Newsletter: Parashat Nizzavim - Vayelech 5771

Le parashot di Nizzavim-Vaielech… in brevissima!

Nel giorno della morte di Moshè, egli riunisce tutto il popolo ebraico stabilendo un pattoche conferma che il popolo ebraico è il prescelto (prescelto di avere il compito di essere come un faro fra le nazioni) per tutte le future generazioni. Moshè rende chiare quali siano le conseguenze a cui si va incontro rifiutando chaz veshalom HaShem e la Sua Toràh e la possibilità di pentirsi. Ribadisce il concetto che la Torà sia alla portata di tutti.
La parashà di Nizavim termina con quella che forse è la più chiara e potente frase della Torà per quanto riguarda lo scopo della vita e l’esistenza del libero arbitrio: “In questo giorno ho posto dinnanzi a te la vita e il bene, la morte e il male … la benedizione e la maledizione. Quindi scegli la vita e vivrai, tu e la tua discendenza.”
La parashà di Vayelech comincia con Moshè che passa il testimone a Yeoshua come leader del popolo. Moshè poi gli dà un comandamento/benedizione che è applicabile ad ogni leader ebreo: “Sii forte e coraggioso. Non aver paura o sentirti insicuro di fronte  a loro. HaShem Tuo Signore è Colui che sarà con te, e non ti farà fallire né ti abbandonerà.”
Moshè ha scritto l’intera Torà e l’ha data ai Coanim e agli anziani. Ha poi comandato che in futuro, al termine dell’anno sabatico il re deve riunire tutto il popolo durante la festa di Sukkot e leggergli la Torà cosicché “…ascolteranno e impareranno e temeranno HaShem tuo Signore e staranno attenti a compiere tutte le parole della Torà.”
L’Onnipotente descrive in un breve paragrafo il corso della storia ebraica (per i curiosi comincia al cap. 31, verso 16 del libro di Devarim). Infine, prima che Moshè vada a “coricarsi con i suoi antenati”, riunisce il popolo per insegnargli la cantica di ‘Azinu, la parashà della prossima settimana, per ricordargli quali siano le conseguenze per chi si rivolta al Signore.

Dvar Torà

Basato su “Growth Through Torah” di Rav Zelig Pliskin

Nella parashà di questa settimana impariamo che lo scopo di studiare e osservare la Torà non è nascosto né distante da noi:
“(La Torà) è invece una cosa molto vicina a te. È nella tua bocca e nel tuo cuore, perché tu la metta in pratica.” (Devarim 30:14).
Perché sono usati i termini “bocca e cuore” per dirci che possiamo imparare l’intera Torà e metterla in pratica?
Rav Chaim Shmuelevitz, Rosh Yeshivà di Mir, ha commentato che non importa quanto unapersona sia distante, se è fermamente convinta di voler diventare una persona migliore, sarà in grado di effettuare un cambiamento immediato in se stessa. Come? Quando ci si impegna verbalmente con HaKadosh Baruch Hu e con se stessi di voler cambiare,  le parole hanno un grande impatto. Se si mantiene quello che ci si è riproposti si può cambiare il proprio comportamento.
Se quello che dici con la bocca è tutt’uno con quello che hai nel cuore, allora puoi cambiare immediatamente. Tuttavia, a volte abbiamo la necessita di ripetere più volte quello che sappiamo essere corretto – e quello che dovremmo fare – in modo da farlo entrare nel nostro cuore.

 

Rosh HaShanà – l’uso di mangiare cibi dolci, melograni e mele.

A Rosh HaShanà c’è l’uso di evitare di mangiare cibi amari, aspri o acidi, per simboleggiare la speranza che l’anno venturo sia dolce e piacevole. Il Talmud insegna che “simanà milta hi”, ossia che gli atti simbolici hanno un significato. Bisogna quindi non sminuire gli usi riguardanti quello che si mangia durante Rosh HaShanà come simbolo di quello che ci auguriamo per l’anno nuovo, perché tali costumi hanno un importante significato oltre che effetti pratici.
Pratica comune consiste nel mangiare un melograno, perchè gli abbondanti semini che contiene simboleggiano la nostra speranza di arrivare di fronte al Signore con abbondanti meriti. È interessante che il Ben Ish Chai (Rav Yosef Chaim di Bagdad, 1833-1909) scrive che il melograno debba essere specificatamente dolce, sottolineando il punto diverse volte. Spesso, i melograni dei nostri giorni hanno un sapore aspro e pungente. Sembra che a Bagdad, ai tempi del Ben Ish Chai, avessero dei melograni dal sapore dolce. In ogni caso, considerando l’uso di evitare di mangiare cibi amari di Rosh HaShanà, la cosa migliore da fare è quella di intingere il melograno nello zucchero per diminuire l’eventuale asprezza del frutto.
 È inoltre interessante notare che il Ben Ish Chai, a Rosh HaShanà, aveva l’uso di intingere la mela nello zucchero anziché nel miele. Forse l’uso si basava su motivi cabalistici. In ogni caso, ognuno segua l’uso della propria famiglia.
Va notato che il significato simbolico di intingere la mela nel miele va oltre il fatto che sia un cibo dolce. Lo Zohar si riferisce al Gan Eden come a un “Echal tapuchin kadishin” – “il frutteto delle mele dolci”. Le mele che mangiamo a Rosh HaShanà simboleggiano non solo la dolcezza, ma anche il Gan Eden, che è senza dubbio di buon auspicio per il nuovo anno. Inoltre, la mela ha un aspetto piacevole, un profumo piacevole e un sapore piacevole. È piacevole sotto ogni punto di vista, simbolo delle nostre speranze affinché il nuovo anno porti gioia e successo sotto ogni aspetto della vita. Il Ben Ish Chai spiega il significato di questo uso dal punto di vista cabalistico. Durante il periodo che va da Nissan a Tishrì, siamo sotto l’influenza della sefirà (emanazione) del Malchut, che è la sefirà più bassa e riceve la sua potenza da sefirot più alte. Con l’entrata di Rosh HaShanà ci muoviamo nella sefirà del Tiferet, la sefirà più alta, che si basa sulle zefiro inferiori. La sefirà del Tiferet è quella di Jaacov Avinu, che rappresenta la Torà e che ha trasmesso la forza della Torà alle generazioni successive. Tiferet è anche associata con l’attributo dell’”Emet” (verità), e di Rosh HaShanà stiamo in giudizio, che è basato sull’attributo di HaShem di verità assoluta. La mela, scrive il Ben Ish Chai, è associata con la sefirà del Tiferet, e quindi la mangiamo a Rosh HaShanà, giorno che segna il punto di transizione dalla sefirà di Malkut alla sefirà di Tiferet.
Sicuramente la stragrande maggioranza di noi non sono esperti di Cabalà, e non capiscono realmente quindi questi concetti. In ogni caso essi dimostrano la profondità e lo spessore degli usi che mettiamo in pratica a Rosh HaShanà. Oltre ai giochi di parole come “Itamù sonenu” per il Tamar (dattero), e “Ikartù sonenu” per il “karti”, ci sono concetti molto più profondi dietro a questi usi, e dobbiamo quindi metterli in pratica secondo l’antica tradizione.
In sintesi: è bene evitare di mangiare cibi amari, aspri e acidi durante Rosh HaShanà. Il melograno dovrebbe preferibilmente essere intinto nello zucchero prima di essere mangiato, perché potrebbe altrimenti essere aspro. Alcuni hanno l’uso di intingere la mela nello zucchero anziché nel miele e ognuno segua l’uso della sua famiglia. Gli usi che riguardano i cibi da mangiare a Rosh HaShanà sono basati su profondi concetti cabalistici e non devono quindi essere sottovalutati o trascurati.

Shabbat shalom!
  

Newsletter: Parashat Ki Tavò 5771

La parashà di Ki Tavò… in brevissima!

Nella parashà della settimana si parla di: portare al Bet HaMikdash come offerta le primizie delle sette specie particolari di Erez Israel, dichiarazione della decima, HaShem designa il popolo ebraico come il Suo popolo prezioso (Devarim 26:16 – 19), il comando di posizionare nel fiume Giordano e dopo sul monte Eval delle grandi pietre su cui è scritta la Torà in 70 lingue, il comando di avere una pubblica dichiarazione dell’accettazione della Torà dal monte Gherizim e dal monte Eval; la Torà poi elenca le benedizioni  che si ricevono se si seguono le mizvot e chas veshalom ciò che succede in caso contrario, infine c’è un discorso di Moshè. I versi 28:46 parlano dell’importanza di servire HaShem con “gioia e buon cuore”. L’ultimo verso della parashà ci dice di seguire le parole del patto e di compierle affinché possiamo avere successo in ciò che facciamo.

Dvar Torà
basato su “Growth Through Torah” di Rav Zelig Pliskin

___La Torà, riguardo alle conseguenze se non si seguiranno i precetti di HaShem, afferma:
"La tua vita rimarrà (come) sospesa a un filo di fronte a te; di notte tremerai di terrore e di giorno non crederai di poter essere ancora in vita.” (Devarim 28:66)
Cosa significa questo verso?
Il Talmud (Menachot 103 b) spiega che questo verso si riferisce alla pena e alla sofferenza provocata dal fatto di preoccuparsi per il futuro. “La tua vita rimarrà (come) sospesa a un filo di fronte a te” si riferisce a qualcuno che non possiede un terreno e acquista di anno in anno il rifornimento di grano. Pur avendo grano per l’anno corrente, si preoccupa per quello successivo. Il secondo livello, "Di notte tremerai di terrore" si riferisce a qualcuno che compra grano una volta a settimana. Egli è in una situazione peggiore; deve trovare grano ogni settimana. Il livello più duro, "di giorno non crederai di poter essere ancora in vita" si riferisce a chi deve comprarsi il pane ogni giorno. Ha costantemente di cosa preoccuparsi.
Rabbi Chaim Shmuelevitz, ex Rosh Yeshivà di Mir, usava citare frequentemente questa affermazione dei saggi, sottolineando che una persona può auto torturarsi mentalmente. Se hai abbastanza cibo per oggi, apprezza quello che hai, puoi considerarti una persona fortunata. Vivrai felicemente. Se ti preoccupi costantemente per il futuro, non avrai mai serenità.Pur avendo da mangiare per un intero anno puoi facilmente distruggere la qualità della tua vita se continui a concentrarti continuamente sul fatto che l’anno prossimo potrebbe non essere così. A causa di qualcosa che potrebbe accadere l’anno prossimo, ti rovinerai l’anno corrente.
Bisogna imparare ad autodisciplinarsi mentalmente. Non concentrarti su quello che ti manca, a meno che ciò non ti porti a progettare qualcosa di costruttivo. Perché causarsi una sofferenza superflua quando ci si può concentrare su ciò che baruch H’ si ha correntemente? Se sei una persona apprensiva, la miglior cosa che puoi fare per te stesso è quella di esercitarti a padroneggiare i tuoi pensieri. Anche se non riuscissi ad ottenere il pieno controllo, anche un livello minimo di controllo ti farà vivere meglio!

 

Motivazioni per la mizvà dello shofar

Quale è il motivo per cui ascoltiamo lo shofar a Rosh HaShanà e quale intenzione dobbiamo avere mentre compiamo questo obbligo?
Il Rambam (Rabbi Moshè Maimonide, Spagna- Egitto, 1135-1204) discute la ragione per cui ascoltiamo lo shofar nella sua opera Ilchot Teshuvà (3:4). Comincia notando che il fatto di suonare lo shofar a Rosh HaShanà è una “ghezerat hacatuv” ossia un decreto che la Torà ci comanda senza apparentemente fornire una spiegazione. Prima di dare una possibile motivazione a questa mizvà, il Rambam enfatizza il fatto che dobbiamo relazionarci ad essa come ad un “chok”, una legge la cui logica sfugge alla comprensione umana. Può sicuramente essere approfondita, ma fondamentalmente compiamo la mizvà dello shofar semplicemente perché ci è stata comandata da HaShem. Di conseguenza, l’intenzione principale che bisogna avere mentre si ascolta il suono dello shofar, è quella di compiere il comandamento divino di ascoltare lo shofar nel giorno di Rosh HaShanà.
Dopo questa introduzione il Rambam suggerisce che il suono dello shofar contiene un remez – un allusione – al fatto di “svegliarsi”. Lo shofar simboleggia una “sveglia”, in quanto ci“sveglia” dal nostro sonno spirituale. Richiama coloro che sono caduti nella routine del conseguimento dei beni materiali, e invita a cambiare strada, ricordandoci il vero scopo della vita. Il fatto di doverci svegliare e cambiare direzione è un'altra questione che dovremmo avere in mente mentre ascoltiamo il suono dello shofar.
La Ghemarà cita un altro beneficio dello shofar,  ossia il fatto che ricorda ad HaShem l’episodio dell’akedat Izchak (mancato sacrificio d’Isacco). Dopo che l’angelo è apparso ad Avraham dicendogli di non uccidere suo figlio, Avraham ha visto un ariete le cui corna si erano impigliate negli arbusti. Lo shofar che suoniamo a Rosh HaShanà ricorda quell’ariete e quindi l’episodio della legatura d’Isacco di cui continuiamo a beneficiare fino al giorno d’oggi e che cerchiamo d’invocare mentre stiamo in giudizio di fronte ad HaShem nel giorno di Rosh HaShanà.
In una differente fonte la ghemarà nota che il suono dello shofar ha la capacità di confondere lo yezer harà, scuotendolo al punto da non essere più in grado di accusarci di fronte al Tribunale Celeste.
Questi sono tutti pensieri degni di essere pensati durante il suono dello shofar, ma, come abbiamo già detto, l’intenzione primaria deve essere quella di compiere la mizvà dello shofar. Un verso dei Tehillim (81:4) dice a proposito di questa mizvà: “Ki chok leIsrael hu mishpat leElokè Jaacov” (“Poiché è uno statuto per Israel; una legge per il Signore di Jaacov). La mizvà dello shofar è un “chok”, una mizvà apparentemente senza una motivazione logica, e questo è il modo in cui dobbiamo compierla pur essendo anche un “mishpat leElokè Jaacov” – ossia, ha anche delle motivazioni logiche per cui compierla).
Riassumendo: anche se sono state date differenti motivazioni per spiegare la mizvà dello shofar, la osserviamo principalmente in quanto è stata comandata da HaShem, e questa è l’intenzione principale a cui dobbiamo pensare ascoltando il suono dello shofar.
Shabbat shalom!