Newsletter: Parashat Toledot 5772

La parashà di Toledot… in brevissima!

Rivkà (Rebecca) partorisce Esav (Esaù) e Jaacov (Giacobbe). Esav vende la sua primogenitura a Jaacov per un piatto di lenticchie. Izchak soggiorna a Gerar con Avimelech, re dei filistei. Esav sposa due donne Hittite, arrecando grande pena ai suoi genitori.
Jaacov, sotto consiglio di sua madre, fa finta di essere Esav per prendere la berachà (benedizione) della primogenitura, dal padre Izchak, ormai cieco. Esav, infuriato, programma di uccidere Jaacov, così Jaacov parte e va da suo zio Lavan (Labano) a Padan Aram (sotto consiglio dei genitori). I genitori gli consigliano inoltre di sposare la figlia di Lavan.
Esav capisce che le sue due mogli hittite arrecano dispiacere ai genitori, così prende in moglie una terza donna, Machalat, la figlia di Ishmael (Ismaele).

 

Dvar Torà

Basato su “Growth Through Torah” di Rav Zelig Pliskin

La Torà afferma:
"E Itzchak amava Esav, perché era un cacciatore con la sua bocca…" (Bereshit 25:28).
Questo significa che Esav (Esaù) riusciva ad ingannare suo padre facendogli credere che fosse un giusto.
Rav Eliahu Dessler, cita l’Arizal (un famoso cabalista) che dice che è un errore pensare che Esav fosse un ipocrita totale che cercava semplicemente di ingannare suo padre. Se Izchak (Isacco) ha commesso un errore deve esserci una buona ragione. Il problema era che Esav teneva la sua spiritualità “nella sua bocca”, senza assimilarla. Parlava di questioni spirituali, senza essere una persona spirituale.
Quindi, dice Rav Dessler, chiunque faccia discorsi etici e spirituali senza lasciare che questi gli penetrino il cuore e l’anima, è un collega di Esav il malvagio.
 Una persona realmente elevata è una persona i cui pensieri e discorsi sono integrati col suo modo di comportarsi: gli ideali della Torà di cui spesso parliamo, devono essere un tutt’uno con la nostra essenza. Molte persone sono distanti dal percepire realmente quanto siano lontane da quello di cui parlano. Una persona può dire di amare gli altri profondamente, un’altra può dire di provare sentimenti del genere, ma nella pratica è ben lontana dal dimostrarlo. Non è sufficiente ripetere a pappagallo alcuni concetti. Quando impari una nuova idea, cerca di ripetertela, fintanto che, piano piano, riesca a penetrare la tua anima e le tue parole diventino effettivamente parte di te.

 

Il divieto di scrivere durante shabbat

Una delle trentanove categorie di attività vietate durante shabbat è quella di “cotev”, scrivere. Una persona che scrive due lettere in modo tale che la scrittura sia permanente, senza scomparire,  trasgredisce la proibizione di scrivere durante shabbat.
Lo Shulchan Aruch (Orach Chaim 340:4) cita alcune situazioni in cui scrivere è proibito miderabbanan, ossia secondo istituzione rabbinica. Nonostante questo genere di scrittura non sia proibito esplicitamente nella Torà scritta, lo è secondo quanto stabilito da Chazal (i Saggi del Talmud). Uno di questi casi può essere per esempio scrivere con le dita in un liquido che si è versato su di un ripiano, o nella cenere.
La Mishnà Berurà (commento del Rav Israel Meir Kagan di Radin, 1839-1933) descrive un’altra situazione in cui scrivere è vietato miderabbanan: scrivera sulla condensa che si forma su vetri e finestre. I bambini spesso si divertono a scrivere il proprio nome o altre cose sulle finestre su cui si è formata una condensa, cosa che accade frequentemente durante l’inverno. Questo tipo di scrittura non è vietato direttamente dalla Torà ma è comunque vietato miderabbanan.
Il Ramà (Rabbì Moshè Iserless di Cracovia, 1525-1572) stabilisce che è possibile formare la sagoma delle lettere nell’aria con il movimento delle dita. Per esempio, se una persona vuoledescrivere la forma di una lettera a qualcuno, può farlo disegnandola in aria. Considerando che attraverso il movimento in aria non si forma nulla, ciò non è vietato, perfino miderabbanan.
Riassumendo: è vietato scrivere di shabbat, perfino in un liquido che si è versato su di un ripiano, o nella cenere. Allo stesso modo non si può scrivere sulla condensa di vetri e finestre. È possibile però formare la forma delle lettere in aria.

Shabbat shalom!
  

Newsletter: Parashat Chaiè Sarà 5772

La parashà di Chaiè Sarà… in brevissima!

Sara muore all’età di 127 anni. Avraham acquista un luogo dove seppellirla a Chevron, nella grotta di Machpelà. Avraham manda il suo servo Eliezer a Charan, suo luogo di nascita, per trovare una moglie per suo figlio Izchak. Eliezer pone quella che sembra essere una condizione molto strana per trovare la candidata adatta per Izchak. Rivkà soddisfa la condizione. Eliezer riesce a ricevere l’approvazione della famiglia di lei per portarla con se, anche se non erano molto compiaciuti dell’idea che Rivkà lasciasse la sua casa.
Avraham muore all’età di 175 anni. Itzchak e Ishmaele lo seppelliscono accanto a sua moglie Sara nella grotta di Machpelà. La Parashà termina con la lista dei 12 figli di Ishmael e la morte di Ishmael all’età di 137 anni.

 

Dvar Torà
basato su “Growth Through Torah” di Rav Zelig Pliskin

Efron il Chittita acconsente a vendere ad Avraham la grotta di Machpelà a Chevron, come luogo di sepoltura per sua moglie Sarah, dopo varie trattative sulla vendita. La Toràh poi riporta “E Avraham diede ascolto a Efron … e pesò per Efron quattrocento shekel” (Bereshit 23:16).
Efron parla come se fosse una persona generosa. Parla ad Avraham con grandissimo rispetto. Apparentemente offre la grotta gratuitamente. Dice tuttavia di sfuggita “I quattrocento shekel che si dovrebbero generalmente pagare per questo sono nulla fra amici. La tua amicizia è più preziosa dei soldi. Prendila senza pagare.”
Avraham coglie l’accenno. Era perspicace e si rende conto che Efron non voleva effettivamente dargli la grotta senza farlo pagare. Potrebbe sembrare a uno spettatore ingenuo cheEfron abbia menzionato la somma di sfuggita, singole parole senza significato. Però, Avraham “diede ascolto”, e con il suo intuito molto ben sviluppato capisce la vera intenzione di Efron. Si comporta dunque di conseguenza alla vera intenzione di Efron e non secondo le sue parole apparenti.
L’abilità di distinguere fra ciò che una persona dice e quello che effettivamente intende è una qualità che bisogna sviluppare. È essenziale per crescere in molti ambiti spirituali.
Per esempio, qualcuno fa un commento che sminuisce qualcosa che ha appena fatto. La persona apprezzerà sicuramente una parola gentile. Potrebbe essere insicura del valore e della qualità di quello che ha fatto e volere quindi una rassicurazione. Questo incoraggiamento potrebbe essere essenziale per motivarlo a raggiungere ulteriori traguardi.
Un altro esempio: quando si chiede a qualcuno se ha bisogno di aiuto. Risponde: “No, posso farlo da solo. Non è così difficile.” Prendendo le parole alla lettera potresti semplicemente andartene. Però, se sei perspicace, riuscirai a capire che quella persona ha effettivamente bisogno del tuo aiuto. Forse è troppo timida o imbarazzata per chiedertelo. Bisogna imparare ad essere perspicaci per capire quando il tuo aiuto è necessario e anche molto benaccetto.
Ottenendo questa sensibilità e perspicacia, sari in grado di ottenere straordinari risultati nella mizvà di “amare il prossimo”.
  

Newsletter: Parashat Vayerà 5772

La parashà di Vayerà… in brevissima!

Avraham, nel terzo giorno dopo aver fatto la milà, siede fuori dalla sua tenda in cerca di ospiti. Mentre stava parlando con l’Onnipotente, vede tre visitatori (tre angeli). Avraham interrompe la sua conversazione con HaShem per invitarli a mangiare. Un angelo lo informa che entro un anno, Sarah, sua moglie, partorirà un figlio, Izchak.
HaShem dice ad Avraham che distruggerà Sodoma a causa della sua malvagità. Avraham discute con HaShem per salvarla, a patto che vengano trovati dieci giusti in città, ma non ci sono neppure dieci giusti. Lot, nipote di Avraham, si salva dalla distruzione con le sue due figlie.
Altri avvenimenti: Avimelech, re dei filistei, vuole sposarsi con Sarah; nasce Izchak; la cacciata di Agar e di Ishmael. Avraham e Avimelech stabiliscono un accordo a Beer Sheva. HaShem comanda ad Avraham di prendere suo figlio Izchak e di offrirlo “su uno dei monti”. Infine, l’annuncio della nascita di Rivkà, la futura moglie di Izchak.

 

Dvar Torà basato su “Growth Through Torah” di Rav Zelig Pliskin

La Torà afferma:
"E (Avraham) alzò i suoi occhi e vide. E ecco tre uomini stavano in piedi presso di lui. Quando (li) vide corse loro incontro dall’ingresso della tenda e si prostrò a terra." (Bereshit 18:2).
A partire dal verso due fino al verso 8, la Torà ci descrive i dettagli di ogni specifica azione di Avraham nei confronti dei suoi ospiti – “alza gli occhi,” “vede,” “corre per andarli a salutare.” Perché la Torà impiega 7 versi per descriverci i dettagli degli atti di bontà di Avraham?
Rabbi Yerucham Levovitz commenta il fatto con un’analogia. Quando una persona eredita una casa, di solito dirà semplicemente, “Ho una casa”. Non comincerà a elencare tutti i dettagli, l’ha ricevuta tutta insieme! Però, una persona che si costruisce da sola la propria casa parlerà di ogni dettaglio dall’inizio alla fine. Descriverà come ha fatto ad ottenere il terreno, come ha comprato i materiali necessari, etc. Ogni aspetto le è molto chiaro. Maggiore è lo sforzo che compie nel costruire la casa, e più ne parlerà.
Allo stesso modo, dice Rav Yerucham, le azioni e i comportamenti dei giusti sono come una costruzione. Attraverso ogni azione, una persona integra, sta costruendo un grande edificio. Per questa ragione, la Toràh ci racconta ogni dettaglio degli atti di bontà di Avraham. Ogni movimento costituisce una nuova fase nel progetto di costruzione della personalità del giusto.
Quando vedi la formazione di te stesso come la creazione di un grande edificio, ogni dettaglio di quello che fai ricopre un significato importante. Ogni azione positiva che fai contribuisce alla creazione di un grande essere umano. Tienilo a mente quando fai un gesto di bontà nei confronti degli altri. Ogni singolo movimento che fai è una parte necessaria per la costruzione dell’edificio. Non aspettare di arrivare alla fine per apprezzare quello che stai facendo. Piuttosto, cerca di percepire la gioia della crescita perfino nel più piccolo atto di bontà che compi.

 

La definizione di yain mevushal e lo status del vino pastorizzato

Il Ben Ish Chai (Rav Yosef Chaim di Bagdad, 1833 – 1909), nella parashà di Balak, parla del concetto di “yain mevushal” – vino che è stato bollito. Anche se l’alachà proibisce di usare vino che è stato toccato da un non ebreo, questo divieto non si applica allo yain mevushal. Il vino, dopo essere stato bollito, non può più diventare proibito attraverso il contatto con un non ebreo.
Da quale momento in poi il vino è considerato “bollito” raggiungendo quindi lo status di yain mevushal?
Il Ben Ish Chai scrive che il vino è considerato mevushal dopo essere arrivato alla bollitura e un po’ di vino evapora. Dopo che inizia l’evaporazione, il vino ha lo status di yain mevushal e non diventa proibito se viene a contatto con un non ebreo. Il Chacham Ovadia Yosef, nella sua opera Alichot Olam (Balak, 6), chiarifica che il vino deve bollire a una temperatura pari a80 gradi centigradi.
Di conseguenza, il Chacham Ovadia aggiunge, il vino che ha subito il processo di pastorizzazione è, strettamente parlando, considerato yain mevushal e non può più diventare proibito venendo a contatto con un non ebreo. Altre autorità, fra cui Rav Yosef Shalom Eliashiv (contemporaneo) e Rav Shlomo Zalman Auerbach (Gerusalemme, 1910 – 1995), sono in disaccordo con questa posizione, e sostengono che il processo di pastorizzazione non rende il vino mevushal. Il Chacham Ovadia quindi conclude che bisognerebbe assicurarsi che il vino pastorizzato non entri in contatto con un non ebreo se non è stato bollito oltre che pastorizzato. Se però un non ebreo tocca un vino pastorizzato, questo è permesso “bediavad” (a posteriori). Il Chacham Ovadia fa riferimento in questo contesto alla regola generale secondo cui “haTorà chasa al mamonam shel Israel”, che significa che la Torà è sensibile alle questioni finanziare delle persone, e non vuole causare perdite monetarie non necessarie. Quindi, visto che l’alachà, strettamente parlando, considera il vino pastorizzato “mevushal”, è possibile permettere vino pastorizzato che è entrato a contatto con un gentile, anche se idealmente questa situazione andrebbe evitata.
Il Ben Ish Chai nota che la bollitura del vino può solo prevenire il fatto che il vino diventi proibito; ma non può rigirare lo status di un vino proibito. Ossia, se un vino non mevushal viene a contatto con un gentile e quindi diventa proibito, resta proibito anche dopo essere stato bollito. La bollitura ha solo l’effetto di evitare che diventi proibito se un gentile lo tocca.
Inoltre, se un vino mevushal è mischiato con un normale vino non mevushal, e un non ebreo tocca la mistura, diventa proibito. Anche se il vino mevushal costituisce la maggior parte della mistura, essa diventa proibita, perfino se c’è solo una goccia di vino non mevushal.
Riassumendo: il vino che è stato bollito non diventa vietato se toccato da un non ebreo. Alcune autorità sostengono che il vino pastorizzato ricade in questa categoria, ma è preferibile non appoggiarsi su questa opinione, e assicurarsi che il vino pastorizzato non venga in contatto con un non ebreo. D’altro canto, se un non ebreo tocca del vino pastorizzato, può essere usato. Se del vino bollito è mischiato perfino con una piccola parte di vino normale, e un non ebreo, tocca la mistura, è proibito.

Shabbat shalom!
  

Newsletter: Parashat Lech Lechà 5772

La parashà di Lech Lechà… in brevissima!

L’Onnipotente comanda ad Avram (successivamente rinominato Avraham) di lasciare Charan e andare nel “posto che ti mostrerò” (Ossia la terra di Canaan – successivamente rinominata terra d’Israel). L’Onnipotente poi dà ad Avraham un messaggio eterno per il popolo ebraico e per le nazioni del mondo, “Benedirò coloro che ti benedicono e maledirò coloro che ti maledicono.” A causa della carestia, Avram va in Egitto e chiede a Sarai (successivamente rinominata Sarah), di dire che è sua sorella così che non lo uccideranno per sposarla (gli egiziani erano famosi per non commettere adulterio… semplicemente uccidevano il marito per stare con la moglie).
Il faraone caccia Avram dall’Egitto dopo aver tentato di prendersi Sarai come moglie. Si stabiliscono a Chevron e il nipote Lot si stabilisce a Sdom. Avram salva Lot – che era stato preso prigioniero – nella battaglia dei quattro re contro i cinque re.
Stabilisce un patto con HaShem (ogni patto con HaShem è eterno, inabrogabile o sostituibile da un nuovo patto), in cui HaShem dice ad Avram che i suoi discendenti saranno schiavi in Egitto per 400 anni (partendo da Isacco) e che ai suoi discendenti verrà data la terra che va “dal fiume dell’Egitto fino al grande fiume, il fiume Eufrate.”
Sarai, sterile, dà la sua serva Hagar ad Avram come moglie, così che possa avere figli. Ishmael nasce. Gli viene fatta la milà, HaShem cambia i loro nomi in Avraham e Saràh e gli dice che Saràh partorirà Izchak. Avraham circoncide tutti i membri maschi della sua casa.

Dvar Torà
basato su “Growth Through Torah” di Rav Zelig Pliskin

La Torà afferma:
"E l’Onnipotente disse ad Avram ‘Vai via dalla tua terra e dal tuo luogo di nascita e dalla casa di tuo padre alla terra che ti mostrerò' " (Bereshit 12:1).
Rabbi Nachum di Chernobil ha dedicato moltissimo tempo e moltissimi sforzi a liberare gli ebrei che erano incarcerati da regimi antisemiti. Viaggiava di posto in posto cercando fondi per pagare la somma necessaria per liberare gli imprigionati. Una volta, quando era a Zhitomer, alcune persone hanno creato un complotto contro di lui ed egli stesso è stato messo in carcere.
Un amico è venuto a trovarlo in prigione per dargli un po’ di conforto e una prospettiva positiva sulla situazione. Ha detto a Rabbì Nachum: “Il nostro patriarca Avraham era eccezionale per i suoi atti di bontà nei confronti dei viandanti. Li ospitava e faceva il massimo per farli stare a proprio agio. Era sempre alla ricerca di cosa avrebbe potuto fare in più per aiutare i suoi ospiti. L’Onnipotente gli ha comandato di lasciare la sua casa paterna, il suo luogo di nascita, e la sua terra. Solo ora, dopo aver personalmente passato cosa significhi essere uno straniero in terra straniera saprà in prima persona che vuol dire. Questo gli darà una prospettiva migliore per sapere cosa può fare per aiutare i suoi ospiti.”
“Per te vale lo stesso” continua l’amico. “Tu ti sei dedicato con grandissimi sforzi a liberare i prigionieri. Ti stanno dando dal Cielo la possibilità di provare cosa significhi essere imprigionato dai nemici del nostro popolo. Questo ti farà capire ancora meglio quanto sia necessario fare tutto il possibile per liberare le persone con ogni possibile sforzo.”

Vendere o regalare vino posseduto da un non ebreo; lo stato di un vino toccato ma non mosso da un non ebreo


Il Ben Ish Chai (Rav Yosef Chaim di Bagdad, 1833-1909), nella parashà di Balak (4), discute i parametri della proibizione di “stam yenam” – vino che appartiene a un non ebreo e vino che è stato toccato da un gentile. Scrive, che secondo l’uso dei sefarditi che seguono lo “Shulchan Aruch”, qualsiasi vino che è in possesso, o che è stato toccato da un non ebreo idolatra, è proibito sia berlo che averne qualsiasi tipo di beneficio. Non si può vendere o regalare. Va da sé che è vietato avere un’ attività che venda questo genere di vino. Se capita di avere in casa vino che è stato toccato o posseduto da un non ebreo, bisogna versarne il contenuto nello scarico. Il Ben Ish Chai enfatizza che questo si applica perfino ai nostri giorni, e non bisogna essere indulgenti rispetto a questa proibizione
Questa alachà è molto rilevante per coloro che ricevono regali da impiegati o datori di lavoro non ebrei, nel periodo delle loro feste, visto che spesso si regala vino. È vietato regalarlo di nuovo come dono a un’altra persona non ebrea. Bisogna gettarlo via e non ricavarne alcun beneficio.
Il Ben Ish Chai affronta il punto se ci sia spazio per essere indulgenti nel caso in cui un gentile deve dei soldi ad un Ebreo, e l'unico modo in cui l'Ebreo può ricevere il denaro dovuto è attraverso una bottiglia di vino. Lo Shulchan Aruch proibisce di ricevere vino da un non ebreo come pagamento di un debito, e questa è anche la posizione della Keneset HaGhedolà (Rav Chaim Banbenishti di Izmir, Turchia, 1603 – 1673). In ogni caso, il Ben Ish Chai nota che il Rashba (Rabbi shelomò Ben Aderet di Barcellona, 1235 – 1310) stabilisce l’alachà in modo più facilitante rispetto alla questionr. Conclude quindi che è possibile accettare una bottiglia di vino da un gentile al posto del pagamento per un prestito, se altrimenti non sarà più possibile recuperare la somma dovuta.
Successivamente (nell’alachà 10), il Ben Ish Chai scrive che il contatto di un gentile con il vino fa si che il vino sia proibito per un ebreo, sia che lo abbia toccato con la mano che col piede. Il vino diventa inoltre proibito se il gentile muove indirettamente, ma intenzionalmente la bottiglia, per esempio con un oggetto che aveva in mano, o se beve dalla bottiglia o se semplicemente solleva la bottiglia così da far muovere il vino, anche leggermente. Comunque, se il non ebreo ha toccato la bottiglia, senza muoverla affatto, allora, anche se non si può più bere, se ne possono trarre altri tipi di beneficio.
Riassumendo: non si può derivare nessun tipo di beneficio da un vino appartenente a un non ebreo idolatra, o che è stato toccato da un non ebreo idolatra. Non si può vendere o regalare come dono a un socio non ebreo; deve essere versato nello scarico. Il vino diventa proibito se un gentile lo muove – perfino indirettamente – in modo che il vino sia urtato anche leggermente. Se il gentile tocca una bottiglia di vino senza muoverla, questo vino non si può bere ma se ne possono trarre altre forme di beneficio.

Shabbat shalom!