Newsletter: Parashat Zav 5771

Dvar Torà
basato su ”Growth Through Torah” di Rav Zelig Pliskin

La Torà afferma:
 “E Aharon e i suoi figli fecero tutto quello che il Signore gli aveva comandato attraverso Moshè” (Vaikrà 8:16)
Perché la Torà ce lo dice? Sarebbe stato strano il contrario, se NON avessero fatto quello che il Signore gli ha comandato, se avessero fatto qualcosa che non va la Torà ce lo avrebbe detto!
Rashi spiega che questo verso vuole lodare Aharon e i suoi figli per “non essersi rivoltati a destra e a sinistra”. In che modo quello che dice ci aiuta a capire il verso? Cosa ci vuole chiarire Rashi?
Lo Ktav Sofer scrive che ci sono alcune persone che sono interiormente molto superbe, ma, esteriormente, agiscono in modo da dare a vedere che sono umili. Quindi, quando ricevono qualche onore, rivoltano le spalle a destra e sinistra per dare agli altri l’impressione che sono così umili da non ritenere che meritano l’onore concesso. Ma, in cuor loro, sono arroganti. Questa può essere una interpretazione di quello che dice Rashi: “ essi non hanno rivoltato (le loro spalle) a destra e a sinistra.” Poiché erano interiormente molto umili e non hanno avuto bisogno di dare agli altri l’impressione di esserlo.
L’umiltà vera consiste nell’essere consapevoli della propria capacità, intelligenza e dei propri risultati, e riconoscere il fatto che queste doti sono niente altro che un dono dal Signore.

A proposito di purim: l’obbligo di matanot laevionim

Per compiere la mizvà di matanot laevionim bisogna donare ad almeno due poveri durante il giorno di purim. Quanto bisogna donare?
Il Ritba (Rabbì Yom Tov Ben Avraham di Siviglia, Spagna, 1250-1330) scrive che secondo l’alachà stretta, si compie la mizvà anche con una donazione minima. Anche dando una singola prutà (moneta) a due poveri, si compie la mizvà.
 Altre autorità sostengono che bisogna donare una somma maggiore. L’opinione più rigorosa che troviamo fra gli Acharonim (autorità alachiche che risalgono ad un’epoca più tarda) è quella dello Zera Yaacov, secondo cui bisogna donare una somma tale con cui il povero possa comprare il valore di tre beizim (circa 162/172.8 grammi) di pane. Non serve dire che tale valore non corrisponde a una somma esagerata. Il peso di una pita media è fra i 60 e i 115 grammi circa, quindi anche secondo l’opinione più severa si esce dall’obbligo della mizvà di matanot laevionim donando a due persone il costo di 2-3 pite, che è una somma piuttosto esigua.
Tuttavia, questo è applicabile solo nell’ambito dell’ alachà stretta. Il Rambam (Rabbi Moshè Maimonide, Spagna-Egitto, 1135-1204) scrive che la mizvà principale del giorno di purim è quella di assistere i poveri, e questa mizvà dovrebbe essere considerata una priorità rispetto agli altri obblighi della festa. Pertanto, secondo il Rambam, una persona con un budget limitato per quello che concerne le spese di  purim, dovrebbe ridurre le uscite dedicate al pasto festivo e ai mishloach manot e aumentare quelle relative ai matanot laevionim. Non c’è gioia più grande, scrive il Rambam, di quella di assistere i poveri dandogli la possibilità di gioire e celebrare la festa di purim. Per cui, anche se l’obbligo stretto richiede di dare solo una piccola somma, è bene e tradizione, donare generosamente zedakà ai poveri il giorno di purim.
Si può compiere la mizvà di matanot laevionim solo durante il giorno di purim e non durante la sera. Anche se quella di fare zedakà è una mizvà in ogni momento, quindi anche la sera di purim, per compiere la mizvà specifica di matanot laevionim bisogna donare specificatamente durante il giorno di purim, fino al tramonto.
Si compie la mizvà di matanot laevionim anche se chi riceve la somma di denaro non sa chi sia il donatore. C’è chi sostiene che, visto che ci si riferisce a questa donazione con il termine “matanot” (dono), colui che riceve deve sapere da chi è stata donata la somma, perché, in quanto dono, chi riceve deve sapere chi sia stato a donare. L’alachà comunque non segue questa opinione e quindi è perfettamente accettabile, e perfino preferibile, fare zedakà in modo anonimo. Si compie quindi la mizvà donando a qualcuno che raccoglie zedakà o ad un rav che distribuirà quello che ha raccolto per i poveri durante il giorno di purim.
 Riassumendo: Strettamente parlando si compie la mizvà di matanot laevionim di purim dando una piccola somma di denaro a due poveri (perfino un euro o due), ma visto che quella di matanot laevionim è una mizvà fondamentale del giorno di purim, è bene dare una somma più considerevole. Inoltre bisognerebbe dare la priorità al compimento della mizvà di matanot laevionim piuttosto che a quella del pasto festivo di purim o del mishloach manot. Si compie la mizvà solo durante il giorno. E’ perfettamente accettabile, ed è perfino meglio, dare la zedakà attraverso una terza parte che poi la distribuirà ai poveri durante il giorno di purim.


Newsletter: Parashat Vaicrà 5771

…a proposito della parashà: dai il tuo meglio!

Nella parashà di Vaicrà si parla dell’offerta “olè veiored” che significa letteralmente “l’offerta che sale e scende”, così chiamata perchè si divide in tre livelli, basati sulle possibilità economiche del popolo: una persona ricca doveva portare una mucca, una persona di ceto sociale medio doveva portare un volatile, un povero doveva portare un’offerta farinacea.
Infatti, una persona ricca non poteva portare un’offerta di qualità minore. Vediamo da qui che HaShem non giudica tutti secondo gli stessi standard. Chi ha maggiori possibilità, deve fare di più, altrimenti, per quale motivo il Signore gli avrebbe concesso tali risorse?!
Il rovescio della medaglia però, è che una persona povera non poteva portare di più di quanto le era richiesto. Questo insegna che, anche se ci sforziamo di migliorare, dobbiamo stare attenti ai nostri limiti senza farci pressioni irrealistiche.
Per evidenziare questo concetto, in Vaicrà 2:1 colui che porta un’offerta farinacea è chiamato con l’appellativo di “anima”. Il Talmud spiega che, anche se l’offerta farinacea può essere poco costosa, per la persona povera che la porta è una spesa significativa e HaShem la considera come se avesse dato la propria anima!
Non dobbiamo mai guardare con scetticismo i risultati di un’altra persona, per quanto piccoli possano apparire: su qualsiasi livello siamo, HaShem si aspetta da noi che ci comportiamo secondo il meglio delle nostre possibilità!

… a proposito di purim: mishloach manot – restrizioni che si dovrebbero seguire per almeno uno dei pacchi mandati nel giorno di purim

La mizvà di “mishloach manot” richiede l’invio di almeno due cibi ad almeno un ebreo nel giorno di purim. Tuttavia, è bene mandare mishloach manot a molte persone perché, così facendo, si migliora l’atmosfera di armonia, amicizia e fratellanza all’interno del popolo ebraico.
E’ opportuno mandare almeno un mishloach manot che segua le opinioni di tutte le autorità alachiche sull’argomento. Anche se in termini stretti, si può uscire dall’obbligo della mizvà senza seguire queste misure ristrettive, bisognerebbe cercare di sforzarsi di rispettarle almeno per quanto riguarda uno dei mishlach manot inviati, al fine di soddisfare l’adempimento alla mizvà secondo tutti i punti di vista. Le seguenti restrizioni dovrebbero essere seguite  per almeno un mishloach manot da mandare il giorno di purim.
1) I due cibi devono essere mandati insieme, allo stesso tempo e non uno dopo l’altro. Secondo alcuni poskim (autorità alachiche), solo mandando i due cibi contemporaneamente, si può considerare di aver mandato effettivamente due cibi (e non un cibo in due diverse occasioni).
2) I due cibi devono essere messi in due utensili separati. Secondo alcune opinioni, cibi contenuti in uno stesso recipiente non possono essere considerati come due cibi separati.
3) I due cibi devono essere rispettabili secondo gli standard sia di chi dona che di chi riceve. Secondo alcune opinioni, non si esegue la mizvà mandando cibi economici che sono al di sotto dello standard di chi dona o di chi riceve. Per esempio, una persona distinta non può mandare cibi come popcorn, zucchero filato, caramelle e mais, in quanto questi cibi non riflettono il suo standard. E’ bene quindi inviare “cibi rispettabili” in almeno uno dei mishloach manot.
4) Il pacco deve contenere almeno due cibi solidi. Dal punto di vista dell’alachà stretta, si compie la mizvà di mishloach manot mandando un cibo e una bibita, o perfino due bibite. Per soddisfare tutte le opinioni però, è preferibile che almeno un pacco contenga due cibi solidi. (Per inciso, i due cibi solidi devono essere due diversi tipi di alimenti. Affettare un pezzo di carne in due e mandare quindi due pezzi della stessa carne non è considerato come mishloach manot. Si può però mandare due pezzi di carne di tagli diversi).
5) Il mishloach manot dovrebbe essere consegnato tramite terzi e non personalmente. Secondo alcune opinioni, il termine “mishloach manot” indica che il pacco deve essere consegnato e non portato personalmente. Anche se l’alachà non segue questa opinione, si dovrebbe inviare almeno un mishloach manot attraverso un messaggero.
Queste misure si applicano solo a livello di chumrà (restrizione) e non sono necessarie secondo l’alachà stretta. Tuttavia è bene mandare almeno un mishloach manot che soddisfi queste restrizioni al fine di garantire l’adempimento della mizvà secondo tutte le opinioni.
Riassumendo: è bene, il giorno di purim, mandare almeno un mishloach manot che segua tutte le opinioni. Quindi, dovrebbe estere costituito da due cibi rispettabili, che siano solidi, che siano contenuti in due recipienti separati , entrambi consegnati contemporaneamente da un messaggero.

Shabbat shalom umevorach!

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Dvar Torà
basato su “Growth Through Torah” di Rav Zelig Pliskin

La Torà afferma per quanto riguarda le donazioni fatte per gli abiti del Cohen Gadol:

“I capi delle tribù portarono le pietre di onice e lepietre da incastonare per l’efod e per il pettorale” (Shemot, 35:27)

Perché la Torà specifica che sono stati i capi delle tribù a portare le pietre preziose?

Rashi (Rabbi Shlomo Ben Izchak che è vissuto fra il 1040 e il 1104 ed è considerato il principale commentatore della Toràh e del Talmud) cita le parole dei Saggi che notano che i capi delle tribù hanno portato le ultime donazioni per il Santuario. I capi hanno detto, “Lasceremo donare agli altri quello che vogliono donare, e noi porteremo qualsiasi cosa manchi.” Gli altri però, hanno portato tutto quello che era necessario. I capi delle tribù allora hanno chiesto: “Cos’altro possiamo fare?” L’unica cosa che rimaneva erano le pietre preziose e questo è quello che hanno portato. Poiché hanno procrastinato, la Torà accenna a un rimprovero attraverso il fatto che la parola nesiim (capi tribù) è scritta con una sola iud al posto di due.

Rav Yeruchem Levoviz ha spiegato che la loro intenzione iniziale era virtuosa poichè hanno detto che avrebbero portato qualsiasi cosa fosse stato necessario alla fine. (Il Santuario è stato costruito per mezzo di donazioni – ad eccezione della base dei pilastri che è stata costruita per mezzo di donazioni pubbliche obbligatorie). I capi tribù hanno pensato che il popolo non ce l’avrebbe fatta a coprire le spese di tutta la costruzione, ma hanno mal considerato il fervore nazionale e la generosità delle persone). La proposta dei capi tribù potrebbe sembrare essere molto generosa. In ogni caso, impariamo da qui che il loro comportamento, poiché ha sfiorato il tratto negativo della pigrizia, è considerato scorretto e per questo sono stati rimproverati.

Ogni volta che un tratto negativo del carattere potrebbe essere alla base di un comportamento, bisogna fare molta attenzione a fare chiarezza in se stessi su quale sia la vera motivazione di tale comportamento. Questo è applicabile specialmente alla pigrizia. E’ molto facile dare a noi stessi molte “buone ragioni” per non fare qualcosa. Quando la pigrizia potrebbe essere la vera ragione per la “mancanza di azione” bisogna essere sospettosi che la vera motivazione sia una razionalizzazione con cui si cerca una buona scusa con cui convincere se stessi.

Riadattamento del link: http://www.aish.com/tp/ss/ssw/48961631.html

…a proposito di purim: il pasto di purim – quando consumarlo, se una persona che sta di lutto può partecipare, studiare Torà prima e durante il pasto

Una delle mizvot della festa di purim è l’obbligo di consumare una seudà – un pasto festivo. L’alachà richiede di consumare questo pasto durante il giorno; non si compie l’obbligo di mangiare il pasto festivo di Purim consumandolo la sera. E’ bene consumare un pasto festivo anche la sera di purim, ma l’obbligo della seudat purim richiede di consumarlo specificatamente durante il giorno.

A rigor di termini, si può compiere questa mizvà in qualsiasi momento del giorno di purim, fino al tramonto. Tuttavia, l’uso del Rashash (Rabbi Shalom Sharabi, Yemen – Israel, 1720 - 1777) basato su fonti cabalistiche, era quello di consumare il pasto specificatamente durante la mattina. Questo uso è citato dal Kaf HaChaim (Rav Yaacov Chaim Sofer, Bagdad – Israele, 1870-1939), nel siman 695 (23), e dallo Shelàh HaKadosh (Rav Yeshià Horowitz, 1565-1630). Così, chi desidera compiere la mizvà secondo gli insegnamenti cabalistici, dovrebbe consumare il pasto festivo la mattina, a colazione. Ovviamente si può consumare un altro pasto durante la giornata.

Una persona che sta di lutto, nei dodici mesi dopo la perdita di un genitore lo alenu, può e deve partecipare ad una seudat purim?

Il Rav Ovadià Yosef shlita, sostiene che una persona che sta di lutto può partecipare a pieno titolo ad una seudat Purim, anche fuori dalla sua casa, a condizione che non ci sia musica strumentale durante l'evento.

Il Ramà (Rabbi Moshè Isserless di Cracovia, Polonia, 1525-1572) scrive che bisognerebbe stare attenti a studiare Torà prima della seudà di purim. Commentando il verso della Meghillat Ester (8:16) “Per gli ebrei ci fu luce e gioia…“, i Saggi spiegano che la parola “luce” si riferisce allo studio della Torà. Perciò, è bene passare un po’ di tempo nello studio della Toràh – avvolgendoci di “luce” – prima di occuparsi della “gioia” della festa di purim.

Bisognerebbe cantare canzoni di lode ad HaShem durante il pasto di purim

Di solito, è bene lasciare qualcosa di vuoto sul tavolo, come uno spazio vuoto o un utensile vuoto, per simboleggiare il nostro dolore per la distruzione del Tempio. Durante purim comunque, questo non è necessario e si può riempire l’intero tavolo con prelibatezze per celebrare questa speciale occasione festiva.

Riassumendo: c’è l’obbligo di consumare un pasto festivo nel giorno di purim e non si compie questa mizvà di notte. Il pasto può avvenire in qualunque momento del giorno, fino al tramonto, ma secondo gli insegnamenti cabalistici dovrebbe avere luogo in mattinata. Una persona di lutto può partecipare ad una seudat purim, accertandosi però che non ci sia musica strumentale. E’ bene studiare Torà prima del pasto festivo. Non bisogna lasciare uno spazio vuoto o un utensile vuoto durante il pasto di purim per commemorare la distruzione del Tempio, come invece si usa fare durante gli altri pasti dell’anno.

Riadattamento del link: http://www.dailyhalacha.com/displayRead.asp?readID=1921

Shabbat shalom umevorach!