La Parashàh… in brevissima!
Nella Parashàh di Mattot si parla delle regole riguardanti il fare e l’annullare un voto. Viene descritto l’attacco a sorpresa contro i midianiti, la purificazione di persone e oggetti dopo la guerra e la dedicazione di parte del bottino per il bene comune. Le tribù di Reuven e Gad fanno richiesta di ricevere la loro porzione di terra ad est del fiume Giordano. Moshè si oppone alla richiesta perché teme che quelle tribù non prenderanno parte alla conquista della terra d’Israele; le tribù assicurano che saranno in prima linea e quindi ricevono il permesso.
Nella Parashàh di Masè viene riportata l’intera lista delle tappe nel deserto (il nome di ogni tappa sta ad indicare un messaggio, una lezione imparata in quel determinato luogo). HaShem comanda di cacciare gli abitanti della terra, di distruggere i loro idoli e di dividere la terra tirando a sorte. HaShem stabilisce i confini di Eretz Israel. Viene nominata una nuova leadership, vengono designate le città dei leviti e le città rifugio (in cui un omicida involontario poteva ricevere asilo). Infine, vengono stabilite le leggi di un omicidio accidentale e di quello volontario e le norme di eredità solo per quella generazione, per una coppia in cui ognuno proveniva da una differente tribù.
Masè (Bemidbar 33-36)
Apprezzare le nostre sfide
Questa Parashàh riassume le tappe del Popolo Ebraico nel deserto. Non c’è niente che non sapessimo già, quindi Rashi, per spiegare la cosa, ci racconta una parabola presa dalla Tradizione Orale, per spiegare come mai questa apparente ripetizione.
Un re porta suo figlio molto malato in un viaggio lungo e difficile, nella speranza di arrivare all’unico dottore che possa curarlo. Superano molte prove e ostacoli lungo il cammino ma finalmente raggiungono il dottore che è effettivamente in grado di far guarire il figlio.
Anche qui, nella nostra Parashàh, HaShem rievoca il passato, in modo da parlare al Popolo Ebraico a proposito dei 40 anni passati nel deserto. Così come ogni aspetto del viaggio del re era necessario per portare il figlio dal dottore e farlo guarire, anche qui, quello che è accaduto nel deserto, sia in bene che in male, ha plasmato il Popolo Ebraico in una nazione che era pronta a entrare in Eretz Israel e compiere il proprio destino di essere una luce per le nazioni.
Il punto è il seguente: la vita è un viaggio. Tutti affrontiamo delle prove. Nel momento in cui ci troviamo nella situazione difficile, può essere duro apprezzarne l’importanza e il valore. Ci si lascia prendere dalla frustrazione del momento e non capiamo come mai quella difficoltà sia necessaria. Ma con il senno di poi, tutto appare molto diversamente. Anche se nel momento stesso può essere difficile capire come mai quella determinata prova fosse necessaria, guardarsi indietro porta sempre una prospettiva migliore.
Non è mai facile capire perché bisogna passare determinate prove nel momento in cui le si subiscono. Ma quasi sempre, quando ci si guarda indietro dopo che sia passato il tempo sufficiente, è possibile capire come mai ci siano capitate quelle prove e quale fosse lo scopo della situazione.
Ogni tanto, vale la pena di pensare alle tappe degli anni passati e apprezzare come tutto ci abbia portato esattamente dove dovessimo essere. HaShem ha sempre un piano, e quel piano è sempre per il bene. Quando guardiamo alle nostre tappe passate, possiamo vedere come il piano si sia sviluppato, e sentire il nostro apprezzamento per quello che HaShem ha fatto per portarci a dove siamo oggi.
Devar Toràh
Basato su “Growth Through Torah” di Rav Zelig Pliskin
La Toràh afferma:
“Novakh andò e sottomise [la città di] Kehat con i luoghi ad essa circostanti e la chiamò Novakh, secondo il proprio nome.” (Bemidbar 32:42)
Perché questo verso è stato incluso nella Toràh?
Rav Samson Raphael Hirsh spiega: in tutto il mondo leader potenti hanno voluto lasciare monumenti in loro memoria attraverso statue ed edifici che si chiamano con il loro nome. Re e conquistatori hanno perfino chiamato intere città con il proprionome. Però, un nome può essere facilmente cambiato senza che ne rimanga nulla, così come è successo a Novach (né Novach né la città che ha preso il suo nome sono ricordate nel corso della storia). Le buone azioni di una persona e le sue conquiste spirituali sono i soli veri monumenti eterni.
Quando vedi il bene che fai come il tuo monumento eterno, proverai una motivazione maggiore a riuscire a realizzare quanto più possibile. Una vita costituita da raggiungimenti spirituali è eterna. Sii felice di ogni atto positivo che compi, darà maggiore splendore al tuo monumento!
Un bambino che non ha raggiunto l’età del Bar Mitzvàh, deve digiunare a Tisha beAv?
Rav Menachem Azarya di Fano (Italia, 1548-1620), in una delle sue risposte (111) scrive che non c’è alcun valore nel forzare un bambino che non è arrivato all’età in cui è obbligato a compiere le mizvot a digiunare durante i giorni di digiuno. Al contrario, bisogna accertarsi che i bambini siano nutriti come si deve durante queste giornate. Questa è anche la posizione di Chacham Ovadia Yosef, che stabilisce che perfino bambini di 11 e 12 anni devono mangiare durante i giorni di digiuno, perfino se vogliono digiunare. Chacham Ovadia nota che in particolare per quello che riguarda Tisha BeAv (e altri digiuni che sono legati alla commemorazione della distruzione del Bet HaMikdash), non c’è motivo di far esercitare i bambini a digiunare, perché speriamo ferventemente che arriverà il Mashiach e non ci sarà più l’obbligo di digiunare. Non c’è alcun bisogno di allenare i nostri figli a digiunare se speriamo che non dovranno mai osservare questa Mitzvàh.
Se il bambino insiste a digiunare, i suoi genitori possono permettergli di saltare la colazione, ma non di saltare il pranzo. Questo è quanto stabilito da Chacham Ovadia Yosef e da Rav Shelomo Zalman Auerbach (Israele, 1919-1995).
Una domanda interessante si pone in un anno in cui Tisha BeAv cade di Shabbat, ed è quindi spostato alla domenica, e un ragazzo compie 13 anni il 10 di Av. Deve digiunare o è esente visto che il vero giorno del 9 di Av non aveva ancora raggiunto l’età del Bar Mizvàh? Chacham Ovadia Yosef stabilisce che se il ragazzo si sente debole eavrebbe difficoltà a digiunare, può facilitare e mangiare durante quel giorno.
Riassumendo: non si deve permettere ai bambini sotto l’età del Bar Mizvàh di digiunare il giorno di Tisha BeAv; se vogliono possono saltare la colazione, ma non il pranzo. Un ragazzo che diventa Bar Mizvàh la domenica del 10 di Av, in cui viene posticipato il digiuno del 9 di Av, non deve digiunare se si sente debole e avrà difficoltà a farlo.
Shabbat Shalom!
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