di lode ad HaShem durante il pasto di purim

Di solito, è bene lasciare qualcosa di vuoto sul tavolo, come uno spazio vuoto o un utensile vuoto, per simboleggiare il nostro dolore per la distruzione del Tempio. Durante purim comunque, questo non è necessario e si può riempire l’intero tavolo con prelibatezze per celebrare questa speciale occasione festiva.

Riassumendo: c’è l’obbligo di consumare un pasto festivo nel giorno di purim e non si compie questa mizvà di notte. Il pasto può avvenire in qualunque momento del giorno, fino al tramonto, ma secondo gli insegnamenti cabalistici dovrebbe avere luogo in mattinata. Una persona di lutto può partecipare ad una seudat purim, accertandosi però che non ci sia musica strumentale. E’ bene studiare Torà prima del pasto festivo. Non bisogna lasciare uno spazio vuoto o un utensile vuoto durante il pasto di purim per commemorare la distruzione del Tempio, come invece si usa fare durante gli altri pasti dell’anno.

Riadattamento del link: http://www.dailyhalacha.com/displayRead.asp?readID=1921

Shabbat shalom umevorach!

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